Intervista
8 aprile 2011

D'Alema: Il governo discredita l'Italia, la classe dirigente reagisca. Il fallimento sui profughi a causa dell'ideologia leghista. L'alternativa è l'alleanza dei moderati e progressisti<br>

Intervista di Claudio Sardo - Il Messaggero


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ROMA - «Le condizioni del Paese sono molto gravi. Il governo dispone di una maggioranza numerica in Parlamento, ma è debole come non mai. Anzi è inesistente sui problemi concreti. Per ottenere l’asservimento della Lega ai propri interessi personali e processuali, Berlusconi ha dato mano libera a Bossi e Maroni nel gestire l’emergenza profughi con un approccio ideologico, tanto insensato quanto inefficace. Ora il totale fallimento è sotto gli occhi di tutti». Massimo D’Alema parla di immigrati, di giustizia, di governo e opposizione in una pausa dello scontro parlamentare sulla prescrizione breve.

«È altissimo - continua il presidente di Italianieuropei e del Copasir - il prezzo che l’Italia paga in termini di logoramento della sua immagine internazionale e di allontanamento dei cittadini dalle istituzioni. Un costo morale, civile, ma anche economico. Dovrebbe riflettere quella parte della classe dirigente e del mondo dell’informazione che, per conformismo o viltà, preferisce ancora negare la realtà».

Onorevole D’Alema, non siete responsabili anche voi del Pd per il ritardo e l’incertezza con cui si presenta l’alternativa di governo?
«Si discuta pure dei nostri limiti ma contesto l’ipocrisia di chi oggi, di fronte all’irresponsabile arroganza di Berlusconi, se la prende genericamente con la politica o con i partiti. L’alternativa c’è. A tal punto che Berlusconi sta facendo di tutto per evitare le urne, che sarebbero oggi la soluzione più ragionevole alla crisi. L’alternativa è un’alleanza tra i moderati e i progressisti. Non tanto per vincere le elezioni - impresa per la quale può bastare da solo il centrosinistra - ma per dare al governo un carattere costituente, per allargare la base parlamentare e sociale in vista di riforme necessarie al Paese, per lanciare un messaggio di ricostruzione morale e civile».

Berlusconi potrebbe sconvolgere i vostri piani candidando Alfano o un’altro esponente Pdl alle prossime elezioni.
«Non cambierebbe nulla se Berlusconi candidasse uno dei ministri di questo governo. Alfano è colui che in queste ore sta proponendo un’amnistia costruita su una norma ad personam: sarebbe, appunto, il candidato-premier messo lì da Berlusconi. Peraltro lo scenario si completerebbe con la candidatura di Berlusconi al Quirinale, dove produrrebbe danni ancora maggiori».

La tragedia del naufragio nel Mediterraneo è di 48 ore fa. Ma già l’attenzione politica si è spostata sul decreto per i permessi temporanei di soggiorno. Non le pare che la paura stia avendo il sopravvento sulla pietà e la solidarietà?
«È stata una tragedia terribile, spaventosa. L’idea che tante vite giovani, alcune di bambini, siano state spezzate a pochi chilometri dal nostro Paese mentre guardavano a noi come al luogo della speranza, mette a dura prova le nostre coscienze. Ha ragione Vendola quando dice che questo dovrebbe essere un giorno di lutto nazionale. Invece si avverte in una parte del Paese una certa insensibilità. Come se quel tratto di solidarietà, connaturato al carattere degli italiani, si fosse parzialmente sbiadito. Secondo le organizzazioni non governative sono morti già in 15 mila nel Mediterraneo. È immorale alzare le spalle».

C’è chi dice che la paura in Europa è ormai un dato del mutamento antropologico. Che è giusto avere paura degli immigrati. E che la politica non può non tenerne conto.
«Avere paura è legittimo. Ma è inaccettabile che un partito o un governo alimentino la paura e i sentimenti irrazionali allo scopo di trarne benefici elettorali. Il modo ideologico con cui la Lega ha affrontato l’emergenza profughi è stato insensato e ha prodotto risultati catastrofici. Fin dal primo giorno avevamo detto che bisognava concedere permessi temporanei per ragioni umanitarie e distribuire i profughi coinvolgendo le Regioni, come abbiamo fatto noi durante la crisi del Kosovo. Ci hanno detto di no. Hanno fatto una vergognosa propaganda sulla distinzione tra clandestini e profughi, fornendo così alla Francia validi argomenti giuridici per chiudere le loro frontiere a quelli che noi per primi abbiamo definito clandestini. Hanno negato ancora a lungo i permessi di soggiorno. Poi di colpo c’è stata la resa...»

Comunque, sono arrivati a conclusioni simili a quelle indicate da voi e dalle Regioni.
«Intanto però hanno fatto disastri. 25 mila profughi sono stati descritti come un problema quasi insuperabile per l’Italia. Anche al tempo del Kosovo sono arrivati in 25 mila, ma quasi non ne hanno parlato i giornali. La gestione dell’accampamento di Manduria è stata vergognosa. Il tutto per assecondare la propaganda leghista prima di fare dietro front nell’accordo con le Regioni».

Eppure alla Lega il Pd continua a lanciare messaggi intermittenti, non ultimo l’astensione sul decreto per il federalismo regionale. Non siete in contraddizione?
«Il voto di astensione del Pd sul federalismo regionale non è stato una scelta tattica. Siamo riusciti a cambiare profondamente il testo, insieme alle Regioni, impedendo tra l’altro l’aumento della pressione fiscale. Per il resto, stiamo sfidando la Lega. Bersani, da uomo del Nord, avverte l’affanno dell’elettorato leghista nel vedere il loro partito al servizio degli interessi e dei privilegi del premier e giustamente sollecita il Pd a evidenziare quelle contraddizioni. Credo che questa iniziativa vada comunque accompagnata con rilancio del tema del Mezzogiorno, di cui il Pd deve essere protagonista se vuole proporsi come partito dell’unità nazionale. Il federalismo era fino a poco tempo fa una parola positiva: ora viene percepita in parti importanti del Paese come una minaccia all’unità e ai diritti sociali dei cittadini. Dobbiamo rilanciare il nostro federalismo, a partire dal Sud».

Siete impegnati in una dura battaglia parlamentare sulla prescrizione breve. Non teme che il Pd torni così a chiudersi nella solita contestazione a Berlusconi sui temi giudiziari?
«La responsabilità di un dibattito pubblico concentrato sui problemi giudiziari di Berlusconi è del premier. Non è onesto chi lo nega. Vero invece è che il degrado istituzionale, imposto dalla volgarità di Berlusconi e dalle contorsioni di un governo che deve inseguire persino le pretese dei sedicenti Responsabili, pesa su di noi e su chi voglia ripristinare gli equilibri della Costituzione. La combattività mostrata in questi giorni dal Pd e anche la sintonia con la mobilitazione della società civile sono positivi. Ovviamente sta al Pd, nella battaglia politica, ridare al Parlamento la centralità che il berlusconismo nega».

Ma la piazza e il Parlamento non sono alla fine antagonisti? La piazza non finisce per rincorrere la sinistra critica e il giustizialismo?
«Contrapporre piazza e Parlamento è un non senso. Le manifestazioni sono un atto di libertà dei cittadini e dei partiti. Magari sarebbe meglio non farle davanti al portone di Montecitorio. Ma il Pd fa bene a cercare un dialogo più intenso con la società civile. Il nostro elettorato è più esigente e critico di quello di centrodestra. Il confronto va accettato. E al tempo stesso vanno tenuti fermi i principi, su cui si basa la nostra cultura costituzionale. Ad esempio, se qualcuno chiede ai deputati Pd di dimettersi per ottenere lo scioglimento delle Camere, gli va ricordato che quel potere non spetta né alle opposizioni né alla maggioranza ma al Capo dello Stato. E che la battaglia politica va portata in Parlamento anche per ridare alle istituzioni rappresentative quel valore negato dall’idea plebiscitaria di Berlusconi».

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