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11 giugno 2006

PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA (ARTT. 83-91)<br>


La riforma prevede un Presidente della Repubblica di mera rappresentanza. Egli infatti non rappresenta più l’unità nazionale, ma è garante dell’unità federale (art. 26 Riforma).

Il Presidente della Repubblica perde il potere di scioglimento delle Camere, il potere di dare l’incarico di formare il governo e il potere di autorizzare la presentazione dei disegni di legge d’iniziativa governativa (artt. 26 e 27 Riforma).

Infatti egli può sciogliere le Camere ed indire le elezioni solamente “su richiesta del Primo ministro, che ne assume l’esclusiva responsabilità” (art. 27 Riforma).

La riforma riduce anche il suo potere di nomina dei senatori a vita, dai cinque attuali ai nuovi tre “deputati”, un numero che non può in alcun caso essere superato rispetto alla intera composizione della Camera.

Infine la riforma prevede che spetti al Capo dello Stato la nomina del vice-presidente del Consiglio superiore della magistratura “nell’ambito dei componenti eletti dalle Camere” (art. 26 Riforma): il Presidente della Repubblica è costretto in tal modo a fare una scelta politica, sminuendo il suo ruolo di garante dell’imparzialità e allo stesso tempo riducendo l’autonomia del Consiglio superiore della magistratura.

Nella stessa direzione va letta l’attribuzione del potere di nomina dei presidenti delle Autorità indipendenti e del CNEL (sentiti i Presidenti delle due Camere) (art. 26 Riforma).


Il Presidente della Repubblica diventa di fatto da una parte un semplice notaio, dovendo solamente ratificare le scelte del premier, dall’altra i c.d. nuovi poteri conferitigli sono tesi a politicizzare la sua figura indebolendo il suo ruolo di garante. Non si dimentichi inoltre che per la sua elezione da parte dell’Assemblea della Repubblica è sufficiente la maggioranza assoluta dei componenti.

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