«Dobbiamo sapere che si farà di tutto per offrire l'immagine di un centrosinistra confuso e litigioso, vivremo mesi di emergenza, nei quali noi dovremo avere uno speciale senso di responsabilità e un senso della misura straordinario per gestire anche le legittime differenze al nostro interno». Massimo D'Alema avverte il centrosinistra: «Berlusconi è un leader in confusione», ma non facciamo l'errore di inseguirlo sul suo terreno. Parliamo agli italiani, imponiamo l'agenda del paese, capitalizziamo la forza straordinaria delle primarie. Insomma, spiega il presidente dei Ds, non cadiamo nella trappola di chi dice "non sarete in grado di governare perché divisi sulla politica estera, sul Concordato, sull'economia". È un D'Alema sorridente e ottimista quello che parla nella sede della Fondazione ItalianiEuropei alla fine di un lungo incontro con le teste d'uovo del partito democratico americano. Sorride un po' meno quando si affronta, cosa che potrebbe apparire bizzarra di questi tempi, il tema Mussolini.
Presidente ha visto? Le anticipazioni del libro di Bruno Vespa, con quella sua frase sulla fine del Duce, non sono piaciute. Anzi, ne è nato un caso. Trappole del sistema dell'informazione, o c'è qualcosa di più serio?È una polemica artificiosa basata sull’anticipazione di spezzoni di frasi tratte da un libro di centinaia di pagine, frasi tolte da ogni contesto, proprio per suscitare clamore. Oltretutto nelle agenzie sono stato messo in contrapposizione a Fassino, come se avessimo parlato a un dibattito. Invece erano interviste parallele. Come si sarebbe detto in vecchio grande film, è la stampa bellezza, ed è anche, naturalmente, l’influenza di Bruno Vespa, che ha interesse a creare curiosità intorno al suo libro. Tuttavia vi sono reazioni che per la loro serietà mi hanno fatto riflettere e mi sono dispiaciute.
Non credo si riferisca alla battuta di Berlusconi (riabiliteranno anche me ndr)?Berlusconi ha perso un’altra buona occasione per tacere. Se ne è uscito con una battuta che persino Alessandra Mussolini ha definito folcloristica. Come d’altra parte non saprei cosa rispondere allo sconcertante livore di Giorgio Bocca secondo cui io voglio fare il governo con Berlusconi. No, mi preoccupano la reazione dell’Anpi e l’intervista di uno storico serio come Claudio Pavone autore di alcuni dei più significativi libri sulla Resistenza. È ovvio che su tutta questa materia si deve riflettere e io per primo lo farò con serietà, ma anche è evidente che io non avevo intenzioni di natura storiografica. Ho detto con chiarezza che l’uccisione di Mussolini e della Petacci sono certamente comprensibili nel contesto della guerra civile italiana e delle sue vicende tragiche e sanguinose. Ho anche detto che mi sono ben evidenti le differenze tra chi combatteva per la libertà e chi dalla parte dei tedeschi e della dittatura. Non mi iscrivo all’elenco dei revisionisti della storia. Resto convinto che l’uccisione di Mussolini, anche per il modo in cui è avvenuta, ha consentito che si continuasse ad alimentare il mito del Duce eroe tradito e non ha aiutato l’insieme del paese a fare i conti con l’esperienza tragica e le responsabilità del fascismo. Probabilmente hanno ragione gli storici che ritengono che un processo a Mussolini non sarebbe stato possibile perchè non consentito dagli alleati, tuttavia una Norimberga italiana avrebbe aiutato il formarsi di una memoria storica condivisa. Questo ho voluto dire nel rispetto delle opinioni di tutti e soprattutto senza mettere in discussione il valore della Resistenza e dell’eredità politica e morale che ci ha lasciato.
Intanto Berlusconi, per passare a cose più attuali, cerca di riabilitare il suo recente passato, dicendo che lui la guerra ha provato a scongiurarla. Che impressione le hanno fatto le ultime uscite del premier con Bush?Berlusconi si trova in uno stato confusionale. E man mano che avverte la perdita del consenso reagisce con una una catena di esternazioni senza fine. Non dobbiamo accompagnarlo in questa deriva che in cinque mesi può arrivare a livelli pirotecnici, altrimenti la gente non capirà più nulla. Per quanto riguarda la politica estera, la realtà è che Berlusconi e Bush sono due leader corresponsabili di un autentico disastro. La guerra in Iraq ha creato una situazione dove la via d'uscita è difficilissima. E l'indubbio vantaggio della cacciata di Saddam è stato pagato con un prezzo alto in termini di vite umane, di indebolimento delle istituzioni internazionali, di perdita di credibilità degli stessi governi occidentali. Il rapporto costi-benefici di questa avventura è catastrofico. Basta vedere il livello di consenso di Bush nel suo paese, travolto da scandali che dimostrano come l'informazione sia stata manipolata per giustificare una guerra decisa per ragioni diverse da quelle presentate all'opinione pubblica. E questa vicenda della manipolazione ora sfiora anche il governo italiano.
Che però nega, insieme al Sismi.Io ho fiducia negli uomini dello stato, però se il senso della testimonianza del generale Pollari è noi avevamo capito che questo rapporto era falso e avevamo avvertito i nostri alleati, ne deduco che il governo italiano è stato tra i primi governi del mondo a sapere che le notizie sulle armi di distruzioni di massa di Saddam erano false. E quindi il governo, non il Sismi, deve spiegare perché, essendo a conoscenza della falsità di queste notizie, ha avallato la guerra e le bugie. Da questo punto di vista l'incontro Bush Berlusconi ha avuto un carattere e anche un impatto diverso dal passato.
Negli Usa hanno capito la debolezza di Berlusconi?Perché è stato l'incontro di due leader in declino, che a questo punto, secondo me, incontrandosi si fanno del male a vicenda. Non credo che per Bush la visita di Berlusconi sia utile a invertire la tendenza dei sondaggi, ma questa volta nemmeno Berlusconi può utilizzare propagandisticamente la pacca sulla spalla.
Cosa vi siete detti sull’Iraq con i democratici americani?C’è stato un confronto molto interessante con le teste d’uovo del partito democratico e con altri esperti europei. Ho ribadito le ragioni di un necessario ritiro del contingente italiano ma anche delle truppe americane che a me non pare fin qui siano state un fattore di sicurezza. Non mi sfugge la difficoltà della sostituzione con un contingente internazionale sotto l’egida dell’Onu ma è esattamente questa la strada che avremmo dovuto perseguire fin dall’inizio per evitare l’inasprirsi del conflitto. Ci sono state opinioni diverse su questo, in compenso abbiamo avvertito una posizione non meno severa della nostra sulla guerra. La critica dei nostri amici americani coinvolge anche Toni Blair e non solo Bush. Bloomenthal è arrivato a parlare di una crisi della democrazia americana scossa dalle rivelazioni sulle menzogne del presidente Bush. Mi ha colpito che Joe Podesta, che è stato uno dei pricipali collaboratori di Clinton alla presidenza, si è unito a me nel dire che dopo l’Iraq, non si sentirebbe più di considerare ammissibile l’uso della forza senza una esplicita autorizzazione da parte del consiglio di sicurezza dell’Onu. Insomma, abbiamo trovato molti più punti di convergenza che non di dissenso.
L'Unione sarà in grado di affrontare con la necessaria coesione i nodi di politica estera?Serve un'Italia credibile in grado di giocare un ruolo su tutti i temi che sono più urgenti, a cominciare dal rilancio del processo di unità europea dopo la battuta d'arresto dei referendum francese e olandese, fino a ridefinire una strategia per la lotta al terrorismo e lavorare per un nuovo sistema di relazione transatlantiche. C'è una posizione convergente su questi temi delle principali forze riformiste dell'Unione, I Ds, la Margherita, l'area socialista, quelle, per intenderci, che hanno sostenuto la candidatura Prodi alle primarie. È un asse robusto. Poi ci sono dei punti di dissenso che andranno chiariti in sede di definizione del programma. Con la parte più radicale della coalizione dovremo stabilire dei punti di convergenza, sarà Prodi che dovrà condurre questo confronto forte del successo delle primarie. Ma attenzione a enfatizzare le divisioni. Ad esempio io penso che Bertinotti, Diliberto e i verdi abbiano sbagliato a non venire alla manifestazione per Israele. Però il dissenso con loro non era sul tema della solidarietà con Israele. È stato il Tg1 a dire che la sinistra è spaccata. Il punto è che loro non volevano scendere in piazza con la Destra. Credo sia stata una posizione sbagliata, perchè l'unità non è un obbligo, ma quando si manifesta è un fatto positivo. Per questo dico che noi dobbiamo individuare bene i punti di dissenso, ma non dobbiamo accettare una raffigurazione del nostro dibattito sulla politica estera che dia la sensazione di una inconciliabilità delle posizioni.
Lei era a palazzo Chigi al tempo dell'intervento in Kosovo. L'area radicale del centrosinistra non è stata comprensiva.Non era in maggioranza.
Ma ora dovrebbero stare al governo.Noi dobbiamo affrontare con loro, con grande franchezza, il tema dell'uso della forza nei conflitti internazionali, nella lotta al terrorismo, nella difesa dei diritti umani. Nemmeno Bertinotti ha escluso in assoluto il principio dell'intervento internazionale, fu lui a fare l'esempio del Ruanda dove sarebbe stato necessario intervenire per fermare il massacro. Dovremo discutere e definire dei criteri. Credo che laddove l'uso della forza è legittimata da un giudizio di necessità degli organismi internazionali, dall’Onu, l'intervento è possibile. È vero che la Costituzione italiana ripudia la guerra, ma stabilisce anche che l'Italia accede a una cessione di sovranità che deriva dalla nostra partecipazione alle istituzioni e alle alleanze internazionali.
Lei dopo il Kosovo fu denunciato per attentato alla Costituzione…?Sono stato prosciolto perché l'azione del governo era stata conforme al dettato costituzionale, solo che la notizia non ha avuto clamore sui media. Noi ora siamo tutti uniti nel respingere la teoria della guerra preventiva e l'unilateralismo americano, ma se consideriamo il terrorismo una minaccia grave contro cui bisogna reagire, dobbiamo mettere in campo una strategia alternativa. Che punta sul multiculturalismo, sulla cooperazione internazionale, sul rapporto col mondo arabo. E che non può escludere, in assoluto, l'uso della forza, che peraltro non vuol dire necessariamente la guerra, strumento inefficace per combattere il terrorismo.
In questa lotta come si dovrebbe comportare un nuovo governo?Bisogna reimpostare una strategia che considera gli aspetti politici, culturali, religiosi del fenomeno. Per quanto ci riguarda il punto cruciale è quello dell'integrazione delle comunità islamiche che vivono nel nostro paese. Vogliamo espandere la democrazia? Bene, per prima cosa dovremmo coinvolgere gli immigrati nel processo democratico e consentirgli il diritto di voto.
Gli attentatori di Londra erano persone apparentemente integrate?Erano comunità che vivevano "a fianco", non dentro un sistema. La loro era una forma di integrazione segregante. Proprio per questo noi dobbiamo puntare a una integrazione piena. Diritto di voto significa selezione di una classe dirigente che partecipa alla vita politica e istituzionale del paese, significa comunanza di valori con la società in cui si vive. Le comunità che partecipano sono più aperte, il rischio si annida in quelle chiuse. L'Occidente deve essere coerente, se vuole davvero difendere i propri valori. Deve avere una politica estera ispirata a valori etici, non può considerare cattivi i dittatori antioccidentali e buoni quelli filo occidentali. Vuol dire che non si può praticare la tortura, che non si possono avere luoghi di detenzione segreti, come pare avvenga anche in Europa.
Ci sono altri punti di sofferenza nell'Unione. Ad esempio il Concordato.Ma nessuno può seriamente pensare nel centrosinistra all'abolizione del Concordato. E a ben vedere non lo chiede nessuno. Non confondiamo i titoli dei giornali su una battuta con la sostanza del dibattito. Noi dobbiamo difendere la laicità dello stato, ma ci vuole senso della misura, non possiamo fare un programma per offendere il mondo cattolico.
Anche sulla parte economica del programma dell'Unione potrebbero esserci ostacoli. O no?Insieme alla politica estera l'altro punto cruciale del programma è come rimettere in marcia l'economia di questo paese, come ridare slancio in un quadro di tutele sociali. Siamo un paese a bassa crescita e a bassa protezione sociale. Il che dimostra come il principale assunto del neoliberismo di campagna frequentato dalla nostra destra, ossia che bisogna ridurre le protezioni sociali per sviluppare l'economia, è un falso sillogismo. Anzi, è un paralogismo. Noi abbiamo il problema di promuovere un'azione di giustizia sociale che guarda a quella parte grande del paese che si è impoverita e a cui dobbiamo restituire reddito. E insieme abbiamo il problema di un rilancio dell'economia italiana. Si tratta di rinnovare un modello di sviluppo, sarà un lavoro lungo.
Anche problematico, vista la situazione dei conti.Ereditiamo un disastro. Ma stiamo lavorando, vorrei comunicarlo a tanti commentatori prodighi di rimbrotti, sui contenuti, non sul politichese. Nessuno ne parlerà, ma per esempio qui alla Fondazione Italianieuropei, abbiamo messo nero su bianco una piattaforma di riforma della giustizia con il sostegno degli avvocati e dei magistrati, categorie che il governo ha sempre teso a dividere.
Se Berlusconi perde, si parlerà ancora di giustizia?Il problema della giustizia non riguarda il premier. Berlusconi ha potuto avvantaggiarsi del fatto che milioni di italiani sono scontenti della giustizia e lui ha realizzato una saldatura impropria tra tutti quelli che sono scontenti perché la giustizia non funziona e un gruppetto di amici suoi che erano dispiaciuti perché funzionava. Questa convergenza si è potuta realizzare perché la sinistra è apparsa come quella che difendeva la giustizia che non funzionava. Ma è così anche per altri temi. Abbiamo presentato tre giorni fa con nessun effetto mediatico un documento sul rinnovamento della politica della sanità. Insomma c'è una grande quantità di programma su cui siamo a buon punto.
Ma tutti si chiedono solo se sarete in grado di concordare un programma con Rifondazione.Secondo me c'è già un'enorme mole di contenuti su cui c'è consenso. A chi mi dice "non potrete governare con Bertinotti", io dico che noi siamo già al governo in gran parte dell'Italia con Rifondazione e lo stiamo facendo bene. Certo ci sono dei punti di sofferenza.
Ad esempio Bologna.Lì c'è stata e c'è una radicalizzazione dei contrasti, incomprensibile perché è evidente l'ispirazione di quel che fa Cofferati. Se l'immigrato viene vissuto dalla società bolognese come portatore di disordine, di illegalità, di violenza, questo favorirà il razzismo. Lui cerca di eliminare le situazioni di degrado in cui la gente vive, ha fatto sgomberare un edificio che rischiava di crollare sulla testa di mamme e bambine. Sarebbe questo l'atto repressivo di cui ci si lamenta? Io non ho capito perché si è voluto montare un caso, con una reazione francamente intollerabile e sbagliata. Noi dobbiamo garantire la legalità e la convivenza, la gente deve sapere che con noi al governo si vivrà serenamente. È stata la destra a rendere le città meno sicure. Per noi accoglienza e legalità sono due facce della stessa politica, guai se noi non ci rendiamo conto che questa è la condizione per fare una politica dell'immigrazione che sia civile. Altrimenti ci sarà un rigetto, nella nostra gente, compresi gli elettori di Rifondazione.
Consigli per la campagna elettorale dell'Unione?Prima di tutto si deve presentare un progetto in grado rispondere alle preoccupazioni degli italiani. Secondo, non lasciarsi provocare. Non deve essere Berlusconi a definire l'agenda, è l'agenda del paese che si deve imporre. Terzo: essere uniti, smetterla di enfatizzare le differenze. Poiché il sistema dell'informazione è largamente manipolato, e verrà utilizzato nel modo più spregiudicato, non c'è proprio bisogno che noi diamo una mano. Per questo non capisco lo scontro di Bologna. Noi non possiamo dire che in Italia il confronto politico è condizionato dal dominio di Berlusconi sui media e poi non tenerne conto. Infine dobbiamo tenere alta la mobilitazione. Il valore aggiunto è il rapporto con la straordinaria forza rappresentata da quei 4 milioni e trecentomila italiani che sono andati a cercare i seggi per esprimere una preferenza. Quella è la forza dell'Unione che andrebbe, per usare un’espressione anglosassone, implementata.