Discorso
31 luglio 2006

Audizione alle commissioni congiunte 3ª (Affari esteri, emigrazione) del Senato della Repubblica e III (Affari esteri e comunitari) della Camera dei deputati sugli sviluppi della situazione in Medio Oriente

Testo dell'intervento


Signor Presidente, l'audizione odierna si svolge all'indomani della Conferenza per il Libano, un grande evento internazionale che ha visto come protagonista il nostro Paese.

Credo non vi sia bisogno di sottolineare un dato di fatto: la Conferenza si e` svolta a Roma, per iniziativa congiunta degli Stati Uniti e del nostro Paese, anche grazie al lavoro compiuto in questi mesi dal Governo italiano per affermare un ruolo dinamico dell'Italia di fronte alla tragica crisi mediorientale.

Tale iniziativa deve essere considerata non soltanto per il rilievo in se´ e per i risultati conseguiti, che illustrero`, ma anche come momento di un'azione politica e di un processo che credo, forti anche dello svolgimento a Roma di tale Conferenza, potremo proseguire con maggiore autorevolezza ed incisivita`.

E ` indice del ruolo che l'Italia intende svolgere il fatto che, ad esempio, nella serata di ieri il presidente palestinese Abu Mazen abbia chiesto di venire oggi nel nostro Paese. Lo preciso anche perche´ alle 16,45 dovro` allontanarmi per incontrarlo. Personalmente considero questo incontro e i successivi (nei prossimi giorni ho intenzione di compiere un viaggio in Israele) come momenti di una stessa iniziativa. E` per tale motivo che vorrei che si considerasse la Conferenza come un passo. Nessuno pensava che si convocasse una conferenza di pace senza le parti combattenti, le uniche a poter stabilire la pace o a decidere il cessate il fuoco. Quello che e` accaduto a Roma e` stato il formarsi di una coalizione che puo` e vuole agire per la pace.

Vorrei innanzitutto attirare l'attenzione su tale coalizione e sul formato della riunione: la lista dei partecipanti rappresenta, a mio giudizio, il primo risultato importante della stessa. Per la verita` questa lista rappresenta un lascito del Governo precedente. Nel settembre 2005, infatti, si riun?` per la prima volta il Lebanon Core Group, un gruppo di Paesi impegnati nel sostegno alla ricostruzione e alla stabilizzazione democratica del Libano. Noi ci siamo limitati, in modo creativo, a tirar fuori dal cassetto uno dei tanti organismi internazionali esistenti che, proprio in questo momento, poteva funzionare allo scopo di promuovere un'iniziativa in grado di intervenire tempestivamente nella crisi in atto.

Rispetto a quel formato, abbiamo concordato con gli americani un allargamento che, per quanto riguarda questi ultimi, ha significato il positivo coinvolgimento del Canada e della Turchia e, per quanto ci riguarda, ha significato la presenza, come da noi desiderato, di tutti i maggiori Paesi europei, compresi la Germania e la Spagna, originariamente esclusi dal gruppo. Successivamente sono stati inseriti, per evidenti ragioni di un diretto coinvolgimento anche geografico nell'area della crisi, Cipro e la Grecia.

Gli Stati Uniti, il Canada, i principali Paesi europei e un gruppo significativo di Paesi arabi e islamici si sono pertanto seduti allo stesso tavolo con le grandi istituzioni internazionali. Bisogna a tale riguardo sottolineare con gratitudine la presenza personale, e non quella di un suo in viato, del Segretario generale delle Nazioni Unite, che ha certamente contribuito a dare grande rilievo a questo incontro.

Sono convinto che mantenere questa collaborazione dovra` essere uno dei principali impegni nel corso dei prossimi mesi. E ` evidente che, al di la` delle differenze di punti di vista manifestatesi anche nel corso della riunione, su cui tornero` in seguito, soltanto una stretta cooperazione tra l'Europa (tutta l'Europa, non alcuni Paesi volenterosi), gli Stati Uniti e una parte larga del mondo arabo - nel quadro di una ritrovata centralita` delle istituzioni internazionali, e in primo luogo delle Nazioni Unite - potra` consentire di compiere dei progressi, uscendo dalla difficile situazione in cui una politica di segno unilaterale ha messo quella parte del mondo. Soltanto questo quadro politico consentira` inoltre di isolare il fondamentalismo e il terrorismo, un obiettivo conseguibile soltanto se si mobilita una larga parte del mondo arabo.

Tutto cio` risponde a una linea politica e diplomatica del Governo italiano. A questo proposito vorrei ricordare che, parlando alla Camera subito dopo la riunione del G8, sottolineai l'importanza di combinare gli sforzi di Stati Uniti, Europa e mondo arabo cosiddetto moderato, che nel formato della Conferenza abbiamo ritrovato.

Uno dei principali obiettivi che ci siamo posti e` evitare che questo sia un evento singolo. Vorrei informare il Parlamento che nel corso delle conversazioni finali, piu` ravvicinate, che si sono svolte dopo la Conferenza, durante il lunch - come sempre parte integrante e spesso piu` interessante di simili incontri - si e` concordato con il Segretario generale delle Nazioni Unite che a settembre questo gruppo di Paesi torni a riunirsi a New York, ai margini dell'Assemblea generale dell'ONU, per fare il punto delle iniziative e dei risultati che nel frattempo - speriamo - potranno essere conseguiti.

In sostanza, l'obiettivo e` quello che questo gruppo di Paesi si renda protagonista di un programma di lavoro che continui nel tempo. Credo che cio` segni un netto progresso della nostra collocazione diplomatica e internazionale rispetto al rischio di una relativa marginalita` dell'Italia. In particolare, mi ero molto allarmato perche´ su una questione cruciale, come e` quella del nucleare iraniano, si era costituito un gruppo di tre paesi europei - due membri permanenti del Consiglio di sicurezza piu` la Germania - che, affiancando gli Stati Uniti, mostrava un'esclusione dell'Italia abbastanza allarmante. Si tratta di un problema di collocazione politico-diplomatica del nostro Paese, ma non c'e` dubbio che siamo molto interessati a una collaborazione dei cinque maggiori paesi europei, ovviamente con le istituzioni. Questo e` il formato che ci interessa.

Alla Conferenza di Roma era rappresentata la Presidenza del Consiglio europeo, la Commissione ed era presente l'Alto rappresentante per la politica estera europea. In altre parole c'era l'Europa. La presenza dei cinque maggiori paesi europei al fianco delle istituzioni dell'Unione significa l'Europa. Noi siamo interessati a che questo formato si imponga perche´ ci comprende, insieme a tutti i protagonisti necessari. Da questo punto di vista abbiamo fatto qualche deciso passo in avanti ed e` stato motivo di par- ticolare soddisfazione dover insistere per invitare la Germania a Roma, sperando naturalmente che un simile atteggiamento determini un sentimento reciproco nelle circostanze future.

Quali sono stati i risultati conseguiti? I nostri obiettivi erano quattro. Anzitutto, rafforzare e dare concretezza ad un'azione umanitaria e, in secondo luogo, consolidare un'intesa, una disponibilita`, una volonta` politica per la creazione di una forza internazionale di sicurezza, che si dovra` muovere sotto l'egida e su mandato delle Nazioni Unite e che puo` rappresentare una svolta nella regione. Ricordo che Israele non aveva mai accettato l'idea della presenza di una forza internazionale di sicurezza nella regione; l'idea che Israele dovesse provvedere autonomamente alla propria sicurezza, con i mezzi militari che conosciamo, e` sempre stato un punto di principio. La possibilita` che una consistente forza di sicurezza possa agire in quella regione, con un prevalente impegno dei Paesi europei, puo` rappresentare, a mio giudizio, una svolta assai rilevante e soprattutto dare all'Europa un peso che mai ha avuto nelle vicende mediorientali. Un segnale c'era stato con il coinvolgimento dell'Europa al valico di Rafah, ma quello che si potrebbe avere nei prossimi mesi e` qualcosa di assai piu` consistente.

Gli altri due obiettivi erano impegnare la comunita` internazionale nella prospettiva di uno sforzo finanziario per la ricostruzione e la stabilita` del Libano e discutere le condizioni di un cessate il fuoco. Come sapete, e` su quest'ultimo punto che si sono manifestate le differenze di posizione piu` nette. E` evidente che si tratta di un aspetto essenziale. Credo che non si potesse pensare alla possibilita` di una svolta al riguardo, perche´ mancavano - ripeto - i protagonisti necessari; tuttavia, non c'e` dubbio che qualche passo in avanti, almeno sul terreno dell'impegno assunto, si e` compiuto anche su questo fronte, in particolare rispetto agli impegni che si erano delineati al G8 di San Pietroburgo. L'emergenza umanitaria ha assunto proporzioni drammatiche, come ha sottolineato il primo ministro libanese Fouad Siniora in un intervento di grande intensita`, di grande forza drammatica con cui ha rivolto un appello alla comunita` internazionale. Sono ormai circa 800.000 le persone direttamente o indirettamente coinvolte nell'emergenza umanitaria. L'Italia e` stata uno dei primi paesi a prestare assistenza umanitaria alla popolazione libanese, oltre ad aver condotto con molta efficacia le operazioni di evacuazione dei cittadini italiani, e non solo italiani per la verita`. Infatti non ci siamo limitati ai nostri concittadini e abbiamo raccolto tutti coloro che si sono presentati. In queste operazioni, come sempre, abbiamo registrato una grande efficienza di strutture che appartengono alla pubblica amministrazione, strutture di grande qualita`, guardate con grande ammirazione anche da altri paesi. Mi riferisco in particolare all'unita` di crisi della Farnesina e alla protezione civile che, in collaborazione tra loro e con alcune organizzazioni non governative, con la presenza di due navi italiane nel porto di Beirut e molti mezzi, hanno dato vita alle prime iniziative di solidarieta`.

Il nostro impegno bilaterale e` stato confermato e rafforzato al tavolo della Conferenza, insieme a quello dei principali donatori bilaterali - Stati Uniti, paesi europei e Arabia Saudita - e degli organismi internazionali. E `chiaro che gli aiuti per essere efficaci devono essere tempestivi ed erogati in modo coordinato, in stretta collaborazione con il Governo libanese. Si e` deciso anche, nel corso della Conferenza, di creare un teamwork, affidato all'azione congiunta di Nazioni Unite, Unione europea e Stati Uniti.

Parallelamente la Conferenza ha di nuovo chiesto al Governo israeliano il massimo grado di moderazione. Devo dire sinceramente che questi appelli alla moderazione purtroppo non hanno sin qui raccolto un'eco concreta; basti pensare al bombardamento in cui hanno perso la vita quattro osservatori delle Nazioni Unite o all'uccisione di un numero assai elevato di civili a Gaza nella giornata di ieri. Per tale motivo e` essenziale che l'intera comunita` internazionale continui a premere per evitare che il numero delle vittime innocenti cresca a dismisura in questi giorni. Il Governo israeliano ha comunque deciso l'apertura di corridoi umanitari per consentire l'azione di assistenza e l'erogazione di aiuti e, nella sua visita di marted?` a Gerusalemme, Condoleezza Rice ha discusso l'apertura dell'aeroporto di Beirut per l'effettuazione di voli umanitari che, successivamente, come avete visto, hanno cominciato a svolgersi tra la Giordania e il Libano. C'e` una forte pressione congiunta in questo senso, confermata anche dal comunicato finale dei due Presidenti della Conferenza di Roma. E ` ovvio che questo non basta, ma e` importante.

Nel mio intervento introduttivo alla Conferenza avevo chiesto con chiarezza una tregua per ragioni umanitarie, ovvero una sospensione delle ostilita`, basata su un allargamento progressivo dei corridoi umanitari, delle aree protette, soprattutto quelle che si trovano nella parte piu` a Nord del Paese. La nostra posizione e` chiara. Come ha dimostrato la discussione di Roma, e` difficile che le condizioni di un cessate il fuoco durevole siano raggiunte immediatamente, ma si potrebbe e dovrebbe puntare a conseguire subito una qualche forma di tregua, una sospensione delle ostilita`, almeno in vaste aree del territorio libanese, che permetta di facilitare i soccorsi alle popolazioni civili e che insieme dia tempo alla definizione dei termini di un cessate il fuoco sostenibile.

Cerchero` di spingere in questo senso e, anche per discutere di tali questioni, domenica prossima saro` a Gerusalemme per incontrare le autorita` israeliane. Successivamente questo tema sara` in agenda alla riunione dei Ministri degli esteri dell'Unione europea prevista per marted?` prossimo. Per quanto riguarda la forza internazionale, la Conferenza ha compiuto un passo concreto in avanti rispetto alle formulazioni ancora iniziali del G8. Prima di tutto esiste ormai un consenso politico sostanziale, allargato anche ai Paesi arabi cosiddetti moderati, sulla necessita` di spiegare una forza di sicurezza credibile, capace di garantire in cooperazione con il Governo e l'esercito libanesi, l'attuazione della risoluzione ONU n. 1559. Mandato e composizione della forza verranno discussi dal Consi- glio di sicurezza delle Nazioni Unite. La Conferenza ha sollecitato il Consiglio a riunirsi il piu` rapidamente possibile e so che gia` nei prossimi giorni e` prevista una riunione ministeriale tra i Paesi membri del Consiglio di sicurezza per cominciare a discutere della possibilita` di arrivare presto a una riunione del Consiglio stesso.

Come ho confermato anche nel mio discorso introduttivo alla Conferenza, l'Italia ha gia` manifestato con il presidente Prodi la disponibilita` a contribuire concretamente alla forza internazionale. Si trattera` di una forza sotto il mandato delle Nazioni Unite, che verra` dispiegata, una volta raggiunto il cessate il fuoco, su invito del Governo libanese; una forza che dovra` essere efficace per eseguire il suo mandato, che e` quello di assistere le autorita` libanesi nell'attuazione delle risoluzioni ONU n. 1559 e n. 1680. E ` chiaro che non pensiamo a una forza combattente, ma a una forza di sicurezza che possa istallarsi nel territorio sulla base di un accordo con le parti interessate. Tuttavia e` evidente che, trovandosi in un'area di conflitto, deve essere credibile: non si tratta di una missione di osservatori, ma di una consistente forza di sicurezza, che quindi dovra` impegnare molti paesi in modo significativo.

La nostra posizione e` che la forza internazionale debba avere una partecipazione europea importante. Dall'intervista resa a «Le Monde» dal presidente Chirac, e riportata in parte dal quotidiano italiano «La stampa», risultano l'interesse e la disponibilita` francesi, cos?` come di altri paesi europei.

E `stata inoltre decisa la convocazione di una futura Conferenza dei donatori, che avra` il compito di ricostruire le infrastrutture civili del Libano, ma anche di contribuire al consolidamento delle istituzioni. I partecipanti al tavolo di Roma si sono anche impegnati a collaborare per rafforzare le capacita` dell'esercito libanese, che dovra` riuscire a recuperare il controllo del Libano meridionale. La Conferenza ha espresso un forte e solido sostegno al principio di un Libano sovrano, democratico, indipendente. Sono rimaste le differenze sui termini di un cessate il fuoco, la cui urgenza tuttavia e` stata unanimemente riconosciuta. Una parte - direi la maggioranza ampia dei partecipanti - ha chiesto la cessazione immediata delle ostilita` nella convinzione che a questo possa poi seguire un cessate il fuoco durevole. Questa e` anche la mia posizione. Per alcuni partecipanti, invece, le condizioni del cessate il fuoco devono essere negoziate e costruite per rendere possibile che la sospensione delle ostilita` non segni semplicemente il ritorno a uno status quo ante e, quindi, preluda a una ripresa del conflitto. Intendiamoci, e` preoccupazione comune a tutti che si realizzi una situazione nuova che garantisca la sicurezza di Israele e prevenga il rischio di attacchi terroristici verso il territorio israeliano, con le conseguenti azioni militari di rappresaglia da parte di Israele. E ` dunque evidente che non si vuole tornare alla situazione precedente. Il problema e` se questo cambiamento della situazione debba essere affidato esclusivamente alla forza delle armi, per quanto tempo, con quali conseguenze, o se non si possa pensare a un certo punto - un punto che spero sia il piu` vicino possibile - che la sospensione delle ostilita` lasci il posto a un negoziato per allontanare le forze combattenti e consentire, sulla base di un accordo, che nell'area possa insediarsi una forza internazionale. Naturalmente ieri a Roma non era possibile prendere una decisione del genere, che - ripeto - coinvolge le parti, che non erano presenti. Pero` non c'e` dubbio che, quando abbiamo scritto che bisogna lavorare immediatamente per giungere con la massima urgenza a un cessate il fuoco, abbiamo assunto un impegno che acquista, io credo, una cogenza e un'urgenza che sino ad oggi la comunita` internazionale non aveva mai manifestato. Noi e l'Europa certamente lavoreremo in questo senso al problema della tregua e della definizione di un assetto piu` stabile sia nel rapporto con il Governo di Israele, sia per quanto riguarda un necessario approccio regionale. Nella dichiarazione congiunta conclusiva della Conferenza si dice chiaramente, infatti, che nessun progresso sara` possibile senza una soluzione regionale.

Come ho sostenuto nel discorso introduttivo alla Conferenza, l'impegno comune sul Libano deve essere accompagnato da un parallelo impegno altrettanto importante sul fronte israelo-palestinese, che vede, fra l'altro, un'emergenza umanitaria drammatica a Gaza. Basta leggere su «Il Riformista » di oggi l'intervista a Mustafa Barghouti, uno degli esponenti di quella fragile societa` civile palestinese che certamente non e` schierata con il fondamentalismo, ne´ con l'estremismo. E`una testimonianza drammatica della situazione di Gaza.

Anche a questo proposito vorrei ricordare che l'Italia e` direttamente impegnata dal punto di vista umanitario, in particolare nel settore disastrato della sanita`, con un'azione concreta che e` gia` in corso di svolgimento e che, in parte, si e` gia` svolta.

Oggi sara` qui - credo che sia arrivato - il presidente Abu Mazen che incontrera` il presidente Prodi; con lui successivamente avremo un incontro di lavoro per esaminare insieme la situazione e la possibilita` di un'azione italiana ed europea di sostegno all'Autorita` Nazionale Palestinese. Approccio regionale significa anche coinvolgimento e responsabilizzazione del numero piu` ampio possibile di attori regionali. A Roma erano presenti la Giordania, l'Arabia Saudita e l'Egitto che sono parte di quel mondo arabo sunnita che vede nell'azione di Hezbollah una seria minaccia alla stabilita` regionale e alla propria stessa sicurezza interna. Questi paesi sono nostri partner naturali per uno sforzo di stabilizzazione regionale.

E `un tema piu` complesso, con il quale tuttavia ci si deve misurare, il coinvolgimento della Siria e dell'Iran in uno sforzo di stabilizzazione e di pacificazione della regione. Siria ed Iran non erano parte del gruppo di paesi che ha partecipato alla Conferenza di Roma. D'altro canto invitare la Siria a una conferenza sulla stabilita` del Libano non sarebbe stato opportuno; quando questo fu fatto, nel 2005, si tratto` di un'iniziativa ardimentosa. Lo stesso vale per certi aspetti anche per Israele: sono due paesi che per ragioni storiche difficilmente possono essere partner di un esercizio di questo tipo.

Tuttavia e` abbastanza evidente che, se si vuole spezzare una spirale negativa, e` necessario coinvolgere questi paesi affinche` essi siano invitati ad essere parte della ricerca di una soluzione anziche´ parte del problema. Anche in questo senso intendiamo adoperarci e, per la verita`, come e` noto, abbiamo gia` avviato un dialogo, un contatto per lo meno con l'Iran, stanti le visite nel nostro Paese sia del ministro degli esteri iraniano Manouchehr Mottaki, sia del dottor Ali Larijani, che e` il consigliere per la sicurezza nazionale del Presidente ed e` il capo negoziatore che discute con il gruppo dei paesi europei la questione del nucleare.

Siamo, dunque, nel vivo di una situazione molto complessa e drammatica. Condivido il sentimento dell'opinione pubblica, di cui mi sento parte, che misura quanto l'azione politica e diplomatica sia stata, fino a questo punto, insufficiente rispetto alla violenza del conflitto, alle immagini di guerra. Cio` nonostante, mi corre l'obbligo di sottolineare che quest'azione esiste, che gli obiettivi che ci proponiamo sono ambiziosi, anche se sinora si sono compiuti soltanto alcuni passi. Sono altres?` convinto che l'obiettivo piu` ambizioso che ci si deve porre vada molto al di la` di un «cessate il fuoco», di una fragile tregua. In fondo, la lunghissima storia dei conflitti nel Medio Oriente ha conosciuto tante tregue, tanti «cessate il fuoco» ma tante volte anche l'illusione di una soluzione militare. Il primo ministro libanese Siniora ricordava che Israele ha invaso il Libano sette volte sempre con l'idea di liberarsi di una minaccia e tutte le volte ritrovandosi ad avere un'accresciuta minaccia ai suoi confini. Non esiste una soluzione militare di questo infinito conflitto: ci puo` essere soltanto una soluzione politica che bisogna costruire con pazienza e con rispetto delle esigenze dei popoli coinvolti.

Nel momento in cui avvertiamo cos?` vicina la sofferenza dei libanesi e dei palestinesi, non possiamo non vedere come, in questi giorni, Israele sia stata colpita come non avveniva da moltissimo tempo, con il bombardamento di una parte del Paese, di una delle citta` piu` importanti, Haifa. Certamente l'opinione pubblica israeliana ha percepito una minaccia rivolta all'esistenza stessa dello Stato d'Israele. Mai come in questo momento e` necessario equilibrio: e` necessario manifestare la capacita` dell'Italia di essere egualmente vicina alle sofferenze, alle aspirazioni legittime dei popoli della regione, esercitando per intero il ruolo di grande paese europeo nel Mediterraneo che - nelle condizioni date e misurandosi realisticamente con i rapporti di forza internazionali - cerca di portare avanti nuovi processi di pace e di distensione per costruire uno scenario nuovo per quella tormentata area.

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