Intervista
24 settembre 2010

DOSSIERAGGIO, IL COPASIR CHIEDERA’ DI FARE CHIAREZZA. L’ONU?L’ITALIA E’ ASSENTE

Intervista di Umbarto De Giovannangeli - L'Unità


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“Quando Obama dice: onoriamo gli impegni presi, basta con le promesse vuote, sembra che si rivolga a Palazzo Chigi...La triste verità è che l'Italia in questo dibattito, in questa Assemblea Generale dell'Onu non è esistita”. In questi giorni Massimo D'Alema è a New York per due importanti appuntamenti: il presidium dell'Internazionale Socialista e la Clinton Global Iniziative. L'Unità lo ha intervistato. “Sulla scena internazionale – riflette l'ex ministro degli Esteri – l'Italia si presenta come un Paese ripiegato su se stesso, costretto in uno scontro politico interno che arriva fino alle aggressioni personali. Sono anche in corso attività vergognose di dossieraggio. Non è la prima volta che accade. Le responsabilità di carattere politico sono abbastanza evidenti. Sarà eventualmente la magistratura ad accertare se vi siano responsabilità penali”.

Presidente, ma i nostri Servizi sono sotto accusa?

”Nessuno chiama in causa i Servizi segreti come tali, in quanto strutture. Se possa esserci da parte di singoli, di gruppi che operano al di fuori di ambiti istituzionali una collaborazione a queste attività vergognose, ciò deve essere accertato, tenendo conto che il Copasir non è una Commissione d'inchiesta, non ne ha i poteri. Ciò che abbiamo fatto e faremo è sollecitare costantemente chi ha la responsabilità di coordinare i Servizi – il Dis – ad esercitare i propri compiti istituzionali, che comportano la vigilanza sull'operato degli apparati di intelligence affinché sia eliminato anche solo il sospetto di attività al di fuori delle leggi. I cittadini devono essere garantiti del fatto che i Servizi agiscono al fine unico di tutelare la sicurezza della Repubblica. Continueremo con scrupolo ad esercitare il nostro compito”.

Torniamo alle questioni internazionali. ”Nella nostra economia globale, i progressi anche nei Paesi più poveri possono incrementare la prosperità e la sicurezza di gente lontana dai loro confini, compreso il popolo americano”. Così Barack Obama al Summit Onu sugli Obiettivi del Millennio. Come declinare politicamente questa affermazione?

”Innanzitutto va ricordato che gli Obiettivi del Millennio furono delineati nel 2000, con una forte impronta dei governi progressisti. In questo decennio sono stati raggiunti anche risultati positivi, che non sarebbe giusto sottovalutare. Oggi, però, siamo in una stagione politica diversa, densa di rischi. Sia perché nel mondo occidentale prevalgono forze più egoiste, e anche perché la crisi economica rende i Paesi ricchi meno propensi ad una lungimirante apertura. L'Italia da questo punto di vista è un esempio clamoroso”.

L'Italia, per l'appunto. Vista dal cuore della politica mondiale, quale immagine ha dato di sé?

” L'Italia in questo dibattito, in questa Assemblea Generale delle Nazioni Unite politicamente non è esistita. Intanto per l'assenza del presidente del Consiglio. Impegnato in tutt'altre faccende. Ma poi anche se fosse venuto, cosa avrebbe potuto dire...Il governo Berlusconi ha drasticamente tagliato le risorse finanziarie per l'Aiuto allo Sviluppo ed è inadempiente verso i principali impegni internazionali a cui l'Italia aveva dato la sua adesione. La responsabilità maggiore di questo decadimento è del presidente del Consiglio. Di un'Europa che non fa sentire la sua voce come dovrebbe, l'Italia è il caso limite”.

Cosa non coglie questa Italia piccola piccola di quanto accade fuori dai suoi confini?

”Lo sforzo compiuto dall'Amministrazione Usa e da Obama in prima persona per far capire che l'aiuto ai Paesi poveri è anche un modo per rilanciare l'economia globale. Non è mera assistenza. Alla base della crisi c'è una caduta della domanda globale che è anche causata dalla marginale distribuzione della ricchezza. Obama è convinto, e a ragione, che garantire lo sviluppo dei Paesi poveri diventa anche il volano per dare benefici ai cittadini dei Paesi ricchi”.

Dalla lotta alla povertà al Medio Oriente. Nel suo intervento all'Assemblea Generale dell'Onu, Obama ha affermato che gli amici di Israele “devono capire che la vera sicurezza dello Stato Ebraico richiede una Palestina indipendente, dove al popolo palestinese sia permesso di vivere con dignità e opportunità''.

”E' chiaro che Obama cerchi di imprimere una svolta. Innanzitutto perché ha capito che questa è la questione fondamentale. L'errore delle precedenti Amministrazioni Usa è stato ritenere che si potesse aggirare la Questione palestinese o rinviarne la soluzione a ipotetici tempi migliori. Il fatto è che se si vuole davvero arginare il fondamentalismo nel mondo arabo e musulmano, occorre partire da qui. In questi giorni a New York ho incontrato i negoziatori palestinesi, Nabil Shaath, Saeb Erekat, e il ministro della Difesa israeliano, Ehud Barak. Siamo ad un passaggio cruciale. Molto si capirà nelle prossime ore. Il 26 settembre scadrà la moratoria per i nuovi insediamenti stabilita dal governo israeliano. I palestinesi chiedono una estensione della moratoria, una richiesta rilanciata nel suo intervento alle Nazioni Unite dallo stesso presidente Usa. Anche se credo che questo sarebbe accettato dalla maggioranza dell'opinione pubblica israeliana, creerebbe difficoltà con i partiti religiosi ed estremisti che sostengono il governo Netanyahu. E' un passaggio delicato, soprattutto per capire fino a che punto il primo ministro israeliano possa spingersi sul cammino della pace. Il Dipartimento di Stato e la Casa Bianca stanno esercitando il massimo della pressione perché il negoziato non si interrompa. Il rischio è che se riparte la colonizzazione, i palestinesi non possano restare al tavolo negoziale. Io continuo a pensare che si tratti soprattutto di un problema di volontà politica, perché i lineamenti di un possibile accordo sono già scritti”.

Lei è a New York anche per partecipare alla Clinton Global Iniziative, appuntamento annuale della Clinton Foundation. C'è chi sostiene, dentro e fuori l'America, che l'”Onu che decide” sia questo....

”Clinton ha creato una macchina della solidarietà, una macchina che funziona. La Clinton Foundation non è solo un luogo, alquanto prestigioso, di discussione. Nella Fondazione c'è una rappresentanza molto significativa del mondo economico e vengono realizzati importanti progetti nel campo dell'educazione, l'assistenza ai bambini, la fornitura di acqua potabile...Sono progetti di solidarietà concreta rivolti soprattutto ai Paesi e ai popoli africani. Spostano decine e decine di milioni do dollari”.

Obama e i Democratici americani sono impegnati in una sfida politica di fondamentale importanza: le elezioni di “midterm” di novembre. Quale impressioni ha ricavato in proposito?

”Quelle di un Presidente che è sceso in campo con decisione e di una destra che presenta caratteri non dissimili da quelli di una certa destra europea. Quella con cui Obama deve fare i conti è una destra estremista, anti-immigrazione, che rappresenta una parte di ceto medio egoista. Una destra contraria alla riforma sanitaria. Anche per questo Obama sta cercando di rilanciare il profilo della sua Amministrazione, di mettere a punto una riorganizzazione del suo staff e di concentrarsi sull'economia. Obama ha a che fare anche con una certa impazienza a sinistra. E siccome è molto importante la mobilitazione dell'elettorato che ha puntato su Speranza e Cambiamento, mi sembra che anche i discorsi di Obama all'Onu, fortemente progettuali e caratterizzati da una grande carica innovativa sul rilancio del ruolo dell'America in un mondo “globalizzato”, vadano in questa direzione: riuscire a mobilitare l'elettorato democratico”.

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