Discorso
11 dicembre 2006

Roma - Intervento alla cerimonia per il 40° anniversario dell'Istituto Italo-latinoamericano (IILA)

Testo dell'intervento


Signor Presidente,
Signor Segretario Generale,
Signor Carlos Fuentes,
Signor Ministro degli Esteri del Nicaragua,
Signora Segretario di Stato per l'Iberoamerica,
Senatore Andreotti,
Professor Mirabelli,
Eccellenze,
Signore e Signori


Sono molto lieto di poter intervenire alla celebrazione di questo quarantesimo anno di vita dell'Istituto Italo Latino-Americano.

Una celebrazione densa di significati come lo è quest'Istituto che ha la finalità meritoria di promuovere rapporti sempre più stretti tra l'Italia e i Paesi dell'America latina. Paesi ai quali l'Italia si sente legata da vincoli del tutto particolari, sul piano politico economico culturale e storico, ma anche affettivo, in virtù della presenza di milioni di discendenti di Italiani che hanno caratterizzato le relazioni tra il nostro Paese e il subcontinente latinoamericano.

L'Italia intende adoperarsi per valorizzare maggiormente la specialità di questi rapporti, sul piano sia bilaterale che dei rapporti tra il subcontinente e l'Unione Europea che costituisce la dimensione primaria in cui si esprime la politica estera dell'Italia così come quella dei nostri partners europei.

Sapete bene quanto l'attuale governo italiano tenga ad adoperarsi in questa direzione. Sin dal momento in cui il Presidente Prodi ha illustrato al Parlamento le linee programmatiche dell'esecutivo, e come ho avuto modo di sottolineare io stesso in più occasioni, abbiamo indicato nell'intensificazione dei rapporti con i Paesi dell'America Latina ed i Caraibi un obiettivo qualificante e prioritario della nostra politica estera. Ciò significa anche che intendiamo operare affinché l'Italia si affermi come punto di riferimento in Europa, attento e aperto alle istanze dell'America Latina.

Questo rilancio dell'attenzione dell'Italia verso l'area si inserisce in un momento di particolare rilevanza per il subcontinente. L'America Latina sta vivendo in questi mesi una stagione di trasformazioni e di novità di sicuro interesse. Un dinamismo che trova espressione immediata nel tasso di crescita registrato dalle economie della regione a superamento di una difficile fase di stagnazione; ma anche sul piano politico, nel fitto calendario di consultazioni elettorali tenutesi negli ultimi mesi.

Il ritrovato dinamismo dell'economia offre alla classe dirigente latinoamericana, quella che viene consolidandosi per la forza della democrazia, un'opportunità che è al tempo stesso una sfida. Quella di tradurre la crescita economica in condizioni di benessere diffuse a vantaggio di tutti gli strati sociali della popolazione.

Non ci si puo' nascondere la difficoltà del perseguimento di questo obiettivo. Del resto la storia del subcontinente latinoamericano è intessuta di occasioni in parte mancate e di promesse non completamente mantenute. E non solo, come per egoismo di comodo siamo sovente propensi a credere in questa parte del mondo, per responsabilità e inadeguatezze di classi dirigenti e popolazioni locali; ma anche a causa delle negligenze, delle contraddizioni se non a volte del concorso attivo e primario delle politiche che hanno spesso avuto origine nei Paesi più grandi e sviluppati.

Anche per questo non possiamo non sentire un obbligo di solidarietà nei riguardi dei Paesi dell'America latina. Non puo' non sentirlo l'Italia, che è in grado di offrire un contributo speciale in ragione della specialità delle risorse su cui esso puo' far leva. Risorse materiali la cui testimonianza più immediata è data dalla presenza di una vasta comunità di italiani emigrati in America latina, che si sono integrati ed amalgamati appieno nelle società che li hanno accolti senza per questo recidere il legame vitale con il Paese dei loro avi, come testimonia la presenza nel Parlamento italiano di rappresentanti eletti direttamente da quelle comunità.

Una risorsa alla quale corrisponde specularmente quella delle comunità di cittadini latinoamericani che hanno fatto dell'Italia la loro patria d'elezione e che offrono un contributo prezioso al progresso del nostro Paese; un contributo non di rado eroico, come ci rammenta il tragico esempio di Irina Noelia Palacios Cruz, la cittadina honduregna che lo scorso agosto sacrificò la propria vita nelle acque dell'Argentario per salvare quella della bambina che era stata affidata alle sue cure di baby-sitter.

Nel rendere più intenso e reciprocamente proficuo il dialogo con i Paesi dell'America latina l'Italia puo' valersi anche di una risorsa immateriale non meno importante: una predisposizione in un Paese cosmopolita come il nostro se non addirittura congenita, sicuramente storicamente consolidata al dialogo ed al confronto costruttivo con l'”altro”. Per descrivere con altre parole questa che è sicuramente una nostra grande qualità prenderei a prestito, invertendone i termini, quello che Carlos Fuentes ebbe a dire degli Stati Uniti: quello che sappiamo fare peggio, è capire noi stessi; quello che sappiamo fare meglio, è capire gli altri.

Nella cornice che ho descritto, e per i motivi che ho appena illustrato si tratta di una cornice particolarmente propizia, il salto di qualità che intendiamo far compiere ai nostri rapporti con i Paesi dell'America latina non deve essere circoscritto alla dimensione dei buoni propositi, ma puo' e deve tradursi in iniziative concrete.

La concretezza che auspico ha trovato innanzitutto espressione nella intensificazione degli incontri politici e istituzionali che hanno avuto luogo qui a Roma, così come nella realizzazione delle numerose visite che il Sottosegretario Di Santo ha effettuato nella regione. Io stesso mi recherò tra la fine di dicembre ed i primi di gennaio in Cile, in Brasile ed in Perù. Per il 2007 sono previste altre importanti missioni nei Paesi dell'area.

L'agenda del nostro dialogo con questi Paesi è vasta; i suoi obiettivi sono ambiziosi, e coerenti con la vocazione profonda e più nobile della politica estera italiana: la diffusione di una cultura della libertà e del dialogo tra i popoli; la stabilizzazione ed il consolidamento dei processi di democratizzazione e di pace; politiche sociali pubbliche e di lotta alla povertà e alle malattie; la tutela dell'ambiente, la lotta al terrorismo, alla proliferazione, al narcotraffico ed alla criminalità organizzata, compreso il traffico di esseri umani, ed il sostegno ai processi di integrazione regionale.

Fra gli strumenti a nostra disposizione per raggiungere questi obiettivi, una posizione preminente spetta all'Istituto Italo Latino Americano. La creazione nel 1966 di questo organismo internazionale ha permesso che i nostri legami potessero intensificarsi non solo attraverso una accentuazione di quel comune senso di “fratellanza” che da sempre ci accomuna.

L'IILA ha infatti svolto sino ad oggi numerosissime ed importanti attività non solo di studio e di ricerca, ma anche riguardanti iniziative concrete di collaborazione in tutti i settori di intervento (culturale, socio-economico, tecnico-scientifico, della cooperazione allo sviluppo), con effetti estremamente positivi per tutta l'area latinoamericana e caraibica. Penso, ad esempio, ai numerosi progetti di cooperazione allo sviluppo che l'Istituto realizza, anche con l'appoggio del nostro Paese, a sostegno di alcune realtà locali. L'IILA svolge dunque un ruolo importante e meritevole di apprezzamento. Un ruolo che puo' essere potenziato ulteriormente. Penso innanzitutto ad un tema che, come Italia, ci sta particolarmente a cuore: il rapporto tra America Latina e Unione Europea e i meccanismi di integrazione regionale. Sono persuaso che una lobby latino-americana nell'Unione Europea sia un obiettivo che ci possa accomunare senza intenti di competizione ad altri grandi Paesi come la Spagna e il Portogallo, che vantano storicamente solidi rapporti con l'America Latina. L'Italia è inoltre convinta che solo l'approfondimento dei processi di integrazione, di pari passo con il rafforzamento dei rapporti tra l'America latina a l'Unione Europea, possa fornire risposte efficaci alle sfide economico-sociali che il subcontinente ha dinanzi a sé.

L'Italia ha sempre svolto un ruolo di primo piano per il consolidamento di relazioni strategiche tra l'UE ed i Paesi dell'America Latina e dei Caraibi, favorendo in particolare i negoziati di associazione dell'UE con i vari raggruppamenti regionali latinoamericani (Mercosur, Comunità Andina, America Centrale e Cariforum). Anche in tale contesto, ne sono certo, l'IILA potrebbe apportare un contributo di sicura utilità. Sono poi dell'avviso che l'IILA potrebbe apportare un contributo efficace – oltre che nei settori dell'ambiente, dello sviluppo sostenibile, della tutela del patrimonio archeologico ed artistico – anche nella lotta alla povertà ed agli squilibri socio-economici; non solo con iniziative di studio e di cooperazione, ma anche con programmi di formazione.

Vorrei concludere ponendo l'accento sull'importanza che riveste per noi la giornata odierna. Quella di oggi puo' essere infatti una giornata importante, non solo dal punto di vista celebrativo, se questo nostro incontro, e le riflessioni, i suggerimenti e le proposte che ne emergeranno, consentirà di elaborare una articolata strategia di azione futura, tale da accrescere ancora di più il ruolo ed il profilo dell'IILA. Sarà questo il modo migliore di rendere omaggio alla realtà di questo prestigioso Istituto ed alla lungimirante visione politica del suo fondatore, Amintore Fanfani, che desidero ricordare anche come uno dei maggiori interpreti della politica estera italiana del dopoguerra. Una politica estera autenticamente italiana, non di questa o quella parte, e che vede nella relazione con l'America Latina uno dei suoi capisaldi intramontabili.

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