Intervista
6 aprile 2006

D'Alema: «Ora basta, il Paese ha bisogno di serenità» <br>

Intervista di Ninni Andriolo - l'Unità


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Massimo D’Alema è preoccupato dal tono che Berlusconi cerca di imporre a questi giorni di campagna elettorale: «Abbiamo bisogno di un clima sereno e dobbiamo parlare con tutti, anche con quell’Italia più fragile e sola a cui parla con le sue parole il premier».

«Berlusconi è riuscito a trasformare la campagna elettorale in uno scontro aspro, che rischia di lasciare una ferita profonda nel Paese. Appare sempre più scorretto e demagogico. Anche nella nostra gente si è creata forte tensione...».

Preoccupato, quindi, presidente D’Alema?
«Si rischia di accendere gli animi. Poche ore fa, girando per il mercato di Cerignola, ho incontrato tante persone arrabbiate. Tutti a dire “sono un coglione, sono uno dei coglioni...”. La gente è inasprita, offesa. Non vorrei che questo sentimento si trasformi in ostilità verso gli elettori del centrodestra. Se ci rivolgiamo a loro con serenità possiamo recuperarne molti».

Da Cerignola, a Canosa, a Bisceglie, dove «nonostante fosse mezzogiorno» Massimo D’Alema parla «davanti a una grande folla». Qualche attimo di riposo a Margherita di Savoia, dopo l’iniziativa nella sede del Cral delle saline «più importanti d’Italia», e il tour del presidente della Quercia prosegue per San Ferdinando di Puglia («la patria di Alfredo Reichlin»), Trinitapoli, Barletta e Taranto. «Martedì sera a Manfredonia c’erano 2500 persone, perché io le conto, ho il sistema per contarle...».

Presidente, questa poi. Come fa a contarle?
«In ogni piazza individuo delle zone e ne delimito mentalmente i lati. Calcolo quanto è fitta la gente e, grosso modo, ho il dato che mi interessa. A Manfredonia poi c’è una grande piazza quadrata ed è più facile. Per quelle rotonde, invece, è più difficile e bisogna applicare la formula che serve a calcolare l’area del cerchio. Lo fa anche Fassino sa? Anzi, lui è anche più sistematico. Annota i numeri sul libretto e alla fine della settimana fa il conto delle persone con le quali ha parlato».

Presidente ha un metodo altrettanto “scientifico” per calcolare i voti che andranno all’Unione o alla Cdl?
«Per quello c’è il clima che avverto girando l’Italia e incontrando i cittadini. Mi dice che non va affatto male per l’Unione. Dobbiamo premere molto sull’acceleratore, però, in questi ultimi giorni. Dobbiamo sapere che c’è una frattura orizzontale nel Paese. C’è una popolazione attiva che lavora, partecipa, legge i giornali, è impegnata nel sindacato o nelle diverse associazioni, la gente che noi vediamo e che è largamente orientata verso di noi. E c’è il paese profondo su cui, invece, conta di incidere Berlusconi. Persone sole, anziani, gente che vede solo la tv. Un paese più fragile, più indifeso, più facilmente ingannabile e al quale dobbiamo riuscire a parlare».

In che modo?
«Andando casa per casa. Perché lui, altrimenti, ci arriva da solo, con la televisione. Perché crede che voglia apparire sul video a tutti i costi?»

La nuova legge ha modificato profondamente la campagna elettorale. Questo non pesa più sulla sinistra che sulla destra?
«Non c’è dubbio che il venire meno del rapporto personale e spontaneo tra candidato ed elettori riduce l’iniziativa. Per la destra, ma anche per noi. Adesso, con questa aggressione ai comuni, Berlusconi ci ha dato anche una mano per mobilitare di più i sindaci. La loro è una presenza decisiva, perché sono i più vicini ai cittadini e hanno con loro il rapporto più diretto. L’iniziativa dei sindaci, soprattasso dei piccoli comuni, in questi ultimi giorni è molto importante».

Lei gira in lungo e in largo la Puglia, che clima avverte nel Mezzogiorno?
«I dati delle ultime regionali confermano che lo spostamento elettorale più forte è avvenuto nel Mezzogiorno. La sconfitta della destra e stata determinata anche dal fatto che nel nord il loro elettorato non è andato a votare. E Berlusconi, adesso, alza il tono, cerca lo scontro frontale e l’aggressione ideologica, proprio per cercare di mobilitare i suoi. Nel Sud, invece, c’è stato un vero e proprio smottamento. In Puglia c’era un divario schiacciante, ad esempio. Dieci punti di differenza a nostro danno. Poi c’è stato un processo elettorale impetuoso...».

Le elezioni politiche del 9 aprile confermeranno questa tendenza?
«Speriamo di sì. In Puglia, ad esempio, per potere vincere al Senato dobbiamo andare oltre il dato delle regionali, quando - tra l’altro - il centrodestra era diviso. Un traguardo molto impegnativo, considerando che il numero degli elettori potrebbe crescere...»

Se aumentassero i votanti crescerebbe la destra, come sostiene Berlusconi?
«È il ragionamento di uno che mette in conto che la parte che non va a votare è la sua. Cerca di mobilitare i suoi con tutti gli argomenti possibili».

Ieri, però, ha dovuto disdire l’appuntamento in prima serata a Canale 5. Anche il Comitato di redazione si era dichiarato fortemente contrario...
«L’esito del suo tentativo andato a vuoto dimostra che c’è una reattività, un tessuto democratico del Paese che è insofferente per le sue prevaricazioni. La presenza in video di Berlusconi sarebbe stata clamorosa. Sottoscrive un patto con Prodi per non fare la conferenza stampa finale alla Rai e la va a fare poi a Mediaset. Nemmeno nelle Filippine accadono cose del genere. Siamo di fronte a uno che ha un’idea tutta sua della democrazia. Occorre una speciale vigilanza, perché costringere Berlusconi ad un confronto normale e democratico è un fatica di Sisifo. Ed è evidente che tutto questo crea un clima di forte tensione. Il Paese ha bisogno di ritrovare serenità, non soltanto serietà di governo».

La prospettiva di una destra moderna ed europea non sembra dietro l’angolo, non crede?
«Non lo so, intanto bisogna vedere quale sarà il dato elettorale. Credo che ci sia bisogno di un risultato netto e forte. Perché è fondamentale garantire la governabilità del Paese. Si parla di pareggi, di nuove elezioni. È una cosa irritante, il frutto di questa orrenda legge elettorale che rappresenta un attentato alla stabilità democratica. Qualcosa di gravissimo che merita la condanna dell’intero ceto politico. Chi l’ha congegnata non ama il nostro Paese».

Si tornerebbe alle urne, quindi, in caso di pareggio?
«Non la prendo nemmeno in considerazione l’idea del pareggio, Sarà il buon senso dei cittadini a travolgere le insidie di questo pasticcio elettorale e a dare a Prodi una maggioranza stabile alla Camera e al Senato».

E la campagna di Berlusconi su tasse e Ici non inciderà sul voto?
«Non credo, perché lui ha perso ogni credibilità Questa specie di asta finale indegna, secondo me, non agguanterà un granché. Al di là delle cose che Berlusconi dice, il problema è che è lui che le dice, rendendole particolarmente improbabili. Certo, bisogna replicare con puntualità. Su questa storia dell’Ici, forse, avremmo dovuto rispondere con maggiore chiarezza...».

Con quali argomenti, presidente?
«Il problema non è soltanto quello del buco dei conti pubblici e dei soldi da trovare. Ecco, io non vorrei nemmeno che dessimo l’impressione che noi siamo a favore dell’Ici. Intanto la legge consente già ai comuni di abbattere quell’imposta E, soprattutto, di eliminarla sulle fasce di reddito medio-basse. Anche qui lui pensa soprattutto ai ricchi...».

Ha letto che vuole eliminare l’Ici per ville e grandi palazzi?
«Sa qual è la verità? È che i comuni da anni chiedono di riorganizzare la tassazione sulla casa, senza ottenere nulla. Il vero problema è quello di mettere gli enti locali nelle condizioni di eliminare l’Ici sulla prima casa senza disastrare i bilanci. Noi abbiamo indicato proposte serie in questa direzione. Non si può pensare che da una parte si tagliano le risorse ai comuni e dall’altra si chiede loro di levate l’Ici. È chiaro che qui c’è un evidente inganno. È stato il governo a mettere con le spalle al muro le amministrazioni locali, costringendole alle addizionali».

Anche l’Unione vuole levare l’Ici, nella sostanza?
«Il problema non è che noi difendiamo l’Ici, mentre Berlusconi vuole levarla. È il Presidente del Consiglio il primo responsabile del fatto che i comuni non sono in condizione, tranne alcuni, di applicare le detrazioni per l’Ici. È lui il colpevole dell’Ici».

Non c’è il rischio di una rincorsa elettorale al ribasso tra Unione e Cdl, con lo sport di una tassa che leva l’altra?
«No. Noi non possiamo pensare a una società dove non si pagano le tasse. Senza tasse non c’è assistenza per gli anziani, non ci sono le scuole per i ragazzi, non c’è la polizia per le strade. È quello che rischia di accadere in Italia. È quello che loro hanno cominciato a fare in questi anni. Le tasse sono fondamentali per una società solidale dove chi ha di più aiuta chi è più debole. Un principio sacrosanto».

È cosa farebbe l’Unione al governo per farlo rispettare?
«L’odio verso le tasse rappresenta il punto di vista di chi non ha bisogno della garanzia pubblica dei suoi diritti. Di quelli come Berlusconi, in sostanza. Nei miei comizi dico che lui, quando si deve fare impiantare i capelli, mica va alla Asl. È chiaro che per lui le tasse sono il male assoluto. Per la gente normale, invece, il problema è quello che le tasse siano contenute, che si combatta l’evasione, che le imposte siano distribuite equamente in modo che tutti possano pagare di meno. È questo che ispira il nostro programma. L’idea che le tasse sono il male assoluto è antisociale, antisolidaristica».

D’altronde Berlusconi si rivolge adesso solo a quelli “che hanno beni al sole”...
«Sì. Ha detto in tv che la sinistra li vuole tassare perché il figlio dell’operaio dev’essere come quello del professionista. Un messaggio palesemente anticostituzionale. La Costituzione dice che bisogna dare a tutti le stesse opportunità. Poi saranno i più capaci e meritevoli ad andare avanti. I capaci e i meritevoli, non i figli dei signori».

Un messaggio profondamente diverso da quello del 2001, ricorda il “presidente operaio”?
«L’altra volta cercò di ingannare i poveri, di farli sognare. Cercò di conciliare l’inconciliabile. Il suo, in qualche modo, era un discorso interclassista. Oggi, invece, emerge di più il volto classista. E questo dimostra che lui è sulla difensiva, ha una posizione meno espansiva, si rivolge al suo mondo per cercare appunto di rimanere in sella».

Prodi conta molto sulla lotta all’evasione per reperire risorse utili allo sviluppo. La destra, invece, sostiene che non si otterrà molto da quel versante..
«Si, hanno sostenuto questo per giorni e giorni. Adesso, però, hanno cambiato idea e spiegano che vogliono coprire la riduzione dell’Ici con la lotta all’evasione. A differenza di loro, noi l’abbiamo fatta davvero la lotta all’evasione. Negli anni del centrosinistra abbiamo recuperato più di 50mila miliardi. È stata una costante dei nostri governi l’ammodernamento della Pubblica amministrazione, per metterla in grado di combattere in modo efficace l’evasione fiscale. Avevamo costruito un’amministrazione altamente efficiente che loro hanno smantellato».

Presidente la lista dell’Ulivo tira?
«La lista unitaria marcia, la gente ha trovato nell’Ulivo una risposta convincente alla frammentazione determinata dalla legge elettorale. La gente teme la rissosità del centrosinistra e, se non vuole una maggioranza esposta ai capricci di questo o quello, sa che c’è una forza che si unisce e da sola rappresenta più dell’80% della coalizione. Credo che abbiamo un potenziale che va oltre l’insieme dei partiti...»

Al Senato però l’Ulivo non c’è...
«Per questo rischiamo di avere un elettorato che vota Ulivo alla Camera e che, non ritrovando quel simbolo al Senato, non è detto che voti per i partiti. Lo dico perché dobbiamo fare capire quanto sia importante che si voti anche per il Senato. E che anche al Senato c’è l’Ulivo nella forma delle liste dei Ds e della Margherita. E lì i Democratici di sinistra giocano una partita che ha un valore generale: impedire a Berlusconi di uscire dalle elezioni come il leader del maggior partito italiano. Chi è in corsa con lui per questo obiettivo siamo noi. E siamo stati noi, anche per l’impegno di Piero Fassino, la forza trainante della riorganizzazione unitaria del centrosinistra».


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