Intervista
5 dicembre 2015

«I musulmani devono ribellarsi agli usurpatori»

da Bruxelles, Pietro Del Re


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Sganciare bombe dal cielo non basta. Tariq Ramadan e Massimo D’Alema sono d’accordo sull’inutilità dei raid aerei contro lo Stato islamico senza una finalità politica per la ricostruzione della Siria. Ieri sera, in un anfiteatro universitario gremito soprattutto di studenti, molti dei quali musulmani, il filosofo svizzero di origine egiziana e l’ex presidente del Consiglio hanno parlato della crisi dei migranti in Europa. Invitati dallo European muslim network di Bruxelles, Ramadan, titolare della cattedra di Studi islamici contemporanei all’Università di Oxford e D’Alema, appassionato di Medio Oriente da quando era ministro degli Esteri, hanno anche discusso dei recenti attacchi di Parigi.

TARIQ RAMADAN — «I raid sono controproducenti e inadeguati, perché né Parigi né Londra né Washington sanno chiaramente che cosa vogliono fare in Siria. Serve sicuramente una risposta contro l’Is ma con finalità chiare. Oggi si bombarda senza neanche mettersi d’accordo prima. Quanto alla politica mediorientale della Francia mi sembra quantomeno confusa».

MASSIMO D’ALEMA — «Di fronte alla minaccia dello Stato islamico l’uso della forza è una componente inevitabile, ma i raid aerei non sono sufficienti: sarebbe necessario coordinarli con un’azione militare sul terreno, anche perché è difficile liberare grandi porzioni di territorio in Iraq e in Siria solo con i caccia. Credo anche che l’uso della forza debba essere al servizio di un progetto politico, e questo non c’è».

T.R. — «Per sconfiggere il cosiddetto nemico interno, ossia i jihadisti nostrani, è invece necessario un grosso lavoro al livello locale. Sarebbe anche ora che le autorità francesi, e più in generale europee, capiscano che i cittadini di confessione musulmana possono rivelarsi dei preziosissimi alleati».

M. D’A. — «Oltre alla dimensione securitaria, che lascio agli specialisti del settore, è indispensabile aprire un dialogo con il mondo musulmano che vive in mezzo a noi e che in Europa conta 40 milioni di persone. Dobbiamo lavorare assieme, a una strategia comune. I musulmani europei devono capire che la radicalizzazione dell’Islam minaccia anche la loro possibilità di vivere serenamente nel Vecchio continente. Stasera sono qui anche per questo. Dobbiamo anche chiederci che cosa non ha funzionato nelle politiche di coesistenza».

T. R. — «C’è chi sostiene che le banlieues siano dei “ghetti geografici???: è un’espressione forte ma che purtroppo traduce la realtà. E’ infatti fuori di dubbio che in Francia esistano due mondi, con dati statistici molto diversi tra loro. Basti aggiungere che nelle periferie il tasso di disoccupazione è il doppio che altrove. E che per molti ragazzi musulmani l’altro mondo, quello più ricco o più benestante, è uno spazio chiuso, inaccessibile».

M. D’A. — «In Francia c’è sicuramente un aspetto di marginalità sociale ma io non sono d’accordo con chi dice che il terrorismo nasce dalla protesta sociale. Dietro c’è piuttosto un progetto identitario, ideologico e religioso che va affrontato. Paradossalmente l’interpretazione terroristica dell’Islam è uguale a quella islamofoba. Ma c’è una risposta culturale possibile, che consiste nel contestare questa interpretazione sbagliata del Corano».

T. R. — «I responsabili degli attacchi di Parigi sono degli usurpatori, perché il messaggio che sostengono di difendere dice l’opposto di ciò che fanno. Pur condannando nel modo più assoluto i loro crimini penso che siano stati vittime di una comprensione molto superficiale dell’Islam. Hanno tradito profondamente la parola del Corano, anche per colpa del loro scarso livello d’istruzione. Oggi perciò i musulmani francesi devono unirsi agli altri francesi e chiedersi come affrontare sia la violenza dei terroristi sia la pericolosità della politica liberticida del governo».

M. D’A — «Per secoli in Europa si è pensato che la Chiesa fosse incompatibile con la democrazia, e poi, in Italia, siamo stati governati per decenni dalla Democrazia cristiana. Allo stesso modo, sono certo che l’Islam sia compatibile con la democrazia.».


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