Intervista
9 settembre 2009

NEL PD PRIMA LE SCELTE, POI LA PACE

Intervista di Lucia Baroncini - Corriere dell'Umbria



Presidente D’Alema, lei nei giorni scorsi aveva parlato in termini molto crudi e diretti della situazione politica che l’Italia sta vivendo in questo momento e ha previsto una fase delicata per la vita del Paese con la profezia di scosse. E’ ancora dello stesso parere?

“Mi sembra sia stata una valutazione ragionevole, basta considerare quello che è accaduto nelle settimane successive alle mie dichiarazioni. Credo che ci sia una crisi dell’attuale leadership del Paese e che questo determini incertezza e aspri conflitti di carattere politico. Parlavo e parlo di politica. Da parte della destra e della stampa berlusconiana, invece, si è cercato di raffigurare questo ragionamento come se fosse l’anticipazione di vicende di carattere giudiziario di cui non so e non mi occupo. Mi occupo di politica e dico che è evidente che c’è un uomo che è all’apice del suo potere, ma che, nello stesso tempo, manifesta chiaramente la sua incapacità a governare il Paese. E’ il segno di un declino politico. Siccome Berlusconi e’ uomo che non accetta il declino né la critica, reagisce in modo minaccioso, aggredendo chiunque osi avere una voce critica. Tutto questo crea un clima di forte tensione, d’inasprimento del dibattito pubblico, come abbiano assistito in questi mesi, in questi giorni, fino alla gravissima vicenda della liquidazione del direttore dell’Avvenire. Sono segnali molto preoccupanti. Cos’altro deve accadere? Sembra che tra i consiglieri del presidente del Consiglio prevalga l’idea che si debba andare allo scontro. Fra l’altro, anche persone molto vicine a Berlusconi, come Giuliano Ferrara, hanno scritto che questa linea è sbagliata, è controproducente. Ma purtroppo, come quasi sempre accade, Berlusconi e’ portato ad ascoltare i cattivi consiglieri”.

Non è una grave anomalia il fatto che siano i giornali e in certa misura il presidente della Camera Fini a fare opposizione, mentre al di là degli interventi dei singoli leader assistiamo ad una sorta di inerzia attendista da parte delle forze politiche del centrosinistra, in primo luogo del Pd immerso da mesi in una discussione su se stesso, forse fatta in ritardo rispetto a due anni fa, quando è nato?

“Innanzitutto e’ normale che le voci critiche che vengono dall’interno della maggioranza abbiano più clamore sui giornali, sono le regole dell’informazione. Comunque se il presidente della Camera avverte alcune delle preoccupazioni che noi stessi avvertiamo di fronte alla situazione del dibattito politico in Italia, ai rischi di un degrado del confronto, lo considero un fatto positivo. D’altra parte, e’ anche vero che si percepisce l’assenza, in questa fase, di una forza di opposizione in grado di far sentire la sua voce autorevole. Ma confido che le cose cambieranno quando usciremo da questa lunga discussione congressuale nella quale siamo impegnati.

Il Pd dovrà cambiare strada. Lei, esperto di navigazione, è in grado di indicare la giusta rotta?

“Si’, a mio parere occorre cambiare strada. Abbiamo bisogno di un partito che non alimenti contrapposizioni artificiose nel suo seno, come è stato fatto nel corso di questi mesi, tra vecchio e nuovo, tra società civile e politica. Un partito che sappia ricostituire anche l’unità di un gruppo dirigente autorevole, compatto nel sostenere la necessità di un cambiamento del Paese. Un partito che, da questo punto di vista, recuperi pienamente il senso del rapporto con la sua storia, con la sua tradizione sia pure in una prospettiva di rinnovamento. Ma rinnovamento, ad esempio, non significa liquidare l’esperienza di governo del centrosinistra, perché ciò sarebbe semplicemente autolesionismo. Insomma, serve ripartire su una base più solida rispetto a quella che a tutti gli effetti è stata la falsa partenza del progetto Partito democratico. L’amalgama non è pienamente riuscita e tutto ciò si è visto con una certa chiarezza. Penso che tutto sommato questa necessità di cambiamento stia prendendo corpo. I nostri iscritti, i nostri elettori sono persone ragionevoli, sono fiducioso che il percorso potrà indirizzarsi verso un esito positivo”.

Dopo il successo di Obama, il risultato tedesco e quello giapponese, tutto ciò può essere il segnale che nel mondo qualcosa stia cambiando, che nel bel mezzo di una crisi devastante c’è nelle scelte politiche e nelle aspettative dei cittadini un giro di vento favorevole alla sinistra?

“La crisi mondiale è la crisi di un modello di sviluppo, direi anche di una cultura che ha dominato nel corso di questi anni. L’idea, cioè, che il mercato senza regole, da solo, avrebbe risolto tutti i problemi. Ora, invece, torna prepotentemente la necessità della politica. Una politica di regole, perché il mercato lasciato a se stesso aggrava i problemi, una politica di giustizia sociale, una politica di innovazione… Pensiamo a come in tutto il mondo è tornato centrale il tema di una svolta ambientale nelle scelte economiche. Non c’è il minimo dubbio: nel mondo si cerca una via d’uscita guardando verso il centrosinistra. Questo è avvenuto negli Stati Uniti, in Giappone dopo cinquant’anni, e avviene in quasi tutti i Paesi emergenti, dal Brasile, all’India, al Sud Africa. E’ un paradosso che, in questa situazione, nella vecchia Europa sembrino prevalere ancora la paura, la chiusura nazionalistica, il ripiegamento populista. L’Europa fatica, e’ un continente stanco e impaurito, ma sono convinto che anche qui arriveranno i primi segnali di cambiamento, che il centrosinistra, i progressisti torneranno ad essere necessari. Se parliamo di elezioni politiche, ad esempio, penso che tra qualche giorno i socialisti torneranno al governo in Grecia”.

Torniamo all’Italia. Con chi potrà vincere in futuro il Pd, visto che ormai è chiaro che da solo non può farcela? L’Ulivo nel frattempo ha perso molti rami e allora con chi allearsi?

“Da solo il Pd non può farcela. C’è voluto un po’ di tempo per arrivare a questa conclusione. Adesso è largamente condivisa, mentre qualche tempo fa rappresentava una posizione assai più isolata. L’Ulivo è un’esperienza alle nostre spalle, ma e’ stata senza dubbio una stagione molto positiva per il Paese, durante la quale sono state fatte riforme importanti: l’euro, le pensioni, le grandi privatizzazioni… Per questo invito a parlarne con rispetto. Berlusconi, invece, da 15 anni e’ protagonista della vita pubblica. Cosa ha fatto per il nostro Paese di utile e importante? Nessuno saprebbe dirlo. E di fronte a questa drammatica crisi non ha promosso nessuna efficace azione di governo, non ha avviato nessuna riforma. Il Paese vive un periodo di galleggiamento nella speranza che la crisi passi il prima possibile. Detto questo, è naturale che noi, oggi, non possiamo pensare al centrosinistra come all’esperienza dell’Unione, cioè ad una somma di 10-12 partiti, bensì ad un’alleanza di tre, quattro forze politiche che salvaguardi un programma di rinnovamento. Con chi dobbiamo fare quest’alleanza? Dobbiamo rivolgerci alle forze che sono all’opposizione. Innanzitutto dialogo, convergenza e unità tra le forze di opposizione”.

Ovviamente il progetto dovrebbe essere guidato da Bersani, giusto?

“Bersani sicuramente è la persona necessaria per ridare credibilità e slancio al progetto del Partito democratico. Con chi e come si debba costruire una prospettiva di governo lo discuteremo poi con i nostri interlocutori. Se si ritiene che occorra un’alleanza, non possiamo confondere il momento in cui scegliamo il leader del Partito Democratico con quello in cui scegliamo il leader di tutti. Fare un’alleanza, vuol dire che tutti devono poter discutere. Altrimenti non sarebbe una alleanza, ma una sorta di occupazione militare degli altri partiti, che non sarebbero disponibili ad accettarla”.

Domenica il Papa nell’Angelus ha spinto in un certo senso i cattolici a non aver paura a impegnarsi in politica, ovviamente seguendo il Vangelo. Cosa ne pensa?

“Guardi, ricordo una bellissima riflessione di Aldo Moro che secondo me rimane molto significativa. All’indomani della sconfitta nel referendum sul divorzio, parlando all’assemblea nazionale della Democrazia cristiana, disse: lo spirito del tempo consiglia, a noi cristiani, di testimoniare i nostri valori nella società piuttosto con la forza dell’esempio che non con la pretesa di imporli per legge. Ecco, trovo questa riflessione bellissima, perché contiene due passaggi fondamentali. Innanzitutto il richiamo alla laicità della politica: le leggi si fanno per tutti e non si possono basare sulla volontà di imporre un punto di vista. In secondo luogo, l’orgoglio del cristiano, che testimonia la sua fede nella vita politica con la forza e la grandezza dell’esempio. Ciò e’ esattamente il contrario di ciò che accade oggi, basta guardare i pessimi esempi che giungono dal centrodestra…


Nelle ultime elezioni il Pd è arretrato anche nelle regioni rosse, in Umbria in maniera più marcata che altrove. Non ci sono più rendite di posizione né, sembra, basti governare bene. Mentre il Pdl ha dimostrato di non essere più un partito di plastica, di avere ormai un insediamento politico e sociale tutt’altro che trascurabile. Allora cosa serve per tornare a vincere nel 2010. Ripensare i programmi, il modo di fare politica o prima ancora un rinnovamento della classe dirigente?

“Non è nel mio stile dare giudizi . L’Umbria ha una sua classe dirigente molto competente, è una regione bellissima e delicata, impegnativa da amministrare. Chi la governa ha l’obbligo di conservare un patrimonio straordinario e a volte può entrare in contrasto con esigenze di sviluppo e richieste anche legittime. Tutto questo richiede un complicato equilibrio. E’ vero che il Pdl alle recenti europee ha superato il centrosinistra, ma credo anche che le forze che guidano la regione siano ancora saldamente avanti. E’ una sfida aperta, ma penso che si andremo ad una riconferma. E non ho mai creduto alle rendite di posizione, perché poi, alla fine, a decidere sono sempre gli elettori di cui devi guadagnarti la fiducia. Alle amministrative è arrivato qualche segnale d’allarme, ma si ha l’impressione che siano perdite causate da nostre divisioni politiche più che da una difficoltà a governare. Ecco, è auspicabile che questo congresso ci aiuti ad uscire dalle lacerazioni. Occorre minore litigiosità e maggiore senso di responsabilità.

Alberto Stramaccioni, che spesso in passato ha condiviso le sue posizioni, al congresso si candida contro Bersani, pur non avendo firmato la mozione Franceschini. Come giudica tutto ciò?

“Stramaccioni è un vecchio amico. Ma sono convinto che quando c’è un congresso bisogna scegliere. A volte è doloroso farlo, ma e’ necessario. Anche altri amici si sono ritagliati ruoli da pacieri, senza scegliere. La pace la faremo, ma dopo. Adesso è il momento delle decisioni, che devono essere chiare. E’ bene stare da una parte o dall’altra. In fondo, sono le decisioni chiare che poi ci consentiranno di lavorare tutti insieme per rilanciare il PD. Non c’è nulla di più negativo di compiere scelte confuse. Quelle si’ che rischiano di generare lacerazioni e conflitti.

Lei in Umbria ha una grande sostenitrice, la presidente Maria Rita Lorenzetti, sul cui terzo mandato probabilmente si dividerà nei prossimi mesi il Pd regionale. Come giudica i risultati raggiunti dall’Umbria, regione che conosce bene?

Il governo della regione è una cosa, il congresso un’altra. Attenzione ad avviare una riflessione sull’Umbria per fini congressuali. Nel congresso si discute della politica nazionale del PD, non bisogna sovrapporre i due piani, si genererebbe una grande confusione. La Lorenzetti è una iscritta al Pd ed è libera di pensarla come vuole. Sul possibile terzo mandato della Lorenzetti discuteranno in maniera aperta gli umbri e si confronteranno, non entro nel merito della vicenda. Quello che invece posso dire è che la presidente della Regione ha una forte personalità e grandi capacità. La ricordo come ottimo parlamentare, capace nel suo impegno di presidente della commissione Lavori Pubblici alla Camera. Non si tratta di un ras locale: è una donna che ha dimostrato di potersi affermare nel Paese. Non c’è un problema Lorenzetti, non c’è un problema della sua futura collocazione. Sono gli umbri che devono ragionare bene sul loro futuro”.

stampa