Intervista
2 febbraio 2013

D'Alema al Pd: si scuota, il nemico resta Berlusconi

Intervista di Nando Santonastaso - Il Mattino


copertina 3.jpg

Presidente D’Alema, è una campagna elettorale un po’ strana quella che si è vissuta finora: pochi temi veramente vicini alle attese dei cittadini, molte polemiche e idee spesso riciclate. E’ d’accordo?


 “Si, condivido l’aggettivo. Effettivamente, la campagna elettorale non ha affrontato finora i nodi veri. Sembra ripercorrere vecchie strade. La tendenza è quella di inasprire le polemiche più che mettere al centro i problemi veri del Paese”.


 I sondaggi dicono che la forbice tra Pd e Pdl si va riducendo: è preoccupato?


 “Non ho mai sottovalutato Berlusconi, la vera competizione è con lui. Si sta parlando molto di Monti, la sua candidatura ha finito per spostare almeno in parte e in modo inappropriato l’attenzione della campagna elettorale. Ma, con tutto il rispetto, non credo che Monti possa correre per vincere, mi auguro che riesca a prendere più voti di Grillo. Ripeto: noi e il Pdl siamo gli antagonisti reali di quest’appuntamento e Berlusconi rilancia la sua sfida con gli argomenti su cui è sempre stato bravo”.


 Ma con questa premessa non diventa impossibile ragionare in termini di alleanze post-voto tra progressisti e moderati?


 “Quello che succederà dopo il voto dipenderà solo ed esclusivamente dall’esito delle elezioni. La discussione su ciò che potrà succedere una volta chiuse le urne non solo non mi appassiona, ma la ritengo inutile. La questione vera è che il Pd vinca e per farlo deve battere il suo avversario, che continua a chiamarsi Berlusconi. Siamo in un sistema fortemente maggioritario: se vinciamo noi – come ha giustamente detto Bersani – si dialogherà per unire progressisti e moderati e affrontare i nodi irrisolti del Paese. Ma questo riguarda il dopo voto, la premessa è che dobbiamo vincere. E dobbiamo impegnarci al massimo, perché non dobbiamo sottovalutare la capacità di recupero di Berlusconi. Di questo tutti, nel Pd, devono essere consapevoli”.


 Sta dicendo che nel Pd si è sottovalutata la capacità di Berlusconi di tornare in campo, magari illudendosi che il più fosse già fatto dopo il successo delle primarie?


 “Le primarie sono state uno straordinario esempio di democrazia, ma ho avuto l’impressione che il clima di euforia che le ha seguite abbia fatto perdere di vista il vero obiettivo, quello di vincere una sfida che resta complessa. La candidatura di Monti è stata il colpo di scena che ha, in qualche modo, distratto l’attenzione sul vero impegno che attende il popolo del centrosinistra: chiudere definitivamente la stagione politica di Berlusconi. Ora c’è bisogno, da parte del Pd e dei suoi alleati, di una scossa per ribadire che in campo ci siamo solo noi e il Pdl e che se non vinciamo noi non può che vincere ancora Berlusconi”.


 Quindi i giochi, sondaggi a parte, si decideranno in questi ultimi venti giorni di campagna elettorale?


 “Intendiamoci, sono convinto che vinceremo noi, ma dobbiamo faticare, impegnarci in una vera e propria battaglia. Dobbiamo rimettere in campo il popolo delle primarie, quegli oltre tre milioni di persone che sono stati protagonisti di una scelta di responsabilità e che hanno dato una spinta al cambiamento. A loro dobbiamo rivolgerci: completiamo insieme l’opera”.


 Ma lei non ritiene che le maggiori incognite, Berlusconi a parte, per il centrosinistra possano derivare dai vostri vicini, dallo scontro tra “arancioni” e Sel? Quanto pesa Ingroia in questa fase?


 “Noto con preoccupazione il ritorno di una stagione di estremismi politici, che peraltro conosco bene, essendo un vecchio militante della sinistra. La logica è sempre la stessa, colpire il vicino, non l’avversario. La logica è quella del “tanto peggio tanto meglio”. In questa campagna elettorale viviamo il paradosso di chi da una parte ci accusa di voler fare un accordo con Monti, dall’altra fa di tutto per rendere indispensabile Monti. E’ evidente che in alcune regioni chiave lavorano per la sconfitta del centrosinistra”.


 Si riferisce alla Lombardia?


 “Esatto, anche. Del resto è una malattia antica, quella dell’estremismo politico, che coinvolge vecchi amici… Nulla di nuovo, solo che il prezzo da pagare a questo atteggiamento rischia di essere l’ingovernabilità del Paese”.


 Anche Ingroia estremista della politica?


 “Guardi, oggi è diventato uno dei leader dell’estremismo politico, di un raggruppamento di persone che fanno le loro scelte con logiche tali da rimettere in gioco il vero nemico della sinistra e del centrosinistra, Berlusconi”.


 Peserà sui voti del Pd lo scandalo Mps?


“Non c’è dubbio che pesa sui sondaggi, soprattutto a favore di Grillo, ma il Partito Democratico non ha responsabilità. Siamo di fronte a una barbarie elettorale in cui si cerca di coinvolgere il Pd con forzature inaccettabili. Tanto più che, se Mps fosse davvero stata una banca politica, non avrebbe certo prestato tanti soldi anche a Berlusconi. Sono le istituzioni senesi che, per legge, si sono occupate direttamente della banca, hanno nominato i suoi amministratori e hanno promosso il cambiamento chiamando alla guida nuovi manager. Se si vuole mettere l’accento sulle responsabilità, bisogna farlo anche sui meriti. L’intervento della magistratura è avvenuto su sollecitazione degli stessi amministratori del Monte, e la sua azione accerterà le eventuali responsabilità. Detto questo, sono convinto che bisogna affrontare il problema dell’acquisto di derivati da parte delle banche: sono prodotti troppo rischiosi. Se qualcuno vuole giocare d’azzardo, lo faccia, ma non con i risparmi dei cittadini. Ecco perché devono esserci regole e controlli severi”.


 Quando ha parlato di scossa per il partito a cosa pensava veramente?


“A rimettere al centro della nostra azione, in questa fase decisiva di campagna elettorale, i temi e le proposte che interessano davvero i cittadini. Penso che la  priorità del Paese sia il lavoro, in particolare per i giovani e nel Sud”.


 Che fa? Segue Berlusconi sulle proposte per i giovani?


 “Semmai è vero il contrario. E’stato il governo di centrosinistra, alla fine degli anni ’90, a introdurre il credito di imposta per facilitare le assunzioni dei giovani. Ed è stata una misura che ha avuto successo, mentre è stato proprio lui, Berlusconi, a vanificarla nel 2002, con il decreto Omnibus. La gente del Sud dovrebbe ricordarlo, come dovrebbe ricordare che non è stato l’unico provvedimento contro il Mezzogiorno dei governi Pdl-Lega Nord. La verità è che Berlusconi continua a meravigliarmi, riesce a far sognare e sorridere con false promesse e illusioni, salvo poi rimangiarsi tutto il giorno dopo. Per questo il centrosinistra deve dimostrare che le sue idee sono immediatamente realizzabili. Penso alla possibilità di lanciare un piano per il lavoro che contenga una serie di misure che appartengono al nostro dna. Un pacchetto per l’occupazione giovanile lo si può proporre subito, garantendo più sostegni alle cooperative, più certezze nella gestione dei contratti di formazione e lavoro. E’ assurdo che questi temi non siano al centro della campagna elettorale”.


 Monti al Mattino ha annunciato la volontà di completare la riforma del lavoro: più flessibilità nei contratti, flexsecurity in arrivo: che ne pensa?


 “E’davvero singolare che il promotore della riforma del lavoro oggi voglia riformare la riforma… Non mi pare un grande messaggio di coerenza. La verità è che si vogliono rendere più facili i licenziamenti. La flexsecurity è un concetto molto suggestivo, un tempo si parlava di modello danese… Purtroppo c’è un grande problema da risolvere ed è quello delle risorse: dove si prendono? Non vorrei che alla fine mancassero protezioni e assistenze e restassero solo i licenziamenti…”.


Anche sulla riduzione delle tasse il Professore non la convince?


“Il dibattito sulla riduzione delle tasse è fasullo. Abbiamo scritto in Costituzione che ci deve essere il pareggio di bilancio, quindi è ovvio che non si possono abbassare le tasse per tutti senza ripresa economica, perché ciò graverebbe sul debito pubblico. Però si può e si deve intervenire in modo selettivo per aiutare i ceti più deboli, riducendo le disuguaglianze sociali, redistribuendo il carico fiscale sui ceti più abbienti, intervenendo sulle rendite e alleggerendo imprese e lavoro. Inoltre, dobbiamo sapere che la crescita impone scelte precise che chiamano in causa gli investimenti pubblici, decisivi per guidare l’economia, attuare le necessarie riconversioni ambientali, garantire l’innovazione e la ricerca. In questo Monti è rigidamente liberale e sottovaluta l’aspetto dell’azione pubblica che in un Paese liberale come gli Stati Uniti si è rivelata decisiva per la ripresa degli investimenti e dei consumi”.


 Lei non si è candidato ma sarà disponibile in un eventuale governo Bersani a fare il ministro?


 “A chi non farebbe piacere essere chiamati a servire il proprio Paese? Però insisto: il problema non è la mia collocazione futura, agli italiani interessa il futuro del Paese. Il problema, quindi, è battere Berlusconi. Gli scenari post-elettorali distolgono l’attenzione dal voto che ci aspetta, dall’oggetto vero della competizione: voltare pagina rispetto alla stagione berlusconiana”.


 

stampa