documento dossier
11 giugno 2006

PARLAMENTO (ARTT. 55-69)


Le Assemblee restano due: la Camera e il Senato, ma al bicameralismo perfetto (due camere con uguali poteri) che ha caratterizzato quasi sessanta anni di vita repubblicana, subentrerebbero il Senato federale e la nuova Camera dei deputati con compiti e poteri diversi.


Camera: solo dal 2011 entrerebbe in vigore la diminuzione del numero dei parlamentari da 630 a 518, e dell’età minima per essere eletti da 25 a 21 anni.

Senato federale: dal 2011 entrerebbe in vigore la diminuzione del numero dei senatori da 315 a 252, e dell’età minima per essere eletti da 40 a 25 anni (art. 3 Riforma).
I senatori sono eletti, su base regionale, contestualmente ai consigli regionali, quindi il nuovo Senato sarà soggetto a possibili rinnovi parziali.

I rappresentanti delle regioni e delle autonomie locali “partecipano” ai lavori del Senato federale ma “senza diritto di voto” (art. 3 Riforma).

La divisione dell’attribuzione delle funzioni legislative tra Camera e Senato, non più esercitate collettivamente, costituisce un meccanismo molto complesso: ci sarebbero leggi su cui l’iniziativa e l’ultima parola spettano alla Camera (materie di “legislazione esclusiva dello Stato”), altre su cui spetta al Senato (materie di “legislazione concorrente”), altre ancora che spettano ad entrambe le Camere con rinvii complicatissimi senza dire che nei casi più delicati il governo, autorizzato dal Presidente della Repubblica, potrebbe spostare dal Senato federale alla Camera dei deputati il potere della deliberazione definitiva.
In caso di conflitti di competenza tra Camera e Senato federale, i rispettivi Presidenti potrebbero affidare “la decisione a un comitato paritetico”, complicando e rendendo eccessivamente ingestibile l’iter legislativo.

Si ricorda infine che la riforma prevede un voto sul programma del nuovo governo espresso dalla sola Camera e non anche dal Senato federale.

Il capolavoro di questa riforma è che il senato c.d. federale, di federale ha ben poco, perché i veri rappresentanti delle regioni e delle autonomie locali possono partecipare, ma non possono votare.
Si rischia altresì la paralisi della funzione legislativa: basta pensare che una singola legge può contenere norme che si riferiscono a materie di competenza del Senato federale e contemporaneamente altre di competenza della Camera. A chi l’ultima parola?
Un esempio concreto del rompicapo rappresentato dal nuovo meccanismo di formazione delle leggi è costituito dal numero dei caratteri utilizzato nella stesura del testo. A fronte delle 77 lettere adoperate nell’art. 70 della Costituzione vigente, la riforma ne usa 3.863.
L’indebolimento dei poteri del Parlamento ha come conseguenza diretta anche l’indebolimento dei poteri del singolo cittadino, il quale voterebbe un suo rappresentante che conterebbe sempre di meno.


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