Discorso
29 agosto 2002

Barche scandali e legittimi sospetti

di Massimo D'Alema


Caro Piero Sansonetti, torno ora da un periodo di tranquillità, di mare e di letture consumato piuttosto lontano da qui e vorrei approfittare della cortesia de l'Unità e tua per tornare sul cosiddetto «caso della barca miliardaria di D'Alema» con cui si è cercato di animare un infelice mese di agosto.
Innanzitutto ti ringrazio per il tuo articolo scritto con intelligenza, garbo ed anche affetto; ma mi scuserai se nella mia lettera mi capiterà di replicare con qualche - spero non inutile - precisazione anche alle tue parole misurate e realistiche.
Chiedo scusa ai lettori se dovrò riferire di fatti miei personali che potrebbero non interessare ed anche soffermarmi su particolari di carattere tecnico ed anche chiedo scusa alle persone, agli amici che sono partecipi di questa vicenda e che meriterebbero di essere rispettati nella riservatezza della loro vita privata. Ma siamo tutti spinti agli onori della cronaca da una campagna scandalistica bugiarda e volgare a cui non può esservi altra risposta che la verità, tanto più quando la verità non ha nessuna ragione per essere nascosta.
Cominciamo dall'inizio. La barca miliardaria di D'Alema non esiste. Attualmente anzi non esiste alcuna barca nel senso che sono iniziati dei lavori in un piccolo cantiere alle foci del Tevere. Già questo è curioso: che per montare «lo scandalo» non si attenda neppure l'esistenza dell'oggetto. Evidentemente c'era fretta per cercare di distogliere l'attenzione della opinione pubblica.
Non ho idea di quando questo lavoro sarà finito, anche se temo che ciò avverrà più tardi delle date annunciate con molto ottimismo da qualche giornale. Quando (tra circa un anno) la barca vi sarà innanzitutto non sarà miliardaria, in secondo luogo non sarà di D'Alema nel senso che io sono partecipe, per ora, per un terzo di questo progetto e non escludo che, alla fine, la mia quota si riduca ad un quarto. Si può dunque al massimo parlare di un pezzetto di barca di D'Alema. Non avendo molti soldi, ma essendo appassionato della vela ho sempre coltivato la mia passione organizzandomi insieme ad altri, dividendo le spese e condividendo l'impegno nell'attività sportiva invernale e il piacere delle navigazioni estive.
Insieme ai miei amici abbiamo venduto l'«Ikarus» ad un signore svedese e ne abbiamo ricavato 250 mila euro al netto delle spese notarili e di trasferimento. Siamo abbastanza orgogliosi di avere venduto la barca ad un prezzo migliore di quello d'acquisto. Segno questo non solo della cura con cui l'abbiamo tenuta, ma anche del «prestigio» acquisito dalla barca che con noi ha vinto, contro imbarcazioni assai più moderne e costose, la penultima edizione della Baltic Cup e si è classificata terza nell'ultima.
Dunque alla base del nuovo progetto c'è il ricavato della vendita. Naturalmente è difficile con quella cifra rivolgersi, per una barca grande, ad un cantiere che sia già prestigioso ed affermato. Anche per questo, ma non solo, abbiamo fatto una scelta diversa. Un piccolo cantiere animato da un giovane e appassionato titolare e da un maestro d'ascia che è uno straordinario concentrato di professionalità antica, saggezza e ironia. Il progetto è di un architetto di forte personalità che ha accettato la sfida e si sta divertendo a ricercare qualche soluzione innovativa per una barca di legno che ha l'ambizione di competere anche sul piano delle prestazioni d'eliche con imbarcazioni costruite con materiali più moderni e sofisticati. Il costo del progetto è fissato per contratto a ottocento milioni. Io penso quindi, caro Piero, di cavarmela alla fine con molto meno di quel generoso assegno di due o trecento milioni che tu hai scritto e che io non ho staccato. È un prezzo certamente significativamente più basso rispetto ai normali valori di mercato e che rappresenta anche un investimento da parte di un cantiere che ha ritenuto di fare di questa barca una occasione di promozione (un’idea che mi pare non fosse infondata, anzi l'impressione è che si stia andando persino al di là delle attese). È un prezzo che rappresenta una sfida anche per noi a ricercare soluzioni semplici e poco costose (cosa possibile) per tutto ciò che non è essenziale per la navigazione. Il prezzo non comprende gli strumenti e le vele. Perché nel gruppo delle persone amiche con cui da sempre facciamo le regate vi sono valenti velai ed un mio vecchio e caro amico è progettista e costruttore, tra i più bravi, di strumenti per la navigazione. Egli non solo fa parte del nostro equipaggio ma ci fa da sponsor e si diverte a sperimentare in barca con noi i suoi strumenti nuovi.
Come si vede, l'immagine che è stata costruita del politico spregiudicato che si fa la barca miliardaria, è falsa. La verità è che siamo un gruppo di amici che condividono una passione che può non essere miliardaria. Sono state oltretutto scritte in questi giorni cifre iperboliche e fesserie che alimentano un pregiudizio ingiustificato nei confronti della nautica e rischiano di danneggiare uno dei settori più vitali della nostra economia. Ci sono molti modi, anche per chi non è molto ricco, di affrontare i costi di questa passione. La multiproprietà è uno di questi, come anche (ed io l'ho fatto nel passato) affittare la barca per charter nei periodi in cui non la si usa. Poi ci sono naturalmente quelli che hanno le barche lussuose come status simbol e i marinai a bordo con la divisa, ma questi sono gli amici di quelli che fanno finta oggi di scandalizzarsi.
La verità che sto raccontando in questa lettera vorrei, caro Piero, che tu e gli altri colleghi che avete scritto su questo cosiddetto caso la poteste constatare direttamente. Per questo vorrei che accettaste il mio invito a visitare il cantiere, a vedere il progetto e lo scheletro della barca, a leggere il contratto e le carte, a conoscere le persone che partecipano a questa impresa. Spero che venga anche Giuliano Ferrara il quale ha scritto cose stupide e volgari, ma che, essendo persona intelligente e non priva di un fondo di onestà intellettuale, potrebbe non chiudere gli occhi di fronte ad una realtà diversa da quella che lui ha immaginato e descritto. Io non ho nulla da nascondere, preferisco la trasparenza alla invettiva, quando ciò è possibile. Non capisco perché investire i propri risparmi nella vela anziché in una casa in campagna debba essere considerato vergognoso o in contrasto con i valori della sinistra. Fra l'altro non sono certamente il primo esponente della sinistra che abbia avuto questa passione o che sia stato proprietario di una barca a vela. Lo stesso Giuliano Ferrara ha pensato bene di ricordarmi (ma non ne avevo bisogno) che la trasparenza è un dovere per chi ha un ruolo pubblico. È un po' ridicolo che un monito di questo tipo venga da quella parte, spero che nessuno si offenda se faccio una obiezione se, per usare un'espressione alla moda, avanzo un legittimo sospetto.
Il giornale che ha sollevato questo cosiddetto scandalo è di proprietà del fratello del presidente del Consiglio, un noto moralista di stampo savonaroliano. La vicenda è stata rilanciata dal settimanale di proprietà dello stesso presidente del Consiglio e commentata dal quotidiano di proprietà della moglie del presidente del Consiglio. Immagino che anche altri familiari, turbati nel corso del frugale riposo a bordo di panfili o nelle ville in Sardegna, abbiano avuto un fremito di indignazione per il lussuoso progetto di un avversario politico. Insomma a chi si deve rendere conto: all'opinione pubblica o alla «real casa»? È più che legittimo il sospetto che questo cosiddetto caso, come quello delle pensioni dei sindacalisti o delle case distribuite ad equo canone (queste sì sono schifezze, altro che corrompere i magistrati o aprire le porte dei ministeri agli spacciatori di droga) insomma tutto questo moralismo a buon mercato faccia parte di una azione pianificata di aggressione personale e morale, quando non di diffamazione e di calunnia, contro gli avversari politici di chi ha nelle sue mani il potere molto più che non del legittimo controllo della opinione pubblica sui «potenti».
D'altro canto, quando il ministro Gasparri risponde ad una giornalista che l'opposizione non ha titolo per contestargli la sua azione di governo perché deve vergognarsi della barca miliardaria di D'Alema egli offre la dimostrazione più chiara (come si vede persino Gasparri nonostante le apparenze può essere utile a qualcosa) che questo moralismo bugiardo e da strapazzo serve più a difendere la cattiva politica che non a promuovere la buona etica pubblica. A me dispiace aver dovuto denunciare Gasparri così come nel passato mi è capitato di dover fare con taluni dei succitati organi di stampa per replicare alle più stravaganti insinuazioni e accuse (sin qui avendo sempre alla fine soddisfazione). In un paese civile la politica dovrebbe essere fatta con altri mezzi. Ma bisogna avere pazienza. Noi abbiamo a che fare con questa destra qui. Occorre fare i conti con la realtà, senza rinunciare tuttavia a guardare in avanti e ad avere fiducia nel futuro.

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