Discorso
7 dicembre 2009

CONGRESSO PSE - Praga, 7 - 8 dicembre 2009 <br>

Sessione "Prima di tutto le persone - una agenda europea progressista" - Bozza intervento Massimo D’Alema - versione italiana


È oggi l’Unione Europea all’altezza dei suoi compiti, delle nuove possibilità, della sua grande tradizione di civiltà? Viviamo un’epoca di profondi e rapidi cambiamenti, nella quale la crisi della globalizzazione neoliberale apre nuove sfide, genera grandi problemi sociali ma crea anche nuove speranze. Quale ruolo l’Europa riesce a svolgere nel nuovo scenario mondiale? Questi sono gli interrogativi da cui la nostra discussione deve prendere le mosse.
Alcuni giorni fa in un bel commento pubblicato sull’Herald Tribune a firma di Roger Cohen dal titolo “Obama in his labyrinth” l’autore scriveva “I found myself seated next to Henry Kissinger at a New York dinner and asked him how he thought President Obama was doing. ‘He reminds me of a chess grandmaster who has played his opening in six simultaneous games’ Kissinger said ‘but he hasn’t completed a single game and I’d like to see him finish one.’
Effettivamente comincia ad esserci l’impressione che la svolta profonda e coraggiosa avviata dal Presidente degli Stati uniti non riesce ancora a produrre i risultati sperati nello scenario internazionale. L’iniziativa americana appare bloccata in Afghanistan dove all’impegno forse necessario di aumentare la presenza militare non si accompagna ancora un chiaro mutamento di strategia. Difficile appare il tentativo, pure generosamente avviato dal Presidente americano, di ingaggiare l’Iran in un dialogo alla ricerca di una soluzione condivisa sul nucleare. Nel Medio Oriente la politica americana cerca con molta fatica di far riprendere un dialogo reso difficile dalla fragilità e dalle divisioni del campo palestinese e dall’altra parte dalla durezza della politica israeliana. Si potrebbe continuare nella descrizione di un quadro internazionale segnato ancora per molti aspetti dalla eredità negativa della stagione neoconservatrice e dai danni che essa ha prodotto. Ma l’Europa in tutte queste situazioni non sembra sinora in grado di giocare pienamente la propria capacità di iniziativa, di assumere coraggiosamente le proprie responsabilità, di essere un partner attivo della nuova politica dell’amministrazione americana. Anche la preparazione del vertice di Copenhagen sull’ambiente e sul clima è stata dominata dal dialogo e dalle prese di posizione americane e cinesi senza che l’Europa riuscisse ad essere molto di più che un testimone.
Per diversi anni noi europei abbiamo invocato la necessità del multilateralismo ed ora che l’attesa svolta si realizza sembriamo incapaci di esercitare fino in fondo il nostro ruolo, persino negli scenari che più direttamente coinvolgono il destino e la stabilità del nostro continente. Il rischio è che il mondo multilaterale di Barack Obama si sviluppi in altre direzioni seguendo quel rapido mutamento degli equilibri mondiali che la crisi finanziaria ed economica ha vertiginosamente accelerato. È uscito di scena il G8 che era fondamentalmente un vertice euro-americano. È entrato in scena il G20 nel quale appare determinante il peso di altri nuovi protagonisti. Ed è talmente forte la interdipendenza fra le economie cinese e americana da dare la sensazione che il G2 sia l’organismo ristretto e determinante della governance globale.
Eppure l’Europa con il suo straordinario patrimonio di civiltà, di cultura, di intelligenza potrebbe e dovrebbe giocare un ruolo protagonista. C’è spazio per una iniziativa europea ed anzi una iniziativa europea è necessaria. C’è un grande compito che attende la nostra amica Catherine Ashton, che ha un lavoro molto difficile da fare e alla quale esprimiamo le nostre felicitazioni e il nostro sostegno. Abbiamo bisogno di più Europa. E’ il rafforzamento stesso dell’Europa che deve essere in cima all’agenda dei progressisti del nostro continente. Anzitutto perché una Europa più forte è condizione per un mondo migliore. Secondo perché per noi progressisti essere più europei è una condizione per tornare a vincere in ciascuno dei nostri Paesi.
Nei prossimi tre, quattro mesi l’Unione europea deve affrontare fondamentali sfide, che saranno la creazione del proprio servizio esterno, il che significa decidere quale ruolo l’Europa vuole svolgere nel mondo; la definizione della strategia per la ripresa e lo sviluppo; la partecipazione alla riforma del sistema finanziario internazionale. L’avvenire dell’Europa dipenderà dalle nostre decisioni. Dobbiamo essere protagonisti, senza lasciare l’iniziativa unicamente ai governi nazionali. Dobbiamo essere protagonisti nel Parlamento europeo ma anche tra la pubblica opinione. Solo se sarà unita, l’Europa potrà sedersi al tavolo dei negoziati e potrà contare con i propri valori: l’Europa della libertà, della giustizia sociale, dei diritti dell’uomo.

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