Discorso
3 gennaio 2004

LA LETTERA<br>Dalla lista unitaria al partito riformista

da Repubblica - 3 gennaio 2004


CARO direttore, è stato giusto da parte del capo dello Stato invitare gli italiani a non abbandonarsi allo sconforto e al disgusto ma cercare la via per riprendere la fiducia e il cammino. Il Paese ha in sé le risorse, le forze, le energie necessarie. Occorre naturalmente coscienza dei mali e dei rimedi. A questo proposito, qualche giorno fa Ilvo Diamanti rifletteva su queste colonne intorno al tramonto del "mito dell´imprenditore". Spiegava il declino di un´ideologia che ha segnato un quindicennio di storia dell´Occidente: la fine della politica, il prevalere del mercato e della cultura d´impresa come criteri d´organizzazione della società. Oggi si mostra tutta l´angosciosa incertezza d´un mondo non regolato dalla politica. L´esplodere di conflitti laceranti e disuguaglianze profonde, di paure paralizzanti.

Dalla lista unitaria al partito riformista
La proposta Prodi serve a far nascere una forza nuova, non un partito di ex, capace di elaborare una cultura della trasformazione, dell´innovazione sociale
L´Italia ci appare ora priva d´una guida: una parte crescente della società guarda con sfiducia al governo, ma appare anche scettica verso l´opposizione
Torna il bisogno d´istituzioni forti, di regole condivise, di "statualità", per ripristinare la pace, combattere il terrorismo, garantire i diritti umani e uno sviluppo più equo.


Torna il bisogno di istituzioni forti, di regole condivise, di "statualità". E ciò vale a livello globale per ripristinare la pace, combattere il terrorismo, garantire i diritti umani e uno sviluppo più equo. Ma anche a livello delle singole nazioni dove si fa strada la necessità di ritrovare le ragioni di coesione e solidarietà che segnano un destino comune.
Non è forse questa la ragione profonda della grande popolarità di Carlo Azeglio Ciampi? E del servizio prezioso che egli rende a un paese diviso e lacerato dove rappresenta con forza e dignità un punto di riferimento per milioni di persone? Non ha tutti i torti Berlusconi quando lamenta che in fondo è la fortuna a essergli mancata in questi disgraziati anni di governo. Il fatto è che egli si è trovato contro lo spirito del tempo che a lungo, invece, aveva saputo interpretare. L´eroe dell´antipolitica, dell´individualismo ripiegato sul proprio "particolare", del mito dell´arricchimento facile, della "deregulation" all´italiana si è trovato a governare nel tempo delle sfide più ardue e drammatiche. Era difficile pensare un confronto altrettanto impari e la sequela di gaffes, fraintendimenti, esaltazione e autocommiserazioni hanno messo in luce in modo quasi grottesco l´inadeguatezza non solo di un uomo ma di una visione politica.
Anche se una parte del Paese pare ancora "stregata" dalla sua tecnica affabulatoria, il declino del "grande comunicatore" segna ormai la vicenda pubblica italiana con un governo privo di slancio e di capacità realizzativa, e tuttavia attaccato al potere e capace di intorbidare le acque di uno scontro politico aspro e confuso. L´Italia ci appare così priva di una guida. Una parte crescente della società guarda con sfiducia al governo, ma nello stesso tempo appare scettica verso la capacità dell´opposizione di proporsi in modo maturo come alternativa in grado di prendere nelle sue mani il destino del Paese. Non si tratta soltanto delle divisioni e dell´inguaribile litigiosità. Si tratta di quale classe dirigente e quale progetto per l´Italia il centrosinistra è oggi in grado di mettere in campo. E questo proprio nel momento in cui vengono al pettine nodi intricati che vanno sciolti per restituire agli italiani fiducia nel futuro; questioni non riducibili ai guasti ? pure non piccoli ? che la destra sta producendo, ma problemi che vengono da lontano e di fronte ai quali non sarebbe sufficiente riprendere il cammino intrapreso negli anni ? pure positivi ? dei governi dell´Ulivo.
Sono anch´io contrario alla retorica autodistruttiva sul declino dell´Italia ma non c´è dubbio che la crisi dei grandi gruppi industriali e la perdita di competitività in alcuni settori tradizionali non segnano solo una difficoltà congiunturale ma fanno emergere problemi di tenuta complessiva del Paese. Non solo viene alla luce quanto fosse fasulla la lettura della crisi italiana fondata sulla dicotomia tra una società civile sana e una partitocrazia aggressiva e corrotta. Ma appare anche chiaro che né la scelta con l´euro di una più stringente integrazione europea, né il rigore finanziario sono stati sufficienti a costruire un nuovo e più trasparente rapporto fra industria e finanza rispetto al tradizionale intreccio tra banca pubblica e capitalismo familiare che ha rappresentato uno degli aspetti più opachi del rapporto tra economia e politica nel nostro Paese. Insomma se appare evidente che il berlusconismo sta respingendo l´Italia verso le pratiche peggiori del passato ? l´arroganza, la furbizia, lo scarso rispetto delle regole e delle leggi ? è anche vero che i problemi attuali indicano l´insufficienza dei cambiamenti prodotti nel tempo dai nostri governi e chiedono una rinnovata capacità e volontà riformatrici. Restituire fiducia al Paese è possibile indicando obbiettivi condivisi a fondamento di un nuovo patto tra gli italiani. Si tratta di restituire vitalità all´economia e alla società investendo sul capitale umano, spostando grandi risorse sull´innovazione, la ricerca, la formazione, ma anche rimovendo gli ostacoli, le barriere corporative che impediscono ancora alle nuove generazioni, a tanta parte del mondo femminile, al talento, alle intelligenze di affermarsi nella società e di guidare la trasformazione.
Tutto ciò non è in contraddizione con la necessità di ridurre le disuguaglianze che la destra ha reso più drammatiche, di combattere la povertà vecchia e nuova che rischia di emarginare milioni di italiani e di avvilire tante energie necessarie al progresso del Paese. Si tratta di un progetto di non breve periodo e di grande impegno che richiede coraggio e determinazione. Di fronte a un compito del genere fa sorridere un certo modo di discutere a sinistra di riformismo e radicalità. In realtà nulla è più "rivoluzionario" e radicale in questo nostro paese che intraprendere un progetto ambizioso di riforme e nulla è pericoloso come confondere la retorica con la passione politica, la verbosità e gli ideologismi con la radicalità dei valori e delle convinzioni. Continuo a pensare che la condizione perché l´Italia riesca a riprendere un cammino di progresso e di trasformazione sociale sta innanzitutto nel dare forza alle istituzioni e al sistema politico. Qui c´è la risposta al bisogno di una guida che sia insieme democratica e autorevole. Un sistema politico frantumato e litigioso, debole perché sradicato dalla società, non è in grado di generare speranza e fiducia fra i cittadini. Noi stessi abbiamo misurato le difficoltà e le incertezze di ciò che definiamo un "riformismo dall´alto", incapace di generare passione e partecipazione e perciò più debole e isolato. Per tutte queste ragioni la proposta lanciata da Romano Prodi e sulla quale egli è tornato nell´intervista a Repubblica di ieri, è importante non solo per le forze politiche cui si rivolge ma per l´Italia e costituisce un´occasione preziosa da non sprecare.
Voglio essere chiaro, non mi riferisco soltanto alla scelta ? pure di grande rilievo ? di un´alleanza elettorale, di una rinuncia a competere tra di noi nel nome di un programma comune per il futuro dell´Europa. Penso a un´aspirazione e a una speranza più grandi. Alla possibilità cioè che, a partire dalla lista unitaria, possa crescere una grande forza politica riformatrice e di governo. Non un partito di tipo tradizionale, ma una realtà aperta, capace di unire in forma federata forze politiche esistenti, ma anche associazioni, gruppi e singoli cittadini. E che sia tuttavia una forza unitaria, che esprima gruppi dirigenti comuni, che abbia proprie rappresentanze nelle istituzioni e nelle assemblee elettive. Penso a un grande soggetto popolare che potrebbe contare ? sulla base dei dati di oggi ? su quasi un milione di iscritti, presente sui luoghi di lavoro, nelle città, nei paesi, nel Nord e nel Sud dell´Italia. Penso a una forza che abbia le sue radici nelle culture e nelle esperienze del riformismo italiano, delle grandi correnti popolari della sinistra e dell´arcipelago cattolico che hanno animato la vita politica dell´Italia democratica del dopoguerra. Ma penso soprattutto a una forza nuova, non un partito di ex. Nuova nella capacità di elaborare una cultura della trasformazione, dell´innovazione sociale, all´altezza dei tempi e di sfide per le quali non bastano più le ricette del passato. Penso infine a una forza che ? come ha sottolineato Fassino ? sia per l´Italia ciò che in altri paesi europei sono i grandi partiti socialisti, laburisti o socialdemocratici. E cioè la componente prevalente (raramente esclusiva) delle coalizioni di governo di centrosinistra e ambientaliste.
Questo non significa ovviamente imporre al centrosinistra italiano un modello culturale, organizzativo o ideologico ma riconoscere l´esistenza di un campo di forze riformiste che va certamente oltre la socialdemocrazia in Europa, alla cui unità e al cui allargamento noi potremmo concorrere in modo significativo e innovativo. Questo nuovo soggetto non può realisticamente proporsi di rappresentare l´intero centrosinistra. Sono scettico verso l´idea di un partito unico per ragioni che riguardano la storia e la complessità della nostra vicenda, ma anche guardando alle esperienze largamente prevalenti nei diversi paesi europei.
Per questo la costruzione della lista unitaria non deve andare a discapito della più larga unità politica e programmatica del centrosinistra in vista delle prossime elezioni amministrative e nella prospettiva delle elezioni politiche. Non credo, per quanto mi riguarda, di avere mai peccato di ingenerosità o chiusura verso Antonio Di Pietro e non condivido il metodo dei veti. Ma ritengo sia ragionevole chiedersi se il suo apporto al progetto della lista unitaria possa essere davvero utile. O se egli non rischia di perdere per strada una parte del suo elettorato poco attratto da questa prospettiva finendo quindi per indebolire l´apporto prezioso che egli può dare all´insieme della coalizione. Anche per questo è urgente riprendere il filo di una riflessione comune non solo di carattere programmatico ma politico e culturale. C´è una responsabilità che l´opposizione ha di fronte al paese. C´è un vuoto politico da riempire. Non basta la forza della protesta e dell´invettiva ? pure giustificate ? a restituire fiducia e speranza nel futuro. E nessuno si illuda che possa esservi ora il momento della competizione e delle polemiche, rinviando a dopo l´ora della ricomposizione unitaria. Nelle settimane che verranno e nella prossima primavera si giocherà in gran parte il futuro politico del paese e si misurerà la capacità del centrosinistra di proporsi come la guida in grado di ridare fiducia e futuro all´Italia.

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