Intervista
26 febbraio 2012

PROGRESSISTI UNITI PER CAMBIARE L’EUROPA<BR>MAI PIU’ UN’ALTRA GRECIA

Intervista di Simone Collini – L’Unità


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La firma della «Dichiarazione di Parigi» è solo un primo passo perché, spiega Massimo D'Alema, fa parte di un progetto che andrà avanti nei prossimi 18 mesi con l'obiettivo di «far voltare pagina all'Europa». Il 17 marzo, il candidato alle presidenziali francesi François Hollande, il segretario della tedesca Spd Sigmar Gabriel e il leader del Pd Pier Luigi Bersani sigleranno una piattaforma comune che impegna i loro partiti a precise politiche sul fronte comunitario. L'operazione nasce dall'idea di tre fondazioni che fanno riferimento a forze di centrosinistra, la francese Jean Jaurès, la tedesca Friedrich Ebert e l'italiana Italianieuropei, che insieme alla Fondazione per gli studi progressisti europei (la Feps, che ha sede a Bruxelles) hanno chiamato a raccolta un gruppo di intellettuali e parlamentari europei. Mesi di lavoro hanno portato al documento intitolato
«Crescita, solidarietà, democrazia» ma, spiega D'Alema che della Feps è presidente, dopo Parigi toccherà a Roma e Berlino ospitare analoghe iniziative. «Nel prossimo anno e mezzo si terranno elezioni in Francia, Italia e Germania, tre Paesi chiave dell'Unione. Pensiamo solo al fatto che
insieme ospitano 200 milioni di abitanti, sui 330 milioni totali dell'area Euro. E allora non stiamo parlando solo del susseguirsi di tre singole elezioni nazionali, anche perché non ci si può candidare al governo di un Paese senza un progetto per l'Europa. Stiamo parlando di una grande
opportunità per l'Unione, che finalmente può voltare pagina».

Qual è l'analisi da cui sono partite le fondazioni per arrivare alla «Dichiarazione di Parigi»?

Di fronte alla crisi, l'Europa ha dimostrato un'impressionante scarsità di solidarietà e mancanza di visione. Si è chiusa in una logica difensiva, fissando come unico obiettivo la protezione della stabilità monetaria e sacrificando crescita e lavoro.

Qual è la proposta alternativa?

E' necessario riorientare la politica europea. Bisogna trovare effettive soluzioni rispetto al problema del debito sovrano di alcuni Paesi, abbattere i tassi d'interesse, creare una solida barriera contro la
speculazione. Se ci fosse stata nei confronti della Grecia una effettiva solidarietà, la crisi sarebbe costata molto meno, ai greci e all'Europa. C'è stato un miope egoismo nazionale, in particolare da parte tedesca. Ed è stato vergognoso il modo in cui l'Unione ha schiacciato la Grecia. C'è
stato un comportamento che ricorda quello mostrato negli anni 70 dal Fondo monetario nei confronti dell'America latina.

Dodici capi di governo di Paesi Ue, Italia compresa, hanno firmato un “piano per la crescita” in cui si sottolinea la necessità di accelerare le liberalizzazioni e un accordo per il libero scambio: è un documento in sintonia con la «Dichiarazione di Parigi»?

Riorientare la politica europea vuol dire in primo luogo mettere in campo politiche per la crescita. Che a sua volta significa due cose che non vedo in contrasto tra loro. Da una parte è necessario il completamento del mercato unico, puntare alle liberalizzazioni, favorire la concorrenza, perché sono tutti fattori che possono sostenere crescita. Ma dall'altra parte servono politiche per la regolazione mercati finanziari, misure per la lotta alla speculazione, programmi di investimento per la ricerca, le infrastrutture, lo sviluppo dell'economia verde. Non è fatta di sole liberalizzazioni la via della crescita. Come non è solo con la vecchia idea keynesiana degli investimenti pubblici che si possono risolvere i problemi che abbiamo di fronte. Una nuova piattaforma europea deve contenere un mix di entrambe le cose, perché altrimenti per i singoli Paesi è difficile superare la crisi. L'idea che ciascuno faccia i “compiti a casa”, che basti mettere a posto i conti e poi la crescita è affidata ai singoli Stati, denota una visione miope e improduttiva.

Nella «Dichiarazione di Parigi» si parla di Eurobond e di tassazione sulle transazioni finanziarie: non tutti nell'Ue sono concordi sul fatto che si tratti di strumenti positivi.

Gli Eurobond sono uno strumento importante, sia nella versione proposta da Spd e Verdi tedeschi, quella di convertire una parte del debito nazionale in debito europeo, sia nella versione del Project bond, come titoli emessi per finanziare grandi progetti infrastrutturali. Quanto alla tassazione
delle transazioni finanziarie, oltre a procurare all'Unione una risorsa propria per finanziarie politiche per lo sviluppo consisterebbe in un chiaro fattore di giustizia fiscale, visto che il peso maggiore è stato progressivamente spostato sul lavoro mentre la ricchezza finanziaria per la sua volatilità transanzionale sfugge a un’adeguata tassazione.

C'è chi fa notare che per funzionare la cosiddetta Tobin tax dovrebbe essere applicata a livello internazionale.

E' vero, ma l'Europa intanto può partire.

Nel documento che verrà sottoscritto il 17 marzo si insiste sul concetto di “solidarietà” ma non su quello di “libertà”: perché?

La libertà delle persone è un valore fondamentale, come anche la libertà economica. Ma non dobbiamo confonderla con la deregulation, come è stato fatto in questi anni. Perché è proprio questo liberismo estremo che porta una grande responsabilità nella crisi in cui siamo precipitati. Per le forze progressiste, dunque, è essenziale capire quale sia il confine tra “libertà” e deregulation.

E rispetto al modo in cui si sono poste in passato nei confronti dell’integrazione europea, cosa devono “capire” le forze progressiste?

Direi che è già stato capito, e l’iniziativa in corso ne è la dimostrazione. Blair è stato scarsamente impegnato nell’integrazione politica dell’Europa, i socialisti francesi hanno avuto posizioni segnate
da una forte visione nazionale. Oggi invece le forze progressiste si dimostrano molto più pro-europeismo rispetto al passato. L’obiettivo delle principali forze di centrosinistra dell’Ue è l’integrazione politica dell’Europa, al di là della dimensione intergovernativa, che appare oggi dominante. Ed è un obiettivo che noi italiani non possiamo che apprezzare.

Veramente, quando è stata data la notizia che Bersani, Hollande e Gabriel sottoscriveranno la “Dichiarazione di Parigi” qualcuno ha contestato al segretario Pd la volontà di voler fare il partito dei socialisti europei.

Noi andiamo a Parigi per ricercare obiettivi comuni con le forze progressiste che – speriamo – nel corso dei prossimi mesi andranno al governo dei principali paesi europei. Lo facciamo per rendere più forte anche la nostra proposta di governo. E lo facciamo nello spirito di quella cultura europeista che appartiene anche alle diverse tradizioni che hanno fondato il Pd. Vorrei che tutti vedessero, in questo appuntamento, una grande occasione per allargare l’orizzonte del dibattito politico. Oggi siamo di fronte a una novità importante, che noi italiani in particolare dobbiamo salutare come un fatto positivo.

D’accordo, ma protagonisti dell’operazione, insieme al Pd, sono i socialisti francesi e la Spd…

Non è colpa mia se i socialisti francesi e la Spd sono le principali forze progressiste in Francia e in Germania.Questo è un dato della realtà da cui sarebbe difficile prescindere. Tuttavia, è anche evidente che questi partiti non sono autosufficienti. Il punto oggi è allargare oltre la visione tradizionale e soluzioni che hanno fatto il loro tempo per arrivare alla formazione di un pensiero europeo dei progressisti.

Quanto potrà incidere l’esito delle presidenziali francesi sulle vicende del centrosinistra italiano?

Molto. Bisogna essere completamente miopi per non rendersi conto che i grandi progetti politici hanno dimensioni transnazionali, che è un errore guardare solo al cortile di casa. Noi non possiamo che collocare la nostra prospettiva al 2013. Dobbiamo sostenere il governo Monti con lealtà e
preparare una prospettiva per il Paese. E la prospettiva non può che essere legata alla dimensione europea, perché le tendenze politiche nell’epoca della globalizzazione sono transnazionali e perché serve una svolta progressista, altrimenti la dimensione europea si muoverà tra mille difficoltà.

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