Discorso
2 settembre 2010

CERIMONIA PER RICORDARE GRAZIELLA DE PALO E ITALO TONI A TRENT'ANNI DALLA SCOMPARSA - INTERVENTO DEL PRESIDENTE DEL COPASIR, MASSIMO D'ALEMA

Villa Gordiani


Voglio ringraziare il Comune di Roma ed esprimere gratitudine per la decisione di ricordare, nel modo in cui un’amministrazione civica può farlo, due cittadini, due giornalisti italiani così tragicamente uccisi durante il loro lavoro, cioè nell’impegno per la ricerca della verità.
Credo che questo sia il cuore della missione del giornalismo in un Paese democratico: raccontare le cose che succedono, dire le cose come stanno, anche quando ciò comporta il rischio di scontrarsi con poteri grandi e terribili. Ed è evidente che questi nostri concittadini, questi nostri colleghi, hanno incontrato, lungo il loro cammino, un nemico potente e oscuro.
Questa lapide non è e non deve essere una pietra tombale. Il senso di questa iniziativa è proprio quello di fare di questa occasione di ricordo e di omaggio anche un momento di impegno.
È questa la ragione per cui sono grato al sindaco Alemanno, ai familiari di Graziella e di Italo, all’Ordine dei giornalisti, di essere stato invitato qui nella mia qualità di presidente di un organismo parlamentare che, nell’ambito di una riforma importante e di difficile attuazione, ha il compito di collaborare con il governo e con i Servizi segreti, per rinnovare questa struttura, per metterla al passo con i tempi. E per trovare un equilibrio ragionevole tra le esigenze della sicurezza dello Stato, che possono comprendere anche il ricorso al segreto di Stato, e le esigenze della trasparenza e della verità, che sono fondamentali in un Paese democratico.
Mi dispiace che, per impegni personali, Francesco Rutelli non abbia potuto essere qui, perché lui è stato protagonista di questa vicenda prima di me, con grande impegno, per fare in modo che si potesse aprire una breccia nel muro del segreto di Stato.
Quando fu chiesto dai familiari di consultare quei documenti, il primo riflesso della struttura burocratica fu la proroga del segreto di Stato.
Grazie all’impegno del Copasir, e soprattutto del suo presidente, mio predecessore (dunque non parlo tanto di me, ma delle persone con cui lavoro e di Francesco in modo particolare), una prima breccia è stata aperta. Per la prima volta, un privato cittadino ha potuto consultare documenti che erano coperti dal Segreto di Stato, che per legge sono sottratti alla visione dei comuni cittadini e anche dell’autorità giudiziaria.
Questo primo caso apre un cammino. È evidente che la verità su questa vicenda, consultando quei documenti, non è stata raggiunta. Mi riferisco anche a quella verità minima a cui qui ci si è appellati per trovare i resti delle persone care e riportarli a casa.
Dobbiamo continuare a lavorare, ad insistere in modo tale che alla prossima scadenza si possano consultare anche carte che eventualmente arricchiscano il quadro di conoscenze. Ma, soprattutto, dobbiamo lavorare per acquisire la collaborazione di altri Paesi. In questo senso, il Copasir mantiene il suo impegno e ha sollecitato sia il governo sia i Servizi segreti a portare avanti quelle relazioni utili per acquisire le informazioni necessarie.
Dobbiamo continuare questo impegno. E per onorare la memoria di queste persone dobbiamo, soprattutto, affrontare un nodo politico che sarà di fronte a noi nelle prossime settimane: la riforma stabilisce il principio della trasparenza dopo trent’anni per i documenti coperti dal segreto di Stato. Lo spirito della riforma, su questo punto, è inattuato. Ci sono delle difficoltà e delle resistenze. Il nostro impegno è che la riforma venga attuata e non stravolta.
Dobbiamo lavorare nello spirito di quella collaborazione istituzionale con il governo che vi è stata sin qui.
Badate. Io penso che, in una certa misura, ci siano anche aspettative infondate su quello che si potrà trovare negli archivi dei Servizi segreti. Ma, tuttavia, penso ad una frase che è stata pronunciata qualche tempo fa. Fu detto da un magistrato, a mio parere sbagliando, che ci sono misteri che non si possono svelare perché sconvolgerebbero la politica. Io dico, invece, che la democrazia non può sostenere il mistero. Le verità rafforzano la democrazia, nessuna verità deve farci paura.
Ci sono verità da scoprire, anche in questa vicenda. È evidente che bisogna portare fino in fondo la comprensione del grado di conoscenza che gli apparati italiani potevano avere, per ragioni anche comprensibili. Posso capire che un Servizio segreto possa avere rapporti anche con gruppi che svolgono attività illegali quando è in gioco la sicurezza del Paese. Dopo tanto tempo, però, quando si tratta di conoscere il destino di nostri concittadini, anche queste scelte comprensibili di molti anni prima devono poter essere portate alla luce se, alla fine, ciò è necessario per scoprire la verità.
Rappresento un piccolo gruppo di parlamentari di diverse opinioni politiche che hanno un compito istituzionale. Per noi questa vicenda non è chiusa. Continueremo ad insistere. Vorrei anche ricordare che un gruppo di colleghi ha ritenuto di sollevare, di fronte al governo, la necessità di riconoscere Graziella e Italo come vittime del terrorismo e quindi di applicare ai loro congiunti le norme previste dalle leggi italiane per i familiari delle vittime del terrorismo. Una iniziativa che ritengo giusta.
Intendiamo continuare a lavorare con voi affinché si arrivi a conoscere la verità.

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