Discorso
10 gennaio 2004

Regole certe e più rigore

da "Il Messaggero"- Regole certe, rigorose, a garanzia delle quali operi un sistema di controlli efficiente e sicuro...


Non sarà facile per migliaia di risparmiatori ritrovare quella fiducia nel paese, prima ancora che nel mercato finanziario, sulla quale tanto ha insistito, e con la consueta generosità, il Capo dello Stato nel suo messaggio di fine anno. Eppure bisognerà cercare di farlo. Liberandosi dalla sensazione di una inaffidabilità generale del sistema del credito, dell’impresa e della gestione del risparmio in un paese come il nostro, erede di ritardi congeniti proprio in questi settori. Non si tratta naturalmente di garantire chi investe il proprio denaro di un guadagno certo. E’ tipico della finanza un elemento di rischio. Lo stesso peraltro che negli anni passati ha consentito in molti casi rendimenti altissimi. La questione nel nostro caso è un’altra. E’ nel fatto che a moltissime persone semplici non è stata data la possibilità di valutare questi rischi a causa della scarsa trasparenza delle operazioni e dell’assenza di un’informazione adeguata. Questo elemento, più ancora dello scandalo in sé, può riportare alla luce l’antica diffidenza verso l’Italia. L’idea che il nostro sia un paese privo di regole o, peggio, con un sistema di regole facilmente aggirabili in nome dell’interesse di parte e di una sostanziale, diffusa, impunità. Quali effetti gli avvenimenti di queste settimane sono destinati a produrre è difficile dire. Anche se l’eventuale declassamento del rating italiano – i voti erogati da società specializzate sull’affidabilità del sistema finanziario – avrebbe ricadute molto serie sulla tenuta della nostra economia e del paese nel suo complesso. Pericolo questo reso più evidente negli ultimi anni a causa di una politica governativa costellata di condoni e depenalizzazioni, non ultima quella sul falso in bilancio. Dunque un problema di regole si pone, e adesso. Regole certe, rigorose, a garanzia delle quali operi un sistema di controlli efficiente e sicuro, con chiare attribuzioni di responsabilità in un settore dove fiducia e rassicurazione dei cittadini e delle imprese hanno un valore fondamentale. Il che rende sconcertante la rissa istituzionale scoppiata nei giorni scorsi e rilanciata in forme e modi irresponsabili, mentre ancora non si sono approntate le contromisure necessarie a fronteggiare i problemi esplosi. Un dramma – sarà bene ricordarlo – che ruota prima di tutto intorno al destino di un’azienda e di migliaia di posti di lavoro. Sarebbe bene quindi aver tutti cognizione del campo minato sul quale si cammina, evitando sotto il profilo della sfiducia un effetto domino alimentato da quelle stesse istituzioni che dovrebbero concentrare in questa fase ogni sforzo nell’indicazione degli interventi possibili. Nel merito delle soluzioni, è fuori dubbio che abbiamo bisogno di una maggiore azione di controllo. C’è qualcosa di surreale nel fatto che un privato cittadino bisognoso di un prestito magari modesto venga radiografato da qualsiasi istituto di credito al quale si rivolga. E questo al contrario di chi, emettendo titoli e obbligazioni, altro non fa che chiedere nella sostanza un corposo prestito al mercato e ai risparmiatori. Ma proprio qui è necessario fare grande attenzione. Perché se è vero che la vicenda di questi giorni esalta il bisogno di maggiori controlli, sembra davvero difficile ritenere che questa migliore garanzia possa venire da un’unica autorità, tanto più se espressione di fatto del potere politico. C’è quindi un’evidente strumentalità nella polemica in corso contro la Banca d’Italia. Con un attacco che mira non a garantire di più i risparmiatori ma a utilizzare l’occasione favorevole per alterare un equilibrio tra i poteri, essenziale in una vera democrazia liberale. E’ del tutto evidente infatti che in ogni sistema democratico esiste un equilibrio tra i poteri politici, legittimati dal voto popolare, e i “poteri neutri”, così detti proprio perché indisponibili al condizionamento episodico di questo o quello schieramento. Si tratta – vorrei fosse chiaro – di una questione di principio oltre che politica. E soprattutto di un tema quanto mai attuale in un paese come il nostro, dove una destra iper-liberista a parole e ipo-liberale nei fatti esprime, non da oggi, una concezione ossessiva e pericolosa del maggioritario. Una visione profondamente faziosa perché destinata a incrinare l’equilibrio tra poteri sul quale si fondano e si reggono tutte le moderne democrazie. Ecco perché è sbagliato cogliere a pretesto i fatti di queste settimane allo scopo di assestare un colpo ad alcuni fondamentali “poteri neutri” del paese. E’ la reazione istintiva e piuttosto meschina di una classe dirigente inconsapevole dei danni differiti nel tempo che un’azione del genere è destinata a produrre. Guasti anche maggiori di quelli con i quali siamo chiamati ora a misurarci. Ciò non implica che non si debbano esaminare le responsabilità eventuali di ciascuno e di ogni singola istituzione. Lo si faccia naturalmente, ma ben altra cosa è minacciare l’indipendenza della Banca d’Italia e di altre istituzioni che per loro natura debbono rimanere appunto “indipendenti” dalla politica. E lo sottolinea una persona con la mia formazione, tifoso accanito di un primato della politica che però non può cancellare o limitare quella rete di poteri e di autorità autonomi dalla quale dipende in larga misura un sistema di garanzie a tutela di tutti.

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