Intervista
20 marzo 2006

D’Alema: addio al berlusconismo. A destra nasca un “Ulivo moderato”

Intervista di Nino Bertoloni Meli - Il Messaggero


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L’incipit è una rasoiata alla Massimo D’Alema: “Dopo il presidente imprenditore, il presidente operaio, il presidente panettiere, ci mancava il presidente scalmanato”. L’esibizione di Silvio Berlusconi a Vicenza è considerata alla stregua di “uno che ha perso il controllo di sé, che ha chiaramente capito di aver perso la partita elettorale, e quindi chiama a raccolta i suoi, dando al confronto il carattere di uno scontro virulento, provocatorio. Noi invece, il centrosinistra, vogliamo passare da un’idea di scontro a un’idea di incontro tra le parti sociali”.

Presidente D’Alema, un Berlusconi fuori controllo quello che ha parlato a sorpresa all’assemblea di Confindustria?
E come altro definirlo. Lui si considera il primo degli imprenditori, ma se quelli non stanno con lui li considera niente più che traditori. Ha fatto il discorso dell’amante tradito, mettendo fra l’altro in imbarazzo i suoi stessi alleati.

Casini e Fini spiazzati da Berlusconi?

Ma sì, poveracci, non sanno come uscirne e si vede. Berlusconi si erge a capo dell’opposizione alla sinistra, non come il presidente di tutti gli italiani. Lo scontro che il Cavaliere va cercando finisce per mettere all’angolo i suoi stessi alleati, sottrae loro consensi. È il momento che torni al centro la politica. il Paese non ha bisogno di un presidente imprenditore o operaio, ma di un presidente-presidente che faccia politica, che si erga al di sopra di interessi immediati per quanto importanti e corposi siano. Anche Casini e Fini, credo, hanno interesse che torni in primo piano la politica e la mediazione politica nell’accezione più piena del termine. Prima si rimuove questa anomalia e meglio sarà per tutti.

Un’anomalia non solo nel sistema informativo, dunque?

L’anomalia informativa sta emergendo in maniera esplosiva. Prima sono stati usati i maggiori tg, quelli che danno il tono generale all’informazione, per montare un cosiddetto caso Unipol, ora c’è l’uso di copertura delle gaffes politiche del premier. Questo è il vero problema, non l’accusa grottesca che tutti i maggiori quotidiani siano diventati comunisti e di sinistra. Anche qui, prima si rimuove l’anomalia, meglio è.

Già, il caso Unipol. Teme novità di fine campagna elettorale?

Non è mai esistito un caso Unipol. Il tentativo di tratteggiare una nuova Tangentopoli con noi Ds come epicentro si è rivelato una pura invenzione, una balla clamorosa. C’è un’indagine in corso su eventuali responsabilità individuali, la magistratura appurerà.

L’accoglienza riservata dagli industriali a Prodi come le è sembrata?

Nelle élites del Paese c’è la percezione che Berlusconi ha perso. E mi pare legittimo che gli imprenditori vogliano discutere e confrontarsi con Prodi, lo vedono come il futuro presidente del Consiglio. Detto ciò, diciamo pure che non esistono due proposte di governo, ce n’è una sola, quella dell’Unione di Prodi, che può andare davanti alla Confindustria e alla Cgil e fare lo stesso discorso, dire le stesse cose: ridurre il costo del lavoro, aiutare le imprese a innovare, favorire lo sviluppo, uscire dalla stagnazione della crescita zero, chiedere impegni per porre rimedio alla intollerabile precarietà sul lavoro.

Il centrodestra è ormai avviato alla soffitta?

Il berlusconismo certamente sì. Quanto al centrodestra che conosciamo, la Lega si è messa in proprio, Casini e Fini hanno ormai aperto il dopo Berlusconi anche se, non posso non rilevarlo, vedo ancora manifestazioni di opportunismo, di gioco delle tre carte, altro che tre punte: gli elettori sappiano che, grazie a questa catastrofica legge elettorale che mi proporrò di abolire anche ricorrendo a un referendum come soluzione estrema, i tre leader della Cdl sono apparentati e hanno scelto Berlusconi leader, quindi è lui che si vota, come noi votiamo Prodi. Ma a urne chiuse, dalla sera del 10 aprile tutto questo è destinato a cambiare profondamente.

Vede uno scenario nuovo a destra?

È nell’interesse del Paese che ci sia una destra nuova, non populista e non berlusconiana, ma non può nascere con le turbate. A destra devono fare un’analisi seria, una riflessione critica su questi anni, un po’ come noi facemmo dopo la sconfitta del ’94 passando dai Progressisti al centrosinistra. Non è che improvvisammo, allora, facemmo una riflessione approfondita, prendemmo le doverose misure, elaborammo un progetto di governo per l’Italia.

E D’Alema intende favorire questo nuovo processo nel campo conservatore?

Beh, per prima cosa devono perdere le elezioni, questo è il primo salutare passo, servirebbe a loro quasi quanto a noi vincerle. La vittoria dell’Ulivo propedeutica a che anche nel loro campo nasca qualcosa di speculare a noi e nello stesso tempo di diverso dal centrodestra conosciuto in questi anni.

Si torna a quella visione dell’Ulivo dopo la vittoria del ’96, che sembrava avere al proprio interno maggioranza e opposizione?

Nient’affatto. Dico un’altra cosa: la vittoria del centrosinistra, la vittoria dell’Ulivo può aprire la strada perché anche a destra nasca qualcosa di simile, diciamo un “Ulivo di centrodestra”, un “Ulivo moderato”. Così come noi perseguiamo la nascita di un timone riformista, è auspicabile che dall’altra parte nasca un timone dei moderati.

Due Ulivi che poi magari si accordano in una grande coalizione?

Alt, non corriamo, anzi non andiamo fuori strada. Noi dobbiamo salvaguardare il bipolarismo. Se il centrosinistra non riuscisse a governare, la prospettiva sarebbe il trasformismo, i cosiddetti tagli delle ali e altre cose simili. Per fare una grande coalizione occorrono due schieramenti, due poli saldi e strutturati nessuno dei quali in grado di spuntarla sull’altro, come in Germania. Ma da noi non sarà così: la sera del 10 aprile si vedrà che il centrosinistra c’è, mentre il centrodestra attuale sarà sulla via dell’estinzione.

Mettiamo che Prodi vinca: la sua maggioranza dipenderà però da una quarantina di deputati di Rifondazione e da una ventina della Rosa nel Pugno.

Abbiamo scritto e sottoscritto, tutti, un programma. Molto forte è poi la consapevolezza che tocca al centrosinistra assumersi l’onere di governare, abbiamo il progetto per l’Italia, per farla ripartire. Un Ulivo forte, il timone riformista della coalizione rafforzato, sono le condizioni migliori per garantire la governabilità.

Mette quindi nel conto che il partito democratico vedrà la luce?

All’indomani delle elezioni apriremo la costituente del partito democratico, faremo il nostro congresso per discutere come e con chi farlo, non credo sarà solo un patto a due tra ds e Margherita, coinvolgeremo altri soggetti e realtà. È molto importante, intanto, che si dia vita ai gruppi unitari in Parlamento anche cambiando i regolamenti. Gli attuali, al contrario che in Europa dove si favorisce l’aggregazione, incentivano lo spezzettamento, tagliando le risorse a quanti si uniscono. Se diamo vita ai gruppi unitari come abbiamo deciso, se parte il processo costituente, è chiaro che il treno del partito democratico difficilmente potrà arrestarsi.

Un treno che non si fermerebbe neanche davanti a percentuali non incoraggianti tra Camera e Senato?

Il processo è ormai avviato. L’Ulivo è destinato a essere la grande forza politica del paese, è la maggiore forza al Nord, al centro e al Sud. Non credo che una qualche percentuale dello 0,1 per cento possa cambiare questa realtà.

È vero che D’Alema vuole il partito democratico anche per tenere “agganciato” Rutelli?

Questo progetto è un tema strategico, non è legato a fattori contingenti o tattici. È un disegno che viene da lontano, per noi Ds almeno dalla svolta della Bolognina, non lo collocherei nel recinto piccolo della politica contingente.

C’è anche un’altra opzione, favorita dalla legge elettorale proporzionale: che ognuno torni con i suoi simili, la sinistra con la sinistra, il centro con il centro.

Mi pare una prospettiva velleitaria, caduca. E che ci mettiamo a rifare il Pci e la Dc? Ricordi di giovinezza. Visioni nostalgiche. E poi, Bertinotti già direbbe che ci sono almeno due sinistre, per non parlare dei centristi: quanti centri bisognerebbe fare? No no, in Europa non c’è nessuno che va in questa direzione, si va invece verso due grandi forze che confinano al centro e si contendono la guida del governo.

Presidente D’Alema, l’esibizione berlusconiana in Confindustria si è trascinata polemiche nel campo informativo, dopo l’Annunziata ora tocca al Tg1?

C’è un uso dei tg da parte di palazzo Chigi che proprio non va. A cospetto di questo, trovo assurdo che ci siano sanzioni contro l’Annunziata: è un’intervistatrice spigolosa, all’anglosassone, ritiene che lo stile di un giornalista si misuri dalla spigolosità, lo ha fatto anche con me, sono stato lì lì per litigarci. Non lo fa perché è di sinistra, lo fa perché è così. Può piacere o meno, andrebbe rispettato non sanzionato.

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