Intervista
23 marzo 2006

D’Alema: Quello e’ pericoloso, non cadiamo nelle provocazioni

Il Partito democratico con Prodi e la Margherita è una proposta che può portarci voti anche adesso.

Conversazione con Mario Lavia - EUROPA


Non sono d’accordo con chi dice che abbiamo già vinto. Ci sono due settimane decisive per la spallata decisiva ma dobbiamo parlare a tutti.

La presidenza delle Camere? Non dipende solo da noi. Ma si tratta di due figure essenziali per l’applicazione del programma di governo.


Attenti, le ultime due settimane sono cruciali: “Berlusconi è rancoroso, pieno di odio verso tutti. E quindi è pericoloso. Bisogna stare attenti a non cadere nelle provocazioni, nelle trappole, non dargli pretesti…”. Quello che Europa incontra a Barletta è un Massimo D’Alema caricatissimo e anche preoccupato. Bella, la manifestazione dell’altra sera a Bari con Prodi e Rutelli. Ottime le due iniziative di ieri mattina, a Trani e a Barletta. “Sì, stiamo lavorando bene. Però io non sono d’accordo con chi dice che abbiamo già vinto”. No, il presidente Ds non è contagiato dall’ottimismo che si respira perché “è chiaro che se votassero solo quelli che leggono i giornali la Cdl prenderebbe il 20 per cento e noi potremmo già andare in vacanza. Il problema però sono tutte quelle persone che noi non raggiungiamo: noi dobbiamo andare nelle case, lo sappiamo fare. Solo così in queste due settimane possiamo dare la spallata decisiva”.

Anche se dice di avere una calma “olimpica”, la preoccupazione per un’escalation dei toni è forte: “Berlusconi sta tentando di avvelenare la campagna elettorale. Strumentalizza tutto. Non ha interesse ad un confronto sereno che d’altronde non è nelle sue corde. Ma noi non dobbiamo cadere nelle provocazioni”.
Ma che cos’ha il premier? Vicenza, Genova… non si sa se stia seguendo una precisa strategia o se semplicemente gli slitti la frizione. “Una via di mezzo – spiega il presidente Ds – non sopporta l’idea di perdere il governo, per lui sarebbe un esproprio perché si considera il padrone di palazzo Chigi. Ma se non fosse sconfitto si aprirebbe inevitabilmente un periodo complicato”. Sprona i suoi D’Alema. Anche i passanti che già vogliono far festa: “Prima combattiamo”. Gioca in casa. Spiega che “la Puglia è una di quelle regioni in bilico, alle regionali abbiamo vinto per 12 mila voti ma adesso hanno anche la Mussolini. È una gara tiratissima, ma possiamo farcela”. Per le strade di Barletta la gente lo chiama, parla con lui: “A me la pensione l’hanno diminuita: e lei che dice?”, gli si para innanzi un anziano. Risposta: “Vede? Altro che aumenti, gli hanno pure fregato i soldi”. E via continuando, fra un discorso e un’intervista e pure una visita culturale alla magnifica permanente del barlettano De Nittis, l’impressionismo in un bellissimo palazzo seicentesco.

Nei suoi discorsi c’è sempre spazio per il Partito democratico. “Con la Margherita qui le cose vanno molto bene, non ci sono problemi. In Puglia il rapporto è forte. La Margherita ha indicato il mio nome come capolista della lista dell’Ulivo prima dei Ds… l’ho detto in piazza: quella del Partito democratico è una chiave anche per conquistare più voti adesso, in questa campagna elettorale, è un messaggio che ha una forza all’esterno, è una prospettiva che può conquistare i giovani. Le paure andranno superate, bisognerà convincere la sinistra che non sparirà”. Con Prodi nello stesso partito, ha detto a Bari. Insiste nel ricordare che le culture democratiche si sono incontrate da tempo: “Nel ’96, candidato ds, andai in un monastero di suore in mezzo ad un enorme uliveto. Avevano, le monache, i volantini del Ppi. Poi presero i miei. E li spillarono. Una cosa commovente”. Oggi, almeno per la Camera, non servono spillatrici e – ma questo non ce lo dice – forse anche al Senato sarebbe stato meglio avere la lista unitaria.

La costruzione di una nuova forza democratica, secondo i ragionamenti di D’Alema, non è ingegneria politicista. Ma un’operazione che trova un senso più compiuto dentro “un ritorno alla normalità democratica”. Che, ovviamente, coincide con il dopo-Berlusconi. Con Prodi a palazzo Chigi, lui che è “portatore di serenità”, perfetto per il dopo-Cdl perché “il paese ha bisogno di ritrovare una serenità di fondo, altrimenti, parliamoci chiaro, sarebbe impossibile rilanciare l’economia se non c’è uno sforzo comune. E certo non è Berlusconi l’uomo che può promuoverlo”. D’Alema è rimasto positivamente colpito dall’idea del Professore del passaggio di consegne fra il governo della destra e il suo. Sempre che il Cavaliere ci stia: “Io non so cosa intenda fare lui, probabilmente pensa di mantenere il ruolo di capo dell’opposizione. Intanto sta radicalizzando la campagna elettorale e così cannibalizza i suoi alleati, che odia non meno dei suoi avversari. Ma è una coalizione che non regge più. Ha visto Follini sul referendum sulla devolution, la legge più importante di questo governo? È l’annuncio della disgregazione, è chiaro che la Lega se ne andrebbe, sarebbe il caos”.

Ma come ristabilire un clima nuovo, quello della “normalità democratica”? Chiaro, a due settimane dal voto non si azzardano grandi scenari, D’Alema è guardingo se gli si chiede – senza trabocchetti – se sia ipotizzabile un’intesa bipartisan per la nomina dei presidenti di Camera e Senato. “A parte che io nei trabocchetti non ci casco, la mia risposta è: dipende. Cosa vorranno fare loro? Io ricordo che la destra, quando governavamo noi, ha avuto un atteggiamento ostruzionistico, un’anomalia inquietante. Cosa pensano di fare? Non dipende solo da noi come eleggere i presidenti”. Poi una cosa chiara la dice: “I presidenti delle camere sono figure determinanti per l’attuazione del programma di governo”. E se tanto mi dà tanto, la conseguenza è che D’Alema non ritiene che il centrosinistra, se vincerà, dovrebbe dare una delle due presidenze all’opposizione.

Presto, però, per dirlo. Quando lo incontriamo di nuovo qualche ora più tardi, ironizza sulla “sua” presidenza della Camera: “Tanto ci pensa il Corriere della Sera a togliermi la presidenza di qualunque cosa…”. Si scherza sulla sua ostilità per i giornalisti: “No, non chiuderei il Transatlantico ai giornalisti – sorride – lo chiuderei ai deputati…”.

Metodo bipartisan, invece, per l’elezione del Capo dello Stato: “Io opto per il metodo-Ciampi, che diede un grande risultato: dobbiamo essere tutti grati a Ciampi per aver garantito in questi anni il rapporto fra le istituzioni e il paese”.

stampa