Discorso
24 gennaio 2003

Il mondo si schiera: con chi sta l'Italia?

Corriere della Sera - Lettera di un ex presidente del Consiglio


Caro direttore, il presidente francese Jacques Chirac e il cancelliere tedesco Gerhard Schröder hanno dato voce, con una iniziativa comune che non ha precedenti per forza e solennità, alla volontà di pace che anima la stragrande maggioranza dell'opinione pubblica europea. «E' la saggezza, non la vecchiaia che spinge l'Europa a preferire la pace», così ha sottolineato ieri Romano Prodi. Il ministro degli Esteri russo, da Atene, ha dichiarato con estrema nettezza che non vi sono basi legittime per un attacco militare contro l'Iraq e ha sottolineato l'impegno del suo Paese a lavorare, insieme all'Unione Europea e alle Nazioni Unite, per una soluzione politica del problema rappresentato oggi dal disarmo iracheno.

Dagli Stati Uniti giungono, purtroppo, voci di preparativi militari e di decisioni drammatiche ormai imminenti. Tony Blair, lo dico con grande dispiacere, sembra sull'orlo di una scelta grave: quella di affiancare gli Usa anche al di fuori di una deliberazione dell'Onu. Insomma, il mondo pare sull'orlo di un conflitto drammatico che potrebbe segnare una caduta di credibilità delle istituzioni sovrannazionali e una lacerazione senza precedenti dei rapporti tra le grandi nazioni democratiche, tra Stati Uniti ed Europa.
E l'Italia? Dov'è l'Italia? Mai come in questo momento si avverte in modo umiliante l'assenza di una classe dirigente in grado di rappresentare il nostro Paese e di far pesare la volontà e le preoccupazioni di milioni e milioni di italiani. Abbiamo ascoltato un susseguirsi di dichiarazioni generalmente volte a compiacere l'interlocutore di turno senza che si comprendesse il senso della posizione italiana, senza che il governo facesse capire su quale piatto della bilancia pensava di porre il peso, per quanto modesto, del nostro Paese. Il suo stesso giornale ha riferito che persino la Nato avrebbe discusso e si sarebbe divisa sulla strategia da seguire, ma con il silenzio del rappresentante italiano, a conferma dell'assenza imbarazzante di una posizione chiara del nostro governo su una materia di tale rilievo e delicatezza. Né vale - o per lo meno non è sufficiente - l'argomento secondo cui noi staremmo con l'Onu, perché in questo momento da parte dei leader responsabili si chiede appunto all'Onu di decidere in un senso o nell'altro. C'è chi rivendica il via libera per la guerra e chi invece, più saggiamente, propone di allungare i tempi della ricerca, attraverso le ispezioni, di una soluzione pacifica. Insisto: che cosa chiede l'Italia? Anzi, meglio, che cosa chiede il governo italiano? Perché che cosa voglia l'opinione pubblica italiana a me sembra indubbio: la pace. Ho trovato un po' curioso che si sia aperto un dibattito sulla necessità che di fronte a scelte di questa portata possa o meno esservi una decisione bipartisan. Una discussione abbastanza bizantina e di metodo che aggira la sostanza di quale decisione debba essere presa. Per questo ritengo che al più presto il presidente del Consiglio debba venire in Parlamento e dire con chiarezza che cosa pensa e che cosa vuole. A meno che il governo non abbia deciso di delegare - come pare sia accaduto nella giornata di ieri e come non mi pare che Silvio Berlusconi abbia potuto o voluto smentire - la propria posizione ad un portavoce della Casa Bianca.

Voglio sperare, prima di tutto per ragioni di dignità, che ciò non sia vero. Chi oggi ha la responsabilità di guidare il Paese ha il dovere di dire come voterebbe l'Italia se si trovasse nel Consiglio di sicurezza dell'Onu, e che cosa oggi l'Italia chiede ai suoi alleati. Se invita gli Stati Uniti a fermarsi e a riflettere prima di compiere una scelta che rischia di compromettere ogni sforzo per costruire un ordine mondiale basato sulla legalità e sulle istituzioni e non sulla forza di una sola potenza. Sarebbe importante e positivo se l'Italia volesse impegnarsi - bipartisan - per la pace. Ma appunto questo vorremmo sapere, e presto, dal Capo del governo.

Dagli Stati Uniti giungono, purtroppo, voci di preparativi militari e di decisioni drammatiche ormai imminenti. Tony Blair, lo dico con grande dispiacere, sembra sull'orlo di una scelta grave: quella di affiancare gli Usa anche al di fuori di una deliberazione dell'Onu. Insomma, il mondo pare sull'orlo di un conflitto drammatico che potrebbe segnare una caduta di credibilità delle istituzioni sovrannazionali e una lacerazione senza precedenti dei rapporti tra le grandi nazioni democratiche, tra Stati Uniti ed Europa. E l'Italia? Dov'è l'Italia? Mai come in questo momento si avverte in modo umiliante l'assenza di una classe dirigente in grado di rappresentare il nostro Paese e di far pesare la volontà e le preoccupazioni di milioni e milioni di italiani. Abbiamo ascoltato un susseguirsi di dichiarazioni generalmente volte a compiacere l'interlocutore di turno senza che si comprendesse il senso della posizione italiana, senza che il governo facesse capire su quale piatto della bilancia pensava di porre il peso, per quanto modesto, del nostro Paese. Il suo stesso giornale ha riferito che persino la Nato avrebbe discusso e si sarebbe divisa sulla strategia da seguire, ma con il silenzio del rappresentante italiano, a conferma dell'assenza imbarazzante di una posizione chiara del nostro governo su una materia di tale rilievo e delicatezza. Né vale - o per lo meno non è sufficiente - l'argomento secondo cui noi staremmo con l'Onu, perché in questo momento da parte dei leader responsabili si chiede appunto all'Onu di decidere in un senso o nell'altro. C'è chi rivendica il via libera per la guerra e chi invece, più saggiamente, propone di allungare i tempi della ricerca, attraverso le ispezioni, di una soluzione pacifica. Insisto: che cosa chiede l'Italia? Anzi, meglio, che cosa chiede il governo italiano? Perché che cosa voglia l'opinione pubblica italiana a me sembra indubbio: la pace. Ho trovato un po' curioso che si sia aperto un dibattito sulla necessità che di fronte a scelte di questa portata possa o meno esservi una decisione bipartisan. Una discussione abbastanza bizantina e di metodo che aggira la sostanza di quale decisione debba essere presa. Per questo ritengo che al più presto il presidente del Consiglio debba venire in Parlamento e dire con chiarezza che cosa pensa e che cosa vuole. A meno che il governo non abbia deciso di delegare - come pare sia accaduto nella giornata di ieri e come non mi pare che Silvio Berlusconi abbia potuto o voluto smentire - la propria posizione ad un portavoce della Casa Bianca.

Voglio sperare, prima di tutto per ragioni di dignità, che ciò non sia vero. Chi oggi ha la responsabilità di guidare il Paese ha il dovere di dire come voterebbe l'Italia se si trovasse nel Consiglio di sicurezza dell'Onu, e che cosa oggi l'Italia chiede ai suoi alleati. Se invita gli Stati Uniti a fermarsi e a riflettere prima di compiere una scelta che rischia di compromettere ogni sforzo per costruire un ordine mondiale basato sulla legalità e sulle istituzioni e non sulla forza di una sola potenza. Sarebbe importante e positivo se l'Italia volesse impegnarsi - bipartisan - per la pace. Ma appunto questo vorremmo sapere, e presto, dal Capo del governo.

Massimo D'Alema, Presidente Ds.

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