Intervista
9 luglio 2015

«Fare fallire la Grecia non è nel nostro interesse»

Intervista di Fabio Martini - La Stampa


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Sostiene Massimo D’Alema: «Lasciamo da parte la “solidarietà”, valore passato di moda nell’Europa di oggi. Vogliamo parlare di interessi? Bene, non è nostro interesse far fallire la Grecia. L’Europa sta affondando in un bicchier d’acqua! Per mancanza di forza politica. Per mancanza di leader come Helmut Kohl, che fu capace di risolvere il problema della Germania Est in una notte, quella in cui seppe dire: “parità del marco!” In quei giorni l’establishment e gli economisti ripetevano: è folle! Se Kohl avesse ragionato con la logica attuale, avrebbe imposto lacrime e sangue ai tedeschi dell’est. Disse: a costo di sacrifici, andiamo avanti tutti insieme. E i risultati li abbiamo visti. Questo è il coraggio della politica. Non fu un favore ai tedeschi dell’Est, perché poi fu tutta la Germania a fare il salto. Fu una iniziativa straordinariamente generosa, la stessa che cinque anni fa l’Europa avrebbe dovuto compiere con la Grecia. Stiamo parlando di un debito di 330 miliardi e di un’Europa che, per il mancato accordo, ha bruciato nelle borse 7-800 miliardi soltanto negli ultimi giorni». Sono giornate di grazia per l’ex Presidente del Consiglio: l’intervista tv nella quale ha reso comprensibile il meccanismo che ha consentito ai paesi più ricchi d’Europa di sostenere le proprie banche, attraverso gli aiuti alla Grecia, gli è valso oltre un milione e mezzo di contatti in rete, in parte da quel mondo che per anni la ha messo all’indice come “l’uomo nero” della sinistra italiana.


Da parte di Germania e Francia fine scientemente conseguito o, piuttosto, eterogenesi dei fini?


«Qualcuno, in modo sciocco, ha presentato quella intervista come un attacco alla Germania. Mentre io ho solamente descritto un meccanismo paradossale, perché moltiplica le diseguaglianze e gli squilibri a sfavore dei Paesi più deboli. Un meccanismo che dimostra le debolezze strutturali dell’area euro, all’interno della quale ci sono paesi con un diverso grado di competitività e di ricchezza; diversi sistemi sociali e fiscali. Ma questo sta producendo effetti perversi. I paesi ricchi raccolgono denaro dai risparmiatori ad un costo bassissimo, comprano i titoli dei Paesi indebitati, che hanno rendimenti spesso molto elevati e ne incassano gli interessi. Così si determina un flusso di risorse dai paesi poveri a quelli ricchi».


Si comincia a ragionare sul contagio politico nei Paesi del Mediterraneo: allarmismo eccessivo?


«In mancanza di meccanismi di aggiustamento si va verso la compressione dei salari, dei consumi e dei diritti dei lavoratori. L’effetto è la rivolta progressiva nelle aree più deboli dell’eurozona e l’estendersi di un sentimento di rivolta, che può assumere due diversi caratteri; una rivolta sociale, con forme di populismo di sinistra; o può invece prevalere la rivolta nazionalistica anti-europea, di destra. Serve una classe dirigente che si renda conto di questi pericoli».


Alla luce delle trattative in corso, ancora attuale l’appello che lei ha firmato assieme ad alcuni autorevoli economisti?


«Una proposta concretissima. Occorre ristrutturare il debito, fare un prestito-ponte, allungare i termini della restituzione, tenere bassi i tassi di interesse. Occorre prendere atto della realtà: la Grecia non è in grado di pagare il suo debito. Conviene farla fallire? No! La solidarietà non è più un valore in questa Europa, ma non conviene all’Italia far fallire la Grecia, anzitutto perché nessuno è in grado di valutarne a pieno le conseguenze. Non dimentichiamoci mai della lezione della Lehman Brothers: gli americani ancora si pentono di non averla salvata».


Renzi, riferendo l’umore di alcuni Paesi ha detto che non possono decidere i greci per tutti gli europei...


«Come i greci non possono decidere per tutti i popoli europei, così le decisioni di Bruxelles non possono essere prese dalla sola Merkel, come in effetti è avvenuto con la sua dichiarazione qualche ora prima della riunione dell’eurogruppo. Insomma, ad una iniziativa politica si è opposto un veto, che ha influenzato il risultato del referendum. Tra l’altro il calcolo fatto si è rivelato sbagliato e le dichiarazioni della signora Merkel hanno radicalizzato il risultato».


La Spd ha dato la linea alla Bild, invocando “aiuti umanitari” per la Grecia. Un Pse allo sbando?


«In questa vicenda il socialismo europeo non si è mosso in modo unitario e questo ha influito negativamente sulla capacità di incidere sulle scelte europee. Quello della Grecia è un grande test per il riformismo europeo. Se in Europa dovesse prevalere l’idea meschina di dare una lezione alla Grecia con l’illusione di punire chi non “fa i compiti a casa” e fermare così la deriva populista, questo avrebbe un effetto boomerang sui paesi più esposti».


Come si concilia la continua rivendicazione del primato del Pd in Europa col sostanziale l’”agnosticismo” del governo italiano?


«Renzi? Ha fatto quel che poteva…»


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