Intervista
1 aprile 2006

D'Alema: "Conflitto d'interessi faremo la nuova legge"

Il presidente Ds: "Nella polemica sulle imposte ci siamo fatti spiazzare su alcuni dettagli tecnici. È stato un errore"

"Vogliamo ridurre le tasse ma guai a criminalizzarle"

Intervista di MASSIMO GIANNINI - La Repubblica


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ROMA - "Io non ho cambiato idea: se vinciamo, riscriveremo la legge sul conflitto di interessi e le norme sull'antitrust. Non per "fare a pezzi" il Cavaliere, come scrivono i giornali della destra, ma per migliorare la qualità della nostra democrazia e per aprire nuove opportunità alla nostra economia". A poco più di una settimana dal voto, Massimo D'Alema torna sul "luogo del delitto": il conflitto di interessi. Risponde a Berlusconi e a Confalonieri, sulla questione tv, sulle tasse, sui sondaggi. "In nessun paese al mondo - dice il presidente Ds - c'è una campagna elettorale in cui ogni giorno uno dei competitori straccia a proprio piacimento le regole del gioco".

Fa bene Fedele Confalonieri a temere un Piazzale Loreto per Berlusconi dopo il voto del 10 aprile?
"Ma quale Piazzale Loreto! Intanto in questo riferimento storico non posso non leggere un'autocritica: evidentemente il presidente di Mediaset paragona l'attuale sistema al fascismo...".

Ma è vero o no che se vincerete le elezioni farete una legge sul conflitto di interessi che impedirà a Berlusconi di fare politica?
"Io credo che l'intero dibattito sul conflitto di interessi sia falsato da un equivoco. Non ho mai pensato che con una leggina si sarebbe potuto impedire a Berlusconi di fare politica. È vero, come sostiene Giuliano Ferrara, che Berlusconi ha incarnato un'idea estrema di anti-politica, nella quale l'essere imprenditore era consustanziale all'essere premier, perché dietro c'era una concezione dello Stato come impresa. Per me è e resta un'idea mostruosa, ma non si può negare che nel decennio passato questa idea ha finito col sedurre gli italiani. Ora, per fortuna, il quadro è mutato. Stiamo andando verso una soluzione politica del problema. Se Berlusconi perderà le elezioni, allora il conflitto di interessi si potrà affrontare come problema generale, e non più come problema personale".

Si potrà affrontare in che modo? Anche su questo nel centrosinistra le idee sembrano un po' confuse.
"Io non ho in mano un articolato di legge. Ma resto convinto che noi dovremo agire su due fronti. Il primo: la legge sul conflitto di interessi va riscritta. Quella attuale è arcaica e lacunosa, e quindi iniqua: verso alcuni è durissima, verso altri è inesistente. Se sei un sindaco non puoi fare il farmacista, se sei presidente del Consiglio puoi essere titolare di concessioni pubbliche. È evidente che così non può funzionare".

Qual è la soluzione?
"Quando eravamo al governo demmo grande impulso a un testo che regolava in modo rigoroso il conflitto, e che poi fu stravolto dal Senato. Si può ripartire da lì. Con una legge sui conflitti di interesse, non su Berlusconi. Perché questo è stato il governo del conflitto di interesse. Non solo del premier, ma anche di Lunardi, di Sirchia. E allora, a mio parere, la nuova legge dovrebbe prevedere per alcuni casi il modello americano del blind trust, applicabile ai beni mobiliari, mentre nei casi di controllo societario dovrebbe valere l'obbligo di cessione della proprietà o quanto meno la sterilizzazione dei diritti di voto".

Il secondo fronte di intervento qual è?
"È l'antitrust. In questi anni abbiamo conosciuto solo leggi di favore, la Gasparri è stata un fallimento. La presenza di Berlusconi ha impedito un dibattito pubblico sereno e obiettivo, e i suoi alleati Fini e Casini si sono colpevolmente asserviti a un sistema che ha creato un enorme abuso nel settore delle televisioni e soprattutto nel mercato pubblicitario. Ed è proprio su questo fronte che noi dovremo intervenire, fissando dei tetti antitrust sulla raccolta pubblicitaria, che a questo punto sono persino più importanti della redistribuzione delle frequenze".

Confalonieri rimpiange i tempi in cui lei, da premier, disse che Mediaset è una risorsa per l'Italia. Si è pentito di quella frase?
"Niente affatto. La ripeto anche oggi. Non cerchiamo rivincite, e non vogliamo distruggere nessuno, meno che mai Mediaset. Ma poiché siamo veramente liberali, vogliamo far crescere il settore radiotelevisivo, moltiplicare il numero dei players. Per farlo dobbiamo varare una grande riforma del sistema. In questi anni è stato blindato un Moloch semi-pubblico, questo sì da paese socialista, nel quale un solo soggetto controlla un gigante pubblico (in quanto capo del governo azionista della Rai) e un gigante privato (in quanto proprietario di Mediaset). È un'anomalia democratica, che non ha riscontro in nessun Paese del mondo".

L'obiezione del Polo è che questo problema assilla solo voi.
"Non è più così. Ormai anche i cittadini-utenti si sono vaccinati e hanno imparato cos'è il conflitto di interessi, in cinque anni di legislatura berlusconiana nei quali la maggior parte del tempo è stato impiegato proprio nella difesa di quegli interessi. Oggi Berlusconi non potrebbe più dire quello che disse dopo la vittoria del 2001: mi hanno eletto, quindi non percepiscono il problema. Oggi gli italiani il problema lo percepiscono, eccome. Noi dobbiamo risolverlo. Con una legge seria, e senza nessun Piazzale Loreto".

Oggi lei dice questo, ma qualche giorno fa al Mattino aveva detto un'altra cosa: basterebbe che Berlusconi vendesse tutto ai figli. Qual è la vera linea?
"Ripeto: non ho in tasca un testo di legge. Sui dettagli discuteremo in Parlamento, e al momento opportuno".

Negli ultimi giorni, con la scivolata sulle tasse, vi è venuta un po' di paura della rimonta del Polo o no?
"Paura? Proprio no. Semmai molta preoccupazione, perché io giro l'Italia e il tema drammatico che vedo emergere è la profonda sofferenza e la grande inquietudine della gente. Il Paese è pervaso da una passione triste. L'unico che si è dipinto un sorriso in faccia è il Cavaliere, ma lui com'è noto vive in un'altra dimensione che non ha niente a che vedere con la realtà".

La reazione di Prodi tradisce nervosismo: non è troppo accusare gli avversari di "delinquenza politica"?
"No, Romano ha fatto bene a reagire a questa virulenta controffensiva della destra sulle tasse...".

Ma la destra si è mossa sulle vostre contraddizioni.
"È vero, ci siamo fatti spiazzare su alcuni dettagli tecnici. C'è stata una tendenza, da parte di tutti, a voler dire qualcosa. È stato un errore. Lasciamo che parli Prodi, cui spetta il compito di dare un messaggio univoco agli italiani. Ma detto questo, la reazione di Romano è stata sacrosanta: la destra ha letteralmente violentato il dibattito sulle tasse".

In che modo?
"Qualunque proposta avanziamo sul fronte economico, la destra risponde "non ci sono i soldi". Come se oggi questa penuria di risorse non fosse colpa loro, che governano da cinque anni! Invece di rendere conto agli italiani di una Trimestrale di cassa che indica un ulteriore sforamento del deficit al 3,8% e che imporrà una manovra di rientro ancora più pesante, Berlusconi e Tremonti ci interrogano puntigliosamente su cosa vogliamo fare per rimediare. Come se questi disastri li avessimo combinati noi e non loro".

Se permette la battuta: è la campagna elettorale, bellezza.
"C'è un limite a tutto. Questi, invece di fare il governo, fanno l'opposizione. Invece di dire che cosa vogliono fare loro per risanare e rilanciare l'economia, si esercitano solo a fare i conti in tasca a noi".

Insisto: non sarà che sui conti avete fatto un po' di confusione?
"Senta, quello che noi vogliamo fare sul fisco sta scritto chiaro e tondo da pagina 202 a pagina 204 del nostro programma di governo. È già sufficientemente esteso e dettagliato, e non serve un capitolo apocrifo aggiunto da Berlusconi e Tremonti".

Qui sta il punto. Che volete fare per finanziare il taglio del cuneo contributivo? Con le chiacchiere sull'aumento della tassazione sui Bot, sull'imposta di successione fino a 180 mila euro e sull'aggiornamento degli estimi catastali, non rischiate solo di spaventare i ceti medi?
"Guardi, tutte le proposte contenute nel nostro programma, dalla riduzione del cuneo contributivo alla restituzione del fiscal drag, hanno un solo scopo, chiarissimo ed esplicito: ridurre la pressione fiscale e realizzare un effetto redistributivo per il 90% dei contribuenti italiani. Per amore di verità, voglio anche ricordare che la riduzione dell'imposta di successione con la franchigia fino ai 350 milioni di vecchie lire la varammo noi, con il mio governo, non Berlusconi, che si è limitato ad estendere questo beneficio a se stesso, allargandolo a quell'1% di ceto sociale ad altissimo reddito che invece noi avevamo escluso".

D'accordo. Ma ora sembra ritornare l'idea che il centrosinistra è il partito delle tasse. Non è così?
"Noi non vogliamo stangare proprio nessuno. Le tasse vogliamo ridurle, non certo aumentarle. Ma chiarito questo, non ci sto nemmeno all'idea di criminalizzare il sistema fiscale. Questo, vede, è il messaggio subdolo e tutto ideologico che la destra vuole far passare: meno si paga allo Stato, meglio si sta. Questo è intollerabile. Le tasse non sono un reato. Servono a finanziare la scuola, i servizi, la sanità pubblica. Senza le prime non ci sono i secondi. Questo i cittadini l'hanno capito".

Come fa ad esserne tanto sicuro?
"Quando Berlusconi ha ridotto un po' di Irpef, tagliando i trasferimenti agli enti locali, la gente ha pagato carissima quella "mancia" elettorale. Si è ritrovata con meno servizi sociali. Meno asili nido, meno scuola-bus, e magari il ticket in ospedale, che è molto peggio di una tassa, perché il ticket lo deve pagare un malato, cioè un soggetto debole per definizione. È chiaro che tutto questo la destra non lo capisce, perché è asociale. Guardi quello che ha detto il Cavaliere sui lavoratori del pubblico impiego...".

Cosa la scandalizza? Ha detto che voleva licenziarne un bel po', ma glielo hanno impedito. Non ha tutti i torti, vista l'inefficienza della pubblica amministrazione.
"No, ha tutti i torti, invece. Mi creda: per rendere più efficiente lo Stato basterebbe un solo licenziamento: il suo".

Comunque Berlusconi chiede l'intervento di Ciampi, dopo l'accusa di Prodi sulla "delinquenza". Lei che ne pensa?
"È paradossale. Usano ogni mezzo, picchiano ogni giorno sotto la cintura e poi alzano il dito e si lamentano dicendo "mi hanno detto una parolaccia". Il Capo dello Stato, con una condotta esemplare, ha sempre cercato di invitare tutti a un confronto civile. Resto convinto che dobbiamo ascoltarlo, e dobbiamo evitare di trascinarlo a qualunque titolo nel conflitto politico. Oggi, e anche dopo il voto, avremo un gran bisogno di istituzioni di garanzia".

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