Discorso
16 ottobre 2007

III Conferenza Nazionale Italia America Latina e Caraibi


Naturalmente il mio contributo, che vuol essere soprattutto un ringraziamento ed una sintesi, non ha per nulla la pretesa di concludere i lavori così impegnativi e ricchi di queste due giornate. Abbiamo d’altro canto pubblicato, in preparazione della Conferenza, il risultato dei numerosi incontri e seminari che si sono tenuti e pubblicheremo gli Atti come contributo ad un lavoro che continua e che certamente non si limita agli aspetti bilaterali dei rapporti tra l’Italia e l’America Latina, ma vuole testimoniare di un impegno più ampio. Quello di cui nei loro interventi ci hanno parlato Benita Ferrero-Waldner e il Ministro García Belaunde: la cooperazione fra Unione Europea, America Latina e Caraibi che vedrà nel prossimo Vertice di Lima un momento di grande importanza. Ma questi due giorni sono stati anche l’occasione per tanti incontri tra di noi, per l’intrecciarsi di rapporti bilaterali, per rafforzare o stabilire relazioni umane e tutto questo è andato al di là di ogni più ottimistica aspettativa. Frutto certamente di un discorso molto serio di preparazione, di cui tutti noi siamo debitori a Donato Di Santo, ma segno evidente anche del fatto che questa iniziativa italiana era attesa, che è apparsa necessaria, e che l’Italia viene vista come un interlocutore utile per costruire un ponte più robusto fra il continente latinoamericano e l’Europa. E l’Italia non vuole sottrarsi a questa responsabilità che ci viene, come è stato detto, dalla storia e dal sangue. Io ricordo la prima Cumbre, anzi si deve dire Simeira in questo caso, euro-latinoamericana a Rio de Janeiro, e ricordo come nel suo discorso introduttivo, l’allora Presidente del Brasile, disse una cosa che mi ha sempre molto colpito, parlando dei rapporti tra l’Europa e l’America Latina. Parlò delle grandi potenze europee e di come esse hanno influenzato la nascita ed il crescere dell’America Latina e poi parlò del nostro Paese, ma non disse l’Italia, disse “gli italiani”. Questa espressione, è profondamente vera. Noi siamo l’unico grande Paese europeo che non ha avuto storicamente un rapporto da “potenza” con l’America Latina, ma un rapporto di popolo. Gli italiani sono parte delle società latinoamericane. Sono una parte viva, vitale, creativa. E questi italiani sono, a mio giudizio, la ragione anche di un impegno al quale l’Italia non può venire meno. D’altro canto gli italiani hanno cominciato a costruire l’America Latina prima ancora che esistesse l’Italia. Io ricordo sempre con commozione che il Circolo Unione e Benevolenza nel cuore di Buenos Aires fu fondato prima che nascesse l’Italia da un gruppo di esuli garibaldini della Repubblica Romana. E questi italiani sono una grande risorsa per il nostro Paese. Il loro legame con l’Italia e con i Paesi nei quali vivono è un legame duplice, fortissimo, ed è, io credo, una grande opportunità per rafforzare il lavoro comune tra l’Italia, l’Europa, l’America Latina. Questo rilancio dell’iniziativa italiana, fa seguito a un periodo in cui i rapporti si erano in parte allentati e avevano assunto un carattere meno sistematico. Noi abbiamo rilanciato con grande impeto l’iniziativa italiana. La quantità di incontri di alto livello, di visite, di missioni, in una direzione e nell’altra nel corso di pochi mesi segnalano davvero una scelta strategica e non soltanto a parole, che si rivolge all’insieme del grande “continente” latinoamericano (per usare un’espressione in parte impropria, ma corrente) e a ciascuno dei Paesi che lo compongono. Non parlo degli appuntamenti passati, che sono stati tantissimi: solo nelle prossime settimane sono attesi a Roma il Presidente dell’Ecuador, Correa e il Presidente della Bolivia Evo Morales. In un arco temporale che va fino alla primavera del prossimo anno, inoltre, il Presidente della Repubblica Italiana si recherà in Cile, il Presidente del Consiglio in Messico e il Presidente del Brasile Lula verrà in visita in Italia. Questo è il programma ravvicinato, dei prossimi mesi. Ma c’è dell’altro: c’è il crescente interesse del mondo imprenditoriale, del mondo della cultura, del volontariato, del sistema della cooperazione decentrata e delle regioni. C’è la decisione presa proprio qui nel corso di questa Conferenza, di diventare soci della Corporación Andina de Fomento. C’è il fatto che l’Enel, con l’acquisizione di Endesa, è diventato probabilmente il maggiore player elettrico del subcontinente nel campo della produzione e della distribuzione di elettricità. E dunque l’Italia si propone come un partner, non soltanto sul piano politico, culturale, ma anche attraverso un crescente impegno economico ed uno stimolo per maggiori investimenti italiani in questa straordinaria parte del mondo. E questo lo facciamo, voglio dirlo con chiarezza, non in competizione con altri paesi europei, ma in uno spirito di collaborazione. Direi per rendere più forte quella che, quando nel Parlamento Europeo presiedevo il Comitato per le Relazioni Europa-Mercosur, chiamavo la lobby filo-latinoamericana in Europa. E’ un compito che ci spetta, per le ragioni che ho ricordato. Non in competizione, ma insieme innanzitutto con la Spagna ed il Portogallo e con tutti i Paesi latini che intendono partecipare a questa missione comune. L’Italia vuole essere in Europa il punto dove arriva il ponte che lega il vecchio continente al continente latinoamericano. Lavorare dunque per noi, certo, per l’interesse italiano (noi guardiamo alla crescita, alla trasformazione dell’America Latina, dei Caraibi, come una grande opportunità), ma lavorare più in generale per l’Europa, nella logica di una cooperazione regionale che deve costituire uno degli elementi portanti di un ordine internazionale più giusto, multilaterale, fondato su una rete di relazioni e di cooperazioni tra diverse regioni del mondo. Io credo che questo atteggiamento dell’Italia, questa azione italiana possa essere utile ai nostri amici dell’America Latina e che anche per questo essi sono così numerosi e così autorevolmente rappresentati a questa Conferenza. E di ciò noi siamo davvero grati. L’America Latina e i Caraibi sono un continente in crescita, e una crescita senza precedenti in termini di aggregati macroeconomici. Il PIL della regione è per il quarto anno consecutivo superiore al 5% ed è superiore alla crescita mondiale. La piaga dell’inflazione cronica in molti Paesi è al di sotto della soglia critica del 5% annuo. Si tratta di un risultato straordinario, che non era previsto da molti economisti che guardavano all’America Latina come ad un continente che inesorabilmente avrebbe dovuto essere emarginato dalle grandi tendenze della globalizzazione. Una globalizzazione che ha avuto a lungo altri protagonisti. L’America Latina è tornata protagonista. E questo certamente è la conseguenza anche di una congiuntura internazionale che ha visto la crescita del prezzo delle materie prime, migliorando le ragioni di scambio. Tuttavia io credo che questo sia stato anche il frutto dell’impegno delle classi dirigenti democratiche dell’America Latina, che hanno saputo promuovere politiche di sviluppo in modo coraggioso, con apertura, ma nello stesso tempo guardando alle ragioni della coesione sociale, della lotta alla povertà, della valorizzazione di quella straordinaria risorsa umana che è la popolazione giovane del continente, che è la leva per lo sviluppo moderno e la crescita. Oggi parliamo di un continente più solido, come si è potuto constatare anche di fronte alle recenti crisi finanziarie che in altri tempi avrebbero messo in ginocchio l’America Latina e che invece hanno avuto un impatto assai più limitato. Oggi un continente più solido deve necessariamente guardare, e questo si è sentito nell’intervento di tanti, a due grandissime sfide. Una è la sfida dello sviluppo. Non basta uno sviluppo fondato sui prezzi delle materie prime e trainato dalla grande crescita asiatica, dall’acquisto delle commodities, questo certamente è stato un volano importante, ma le riserve che l’America Latina sta accumulando grazie ad un rapporto di scambio favorevole devono essere investite in un grande progetto continentale, non solo in progetti nazionali di sviluppo. Da questo punto di vista il progetto brasiliano di accelerazione della crescita è un esempio ed un modello: un grande programma di investimenti sulle infrastrutture materiali. Ma in tutti i Paesi latinoamericani si guarda a questa necessità: alle strade, alle ferrovie, all’energia, ai gasdotti, ma anche al capitale umano, alla formazione, all’innovazione, alla ricerca, per dare una base più solida alla crescita. E nello stesso tempo l’altra grande sfida è tradurre la crescita in una crescita umana e sociale combattendo la povertà e realizzando nuovi traguardi di inclusione sociale. E’ evidente che l’Europa è un partner essenziale dal punto di vista tecnologico e dal punto di vista industriale e che noi possiamo essere davvero partecipi di questa nuova frontiera dell’America Latina nell’interesse reciproco. Con le nostre imprese, con le nostre tecnologie, con le nostre Università, per le affinità culturali, linguistiche che ci legano e che rendono anche più agevole il sistema europeo. Ed in questo quadro l’Italia ha certamente molte chances e molta volontà di fare, di essere partner in questa grande sfida. Ora occorre continuare a lavorare insieme. Noi vogliamo farlo con scrupolo, per fare in modo che di qui al prossimo appuntamento di Milano, molte delle cose di cui abbiamo discusso si realizzino. Ed in parte hanno cominciato a realizzarsi. E’ evidente che l’interesse reciproco coincide con l’interesse delle nostre imprese ad internazionalizzarsi e ad investire finalmente guardando all’America Latina non più – come a lungo in passato – come ad un’area dalla quale proiettarsi sul mercato nordamericano, ma guardando alla crescita di un grande mercato latinoamericano, che si svilupperà anche in ragione di un processo di coesione sociale e di ripartizione più equa della ricchezza. E c’è, io credo, un interesse forte, una grande domanda di Europa in America Latina alla quale, dobbiamo dire la verità, l’Europa non sempre è stata pronta a rispondere adeguatamente. Io non lo dico in modo critico verso la Commissione, meno che mai verso la Commissaria Ferrero-Waldner, che è attenta e sensibile a questa esigenza. Quando parlo dell’Europa parlo innanzitutto dei grandi paesi europei. Parlo dell’intollerabile lunghezza dei negoziati fra Unione Europea e Mercosur. Me ne sono occupato anche come parlamentare europeo, era il mio mestiere, diciamo, specifico. Anni e anni di negoziato rallentato anche dall’egoismo di alcuni grandi Paesi europei, dalla paura che arrivasse sul nostro mercato della carne buona e a basso prezzo. Paura che, naturalmente, non è facile spiegare ai consumatori, ai quali interessano altre cose. Mi trovavo in America Latina nei giorni dello storico primo viaggio del Presidente cinese Hu Jintao, accolto come un imperatore romano. Nel giro di dieci giorni furono firmati Accordi per decine e decine di miliardi di euro, mentre noi, da anni, negoziavamo invano. Io ritengo che davvero l’Europa deve fare un salto di qualità da questo punto di vista e deve corrispondere. L’America Latina è un continente amico, un continente che ci aspetta. E’ un continente che per molti riguardi considera l’integrazione europea come un esempio, come un modello, e io credo che lo sia. Perché se penso all’America Latina e a come ancora i diversi nazionalismi, o il retaggio dei conflitti fra le nazioni, costituisca una remora ad un grande progetto continentale di sviluppo, allora ricavo che, da questo punto di vista, noi europei siamo un modello positivo. Il processo di integrazione ha portato a superare il retaggio di due guerre mondiali. Ed anche per questo – io credo - questo continente guarda all’Europa con simpatia, vuole l’Europa anche per diversificare le sue relazioni, non in chiave antiamericana, ma rispetto al peso del grande vicino del Nord, e rispetto alla crescente influenza del continente asiatico e del pacifico. Questo bisogno di Europa deve trovare da parte nostra una maggiore capacità di concretezza e più coraggio. Anche per questo io spero davvero che la Conferenza di Lima sia l’occasione per dare impulso ai diversi negoziati che si stanno sviluppando tra l’Europa e i paesi dell’America centrale, tra l’Europa e i paesi delle Ande, tra l’Europa e il Mercosur. Si è preferito, anche da parte di alcuni amici latinoamericani, puntare tutto sul negoziato multilaterale. Non so come finirà il negoziato multilaterale. Io sono tra quelli che vedrebbe con favore un Accordo a Doha. Ma temo che se si uscirà dalla ronda di Doha senza accordo, c’è il rischio che si determini una frattura tra Paesi ricchi e Paesi emergenti. Arrivare rapidamente quindi a un Accordo fra Europa e America Latina, penso in particolare al Mercosur, avrebbe un grande significato, di risposta e di contributo alla costruzione di un sistema multilaterale di integrazione economica e di libertà del commercio. C’è un paradosso da questo punto di vista. La libertà del commercio, che è stata a lungo la grande bandiera dei paesi di democrazia liberale occidentale, diventa oggi una bandiera dei paesi emergenti. E noi che abbiamo avuto la pretesa di insegnarla al mondo, qualche volta sembriamo temerla, in ragione della protezione di certi privilegi e di certi interessi costituiti. Ciò detto, credo tuttavia che nei processi di integrazione e di libertà di commercio, occorra la disponibilità di tutte le parti in causa a fare sacrifici: per la parte latinoamericana ciò significa disponibilità ad accogliere imprese europee nel campo industriale, dei servizi, ed a vincere ogni tentazione protezionistica, riconoscendo naturalmente, come è giusto fare, le asimmetrie che esistono. D’altro canto l’abbiamo fatto anche tra noi europei, accompagnando l’integrazione con politiche di sostegno allo sviluppo e di riduzione delle disuguaglianze. Dobbiamo andare decisamente in questa direzione. L’Italia vuole parteciparvi con un’iniziativa propria. Ho citato le nostre imprese maggiori, ho citato la decisione di aderire alla Corporación Andina de Fomento. Vi annuncio adesso che stiamo studiando con la Banca Interamericana di Sviluppo la messa a punto di strumenti finanziari innovativi per il sostegno alle economie della regione, in modo particolare alle Piccole e Medie imprese. Se ne è parlato a lungo qui, ma questo è davvero un campo nel quale l’Italia può fornire un’esperienza particolare. Una expertise che può essere utile a grandi paesi che vogliono crescere e che sanno che la piccola e media impresa crea ricchezza e lavoro in modo diffuso più del grande investimento che viene dall’Europa o dagli altri paesi del mondo. Per questo abbiamo rafforzato i nostri strumenti ed abbiamo anche lavorato per entrare in raccordo con sedi e con fora che non sono nostri. Siamo diventati invitati, io spero via via permanenti, alla Cumbre Iberoamericana, e di questo siamo grati non solo ai nostri amici latinoamericani, ma anche ai nostri amici spagnoli e portoghesi che hanno dimostrato disponibilità e volontà di collaborazione. Puntiamo a rafforzare l’attività dell’Istituto Italo- Latino Americano ed a collegarlo sempre più strettamente alla realtà del Continente. E’ importante che questo impegno trovi corrispondenza non episodica da parte dei nostri amici dell’America Latina e dei Caraibi. E ciò che è fondamentale è che l’America Latina e i Caraibi credano in sé stessi, non solo nelle loro possibilità di sviluppo, ma anche nella necessità di assumere la responsabilità di governare quella parte del mondo. Io credo sia stato molto importante il modo in cui alcuni dei maggiori paesi dell’America Latina hanno affrontato la crisi ad Haiti, con un’assunzione di responsabilità che dimostra maturità e crescente peso sulla scena internazionale. D’altro canto Paesi come il Brasile e il Messico, sono oramai protagonisti sulla scena internazionale e non soltanto regionale. Io spero che lo facciano anche a nome dell’intero sub-continente, non soltanto nell’interesse proprio, e so che è così. So che c’è una visione che va oltre l’ambito nazionale. E’ molto importante che vadano avanti i processi d’integrazione. Anche se non spetta a noi deciderne le modalità, so che in America Latina l’approccio pragmatico che guarda all’integrazione sub-regionale e all’integrazione fisica ed economica come alla chiave del successo, coesiste sempre con una visione ampia, di grande respiro politico, ideale, culturale, con il mito della grande unione di tutti i paesi dell’America Latina. Io credo che questo mito abbia un suo valore, non possa essere espunto, perché l’America Latina è una realtà, una grande realtà culturale, storica. Ma allo stesso tempo, l’esperienza europea dice che i processi d’integrazione sono graduali e concreti. Noi siamo partiti appunto dalla Comunità del Carbone e dell’Acciaio. Certo, c’era chi scriveva dei libri sull’Europa, era importante che si scrivessero dei libri sull’Europa, ma il processo di integrazione è partito concretamente da un’integrazione economica, fisica, dalla cooperazione economica, da basi materiali forti. Ed è importante che il processo d’integrazione latinoamericano vada avanti in questa duplice dimensione. Ed io credo, badate, che uno degli aspetti più importanti degli Accordi con l’Unione Europea è che essi incoraggiano ed aiutano l’integrazione regionale latinoamericana. Perché nell’implementazione - come si dice con una pessima parola, che per giunta, e si sente, non è di origine latina - degli Accordi con l’Unione Europea c’è anche un potente stimolo a far vivere l’integrazione tra i paesi latinoamericani. Questa è indubbiamente la via maestra e naturalmente questi processi di integrazione e di cooperazione si accompagnano a quella crescente condivisione di valori democratici, di difesa dei diritti umani, a quell’approccio multilaterale al tema dell’ordine mondiale, che noi profondamente condividiamo e che fa sì che l’Europa e l’America Latina nelle grandi sedi internazionali quasi sempre si trovino dalla stessa parte a condividere un approccio ispirato ai valori della pace, della difesa dei diritti umani, della democrazia, del multilateralismo, del rifiuto della logica di potenza. E questa comunanza di valori, questo approccio comune ai grandi temi internazionali, è certamente una base importante di cooperazione. E lo abbiamo registrato anche dinanzi alle nuove sfide come quelle della sicurezza energetica e della sostenibilità ambientale. E’ importante continuare a lavorare insieme, è importante continuare a lavorare per vincere queste sfide affrontandole con determinazione. Questa Conferenza dimostra che l’Italia c’è, che l’Italia vuole fare la sua parte non in una visione esclusivamente nazionale ma più largamente al servizio delle relazioni tra Europa e America Latina. In questo spirito lasciate che io concluda ringraziando innanzitutto tutti i partecipanti e gli amici che sono venuti dall’America Latina, ringraziando chi, a partire dall’IILA, dal Cespi, ha contribuito in modo determinante al successo di questa iniziativa, all’elaborazione, all’organizzazione dell’evento. Ringraziando gli ospiti non latinoamericani, gli ospiti europei, dalla Commissaria Ferrero-Waldner, al Ministro degli Esteri della Slovenia, ai rappresentanti degli altri paesi europei come la Spagna, il Portogallo, la Germania, la Francia che hanno seguito i lavori, e tutte le diverse personalità dell’economia, della cultura, della società civile, che hanno partecipato a questa conferenza. L’appuntamento è a Milano. L’augurio, lo ha già detto Formigoni, è che quando ci troveremo a Milano, essa sarà già stata scelta - si vota a marzo - come sede dell’Esposizione Universale del 2015. Il tema che abbiamo proposto è il cibo, la nutrizione. E’un materia nella quale condividiamo una larga esperienza. E con l’occasione della Conferenza di Milano, tutti i paesi dell’America Latina e dei Caraibi potranno anche andarsi a scegliere il loro stand dove portare i loro prodotti e dove mettere in mostra la loro civiltà, il cibo è una parte importante della civiltà. In nome della nostra amicizia, contiamo sul vostro sostegno anche per questo obiettivo che ci proponiamo. Ma voglio ringraziarvi per il sostegno che in questi anni è venuto dalla stragrande maggioranza dei paesi latinoamericani in ogni occasione, ed in particolare in occasione dell’elezione dell’Italia nel Consiglio di Sicurezza, nel Consiglio per i Diritti Umani. La nostra è un’amicizia consolidata: dopo questi due giorni sono convinto che sarà ancora più forte.

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