Discorso
12 ottobre 2006

Intervento per la celebrazione della giornata delle Americhe

Testo dell'intervento


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Celebrare oggi insieme la Giornata delle Americhe è per me un motivo di soddisfazione e riveste un rilievo particolarmente significativo poterlo fare nella sede di Palazzo Giustiniani.

Vorrei quindi ringraziare il Presidente del Senato, Sen. Franco Marini, per avere ospitato oggi questo evento.

Questa celebrazione della Giornata delle Americhe costituisce un appuntamento ormai tradizionale, segno dell'esistenza di un legame profondo tra l'Italia e i Paesi delle Americhe. Ritengo però significativo il fatto che questa volta ci incontriamo in un luogo dove si esprime la sintesi delle istanze democratiche in ciascuno dei nostri paesi. Vorrei che sempre di più lo spirito che unisce i nostri paesi e i nostri popoli, prima ancora che i nostri governi, fosse infatti determinato dalla consapevolezza di costituire insieme una comunità di valori che si esprime attraverso un rapporto fra individui, comunità e Stati e gli organi che li rappresentano: in primo luogo quindi i Parlamenti. Il primo tra questi valori è quello della democrazia con la partecipazione dei nostri popoli liberi alle determinazioni delle istituzioni e al progresso sociale.

Le Americhe da sempre, direi da quel lontano 12 ottobre di oltre 500 anni fa, sono state per gli italiani, prima ancora che esistesse uno Stato unitario, terre di opportunità, in definitiva terre di libertà. Libertà dal bisogno, in primo luogo, ma anche libertà dalla paura e dall'oppressione. Terre dove gli ideali di democrazia nati nel vecchio continente hanno trovato nuove e più mature forme di espressione. Penso naturalmente alla Costituzione degli Stati Uniti, che in oltre 200 anni di storia rimane un punto di riferimento per tutti gli uomini e le donne che cercano più avanzate forme di partecipazione al governo dei propri paesi e sono consapevoli dell'esistenza di un diritto ad aspirare alla felicità. Penso al modello di equilibrio culturale e sociale costituito dall'esperienza canadese. Mi riferisco poi all'America Latina, quello che è stato definito l'“altro occidente” o l'“estremo occidente”, repubbliche che germogliavano grazie all'impulso dei libertadores mentre l'Europa viveva nel clima della restaurazione e della repressione delle spinte all'indipendenza nazionale e alla crescita democratica.

Esiste un flusso continuo di idee e uomini che da una parte e dall'altra dell'Oceano Atlantico hanno contribuito a creare una civilizzazione comune, fatta di diverse culture, ma accomunata da valori condivisi. Da Filippo Mazzei, che lavorò con Jefferson alla Costituzione degli Stati Uniti, a Simon Bolivar, che nel 1805 lanciò da Roma con il “giuramento di Monte Sacro” il processo di liberazione di immense distese del Sud America, fino a Garibaldi, di cui l'anno prossimo celebreremo i 200 anni dalla nascita: tanti italiani e uomini delle Americhe, potremmo dire tanti italo-americani, dando a questa definizione un carattere ampio che abbraccia la capacità di sintesi tra le diverse culture.

Vorrei che questa giornata fosse vissuta come un'occasione di omaggio all'impegno di tanti protagonisti del passato: non solo quelli noti, tra i quali ho menzionato alcuni nomi, ma anche e soprattutto i protagonisti che non hanno più un nome per la memoria collettiva, ma lo hanno nel ricordo dei singoli e delle tante famiglie consapevoli dei sacrifici dei propri avi che hanno lasciato le terre d'origine in Italia per approdare alla ricerca di una vita e di un mondo nuovo. Vorrei anche rendere omaggio alle culture più antiche del continente americano, che con la loro diversità possono ancora arricchire la capacità di tutti noi di pensare e vivere nel nostro mondo comune.

Vorrei anche che questa giornata fosse vissuta come un'occasione di omaggio e un'offerta di opportunità ai tanti che ancora oggi cercano la giustizia, la dignità, la pace e la libertà che spesso non riescono a trovare nei loro luoghi di nascita. Insieme i nostri paesi possono contribuire ad offrire a questi uomini e donne un futuro migliore, impegnandoci anche a rendere migliori le nostre società. Dobbiamo dimostrare di saper accogliere le energie che provengono da uomini e donne che ormai attraversano l'Atlantico in entrambe le direzioni: sono una ricchezza per noi tutti.

L'Italia è consapevole della necessità di affrontare insieme le sfide del futuro senza rapporti a senso unico, senza dimenticanze colpevoli, ma con la volontà di costruire una comunità di valori che ci porti a superare differenze anche sociali tra i nostri paesi e di contribuire alla pace e allo sviluppo anche in altre regioni del mondo.

A tal fine i rapporti bilaterali non sono sufficienti. Dobbiamo operare nel contesto di un multilateralismo efficace, che per l'Italia trova come primo punto di riferimento l'azione dell'Unione Europa. Con il Canada e gli Stati Uniti, oltre alla comune appartenenza all'Alleanza Atlantica, che in primo luogo è un'organizzazione politica caratterizzata da una comunanza di valori, è anche particolarmente vivace e incisiva la collaborazione sviluppata in un contesto di rapporti che fanno capo all'Unione Europea.

Per noi è comunque importante una visione d'insieme delle Americhe: per questo siamo qui insieme oggi, per questo il nostro impegno multilateralista si esprime anche attraverso la partecipazione all'Organizzazione degli Stati Americani. Siamo orgogliosi di essere uno dei tre soli paesi europei membri osservatori dell'Organizzazione. In questo ambito un importante strumento è inoltre costituito dalla Legge del 1992, che consente all'Italia di contribuire a programmi realizzati da organizzazioni internazionali, Stati esteri ed enti italiani e stranieri nei settori della pace, della sicurezza e della tutela dei diritti umani. Vorrei in particolare rammentare le iniziative che abbiamo finanziato tramite l'OSA che, nonostante la limitatezza delle risorse disponibili, hanno prodotto vaste ricadute positive.

Con il Messico, il Centro America, i Caraibi e l'America del Sud intendiamo sviluppare forme di cooperazione sempre più intensa e matura attraverso una rete di accordi e impegni concreti che hanno per protagonista l'Unione Europea e, nella misura del possibile, le forme di integrazione regionale in America Latina e nei Carabi: accordi e impegni che l'Italia incoraggia e sostiene attivamente.

In tale ambito l'Italia vuole essere protagonista di una nuova fase nelle nostre relazioni, prestando attenzione a tutti gli interlocutori dell'area. Per il governo questa è una priorità, come ho avuto modo di sottolineare già in Parlamento. Per troppo tempo abbiamo prestato un'attenzione forse non sufficiente ai rapporti politici ad alto livello con l'insieme dei vostri paesi e con ciascuno di essi. Io sono già stato a Washington, tra pochi giorni il Sottosegretario Craxi sarà in Canada, il Sottosegretario Di Santo è fortemente impegnato in un'azione volta a rilanciare i nostri rapporti con l'America Latina e i Caraibi. Ricordo le sue visite: in luglio in quattro paesi dell'America del Sud, da pochi giorni è tornato da quattro paesi dell'America Centrale e credo che prima della fine dell'anno toccherà altre parti della regione in altre articolate missioni.

Naturalmente siamo sempre molto lieti di ricevere a Roma i vostri rappresentanti e ringrazio gli Ambasciatori qui presenti per il loro impegno in tal senso. E' una grande fortuna per il governo italiano poter disporre di un campo di casa come quello offerto da Roma, con la sua straordinaria capacità di attrazione dovuta non solo al rilevo politico ed economico dell'Italia, ma anche all'importanza culturale e spirituale di questa città, che - occorre non dimenticarlo - è anche sede di un importante polo del sistema delle Nazioni Unite. Le visite degli esponenti dei paesi delle Americhe a Roma sono quindi molto gradite, ma noi vogliamo anche essere più presenti nelle vostre capitali. Mi propongo di effettuare presto una prima missione in America Latina e so che anche il Presidente Prodi ha allo studio per il prossimo anno una sua visita in questa regione per noi così prioritaria.

Riconosciamo gli elementi di novità che emergono dall'America Latina: da una crescita economica che, pur con persistenti condizionamenti dovuti ai fenomeni di esclusione sociale e arretratezza, si presenta elevata e spesso associata a importanti aspetti di più giusta distribuzione delle risorse, a una crescita democratica che se per un lato ha assistito a fasi difficili per altro lato vede confermato il suo radicamento nel fatto che anche gli eventi più critici si siano sempre conclusi lungo vie istituzionali. Ricordo poi l'affacciarsi sulla scena istituzionale di popolazioni originarie che “scommettono” sulla democrazia. L'Italia, a sua volta, vuole anch'essa partecipare a una scommessa sulla democrazia e lo sviluppo del potenziale sociale, umano ed economico dei popoli dell'America Latina e dei Caraibi. Pensiamo di poterlo e di doverlo fare, non solo da soli bilateralmente e ma anche con i partner dell'Unione Europa. Al riguardo ho accennato prima al ruolo dell'Italia nell'OSA, ma penso anche a quello che ci viene riconosciuto, a partire dall'imminente vertice di Montevideo, nel contesto del Vertice Ibero-Americano. E' infatti evidente il ruolo storico che l'Italia, al pari della Spagna e del Portogallo, ha in America Latina; un ruolo che noi vogliamo però soprattutto proiettato verso il futuro con l'obiettivo di renderci interpreti in Europa delle particolari sensibilità dei paesi della regione.

Naturalmente il contesto bilaterale rimane cruciale e per questo dobbiamo rafforzare gli strumenti a nostra disposizione. Non è necessario inventare nuove strutture, si tratta di valorizzare ciò che già abbiamo di valido. Penso in particolare all'Istituto Italo Latino Americano. Coglieremo anche l'occasione delle celebrazioni del 40° anniversario della fondazione dell'Istituto, che ricorre quest'anno in dicembre, per valorizzare quanto è stato sinora fatto e soprattutto per dare nuovo impulso alla nostra futura azione nella regione attraverso uno strumento che coinvolge insieme i rappresentanti di tutti i paesi della regione con quelli dell'Italia.

Strumenti di azione e volontà politica debbono essere al servizio di un progetto. Occorre sviluppare una visione d'insieme e chiare linee strategiche per il nostro futuro impegno. Anche in questo caso pensiamo in termini d'insieme, di creare nuove prospettive di sviluppo, di rafforzare le tendenze già esistenti e di farlo tenendo conto degli equilibri che riguardano tutto il continente americano. Ciò che accade nell'emisfero meridionale è infatti nell'interesse di tutti anche nel nord delle Americhe e in Europa, naturalmente con particolare riguardo all'Italia.

Per questo, ci proponiamo di procedere con un approccio concreto e basato su scadenze temporali affinando il coordinamento tra le varie Amministrazioni ed entità interessate, allargando eventualmente le occasioni di consultazione a rappresentanti degli enti locali, del mondo economico e della società civile ed ispirandoci ad alcuni esempi di costruzione dei rapporti bilaterali recentemente sperimentati per altre realtà geografiche. In questo contesto vorremo anche utilizzare al meglio le conoscenze della società civile italiana, avvalendosi -anche in modo informale- della collaborazione degli istituti di ricerca e del mondo accademico. Ricordo in proposito i Seminari, che sta organizzando il CeSPI, Centro Studi di Politica Internazionale, con la collaborazione della Farnesina che riguardano l'America Latina e i rapporti con la società civile, gli attori economici, il mondo universitario e culturale e la comunità latinoamericana in Italia. Ricordo anche i separati seminari che il RIAL (Rete Italia America Latina) organizza a Milano da qui a novembre sulle rimesse degli immigrati, sugli strumenti innovativi di finanziamento e sui biocarburanti. Tutti temi di rilievo che ci riguardano tutti anche perché sono stati trattati nel contesto del G8.

L'insieme di queste occasioni di riflessione potrà così generare un'accumulazione di valutazioni utili a definire una vera e propria strategia sull'azione italiana verso l'America Latina.

Come vedete abbiamo molte idee, abbiamo già fatto molto in poco tempo e c'è una forte volontà politica di rendere il nostro un rapporto che vada oltre la constatazione dello straordinario vincolo di sangue tra i nostri paesi, ma guardi soprattutto al futuro. Per costruire insieme un avvenire di sviluppo, libertà e democrazia condivisi dobbiamo naturalmente lavorare insieme e per questo è importante l'attivo sostegno del Parlamento, oggi qui tanto autorevolmente rappresentato e di tutti i paesi interessati, dei quali saluto molto cordialmente i rappresentanti diplomatici, con l'auspicio di ritrovarci tra un anno a tracciare un primo positivo bilancio del nostro comune impegno.

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