Discorso
13 febbraio 2007

"Politica estera italiana e sicurezza energetica: la prospettiva europea"<br>

Testo dell'intervento


Caro Pierluigi,
Signor Commissario,
Signori rappresentanti del Corpo Diplomatico e delle Istituzioni nazionali,
Illustri imprenditori,

Sono particolarmente lieto di aprire i lavori di questo simposio. Un consesso così qualificato in questa Sala delle Conferenze Internazionali è la riprova della centralità che spetta ai temi energetici anche nel quadro della politica estera italiana.

La linea di azione politica tracciata dal Governo italiano trova la sua dimensione primaria nel quadro dell'Unione Europea. Il tema di questa tavola rotonda e la presenza del Commissario europeo Andris Piebalgs, che ringrazio per avere accolto il nostro invito, vogliono essere un segno tangibile di questo indirizzo.

Rivolgo il mio cordiale saluto al Corpo Diplomatico qui presente, ai rappresentanti delle Istituzioni nazionali e agli oratori che hanno accettato di portare il loro contributo di pensiero a questa Tavola Rotonda: al Presidente dell'Autorità per l'Energia Elettrica ed il Gas, Alessandro Ortis, agli Amministratori delegati di ENI, Paolo Scaroni, ed Enel, Fulvio Conti e al dott. Chicco Testa, Presidente del Comitato organizzatore del 20° Congresso mondiale dell'energia.

Desidero in particolare ringraziare il Ministro Bersani, per aver condiviso con me l'iniziativa odierna ed essere personalmente presente.

Vorrei svolgere tre riflessioni, prima di passare la parola al Ministro Bersani e ascoltare il Commissario Piebalgs, che ci illustrerà i punti salienti del "pacchetto energia" adottato dalla Commissione lo scorso 10 gennaio, che sarà assieme alla Strategia di Lisbona il principale tema nell'agenda dei Capi di Stato e di Governo, al prossimo Consiglio Europeo del 8-9 marzo.

Il punto di partenza è la constatazione di un fatto. Le crisi energetiche che hanno colpito l'Europa nei mesi scorsi e gli allarmi sempre più ricorrenti sui rischi del cambiamento climatico dimostrano che la questione energetica è fra le priorità dell'agenda politica continentale. L'Unione, nel suo massimo organo che è il Consiglio Europeo, è chiamata a prendere delle decisioni di vasta portata. Si tratta infatti di scelte che avranno influenza trasversalmente su tutte le più significative politiche europee.

Affinché le iniziative della Commissione siano efficaci, è necessario che gli Stati Membri siano disponibili a un nuovo impegno in spirito di collaborazione e coesione, integrando i vantaggi ottenuti dal processo di liberalizzazione dei mercati nazionali, ancora in corso in molti paesi, con una prospettiva di più ampio respiro.

Inoltre, è necessario porre il rapporto con i paesi emergenti in materia energetica sotto una nuova luce: non credo che la prospettiva corretta possa confinarsi ad un antagonismo o ad una competizione serrata per le fonti di energia. I Paesi emergenti, al contrario, possono rappresentare una opportunità anche per noi e con il loro sviluppo possono responsabilmente contribuire alla nostra sicurezza, competitività e ai nostri impegni contro il cambiamento climatico.

Le partnership energetiche non devono esaurirsi in un semplice rapporto di fornitura. Dobbiamo promuovere con i nostri partner rapporti di collaborazione ed interdipendenza, basati non solo sulla reciprocità energetica in un'ottica non discriminatoria, ma anche su un più vasto partenariato economico di carattere strategico, coerente anche con le politiche di aiuto allo sviluppo. Sono particolarmente lieto di rilevare come gli accordi stipulati recentemente dalle nostre maggiori aziende del settore - quello tra ENI e Gazprom, per fare un esempio - rechino un contributo importante in questa direzione.

Oggi, governo dell'energia significa governo di tre criticità:

- la sicurezza delle forniture;
- la competitività del sistema economico;
- la lotta al cambiamento climatico.

La mia prima riflessione concerne dunque la sicurezza delle forniture.

Oggi l'Europa dipende per il 40 per cento dei suoi consumi dalle importazioni. L'Italia fra i grandi Paesi europei costituisce l'elemento di maggior vulnerabilità, poiché per soddisfare il proprio fabbisogno dipende dall'estero per quasi il 90 per cento.

In questo contesto, la disparità delle forze in gioco fa sì che i singoli Paesi siano deboli nei negoziati con i grandi Paesi produttori. La crisi del gas dell'inverno scorso ed il recente accordo fra Russia e Algeria per le vendite di gas sono la prova che i tradizionali equilibri fra paesi consumatori e paesi produttori tendono a spostarsi a favore di questi ultimi. Questo il problema che abbiamo di fronte e che richiederebbe per essere affrontato efficacemente una maggiore coesione fra le politiche europee verso grandi produttori, anzitutto la Russia. La realtà è ancora quella di approcci non coordinati - mentre sono i produttori a coordinarsi (e non può essere scartata del tutto la possibilità di un futuro cartello del gas).

La sicurezza energetica non è prerogativa o obiettivo di un singolo paese, bensì riguarda tutti gli Stati Membri dell'Europa e presuppone appunto un rapporto fra fornitori e consumatori: si tratta del principio della indivisibilità della sicurezza energetica che, pur nel rispetto delle scelte nazionali in materia di mix di combustibili, deve essere affrontato nel suo insieme.

Perseguire la sicurezza energetica esclusivamente a livello nazionale rischia di essere solo un'illusione. Peggio: un errore strategico.

La precondizione di una politica energetica comune è, innanzitutto, la creazione di un unico mercato continentale con regole condivise da tutti. Il mercato dovrà essere in grado di rimediare alla rigidità dei sistemi attuali e introdurre nelle transazioni energetiche quella fluidità di cui tutti, dopo i recenti blackout e le crisi del gas, sentiamo la necessità. Per migliorare la sicurezza degli Europei occorre realizzare da subito una piena interconnessione elettrica, anche facendo ricorso alle risorse previste nei programmi TEN, ed un coordinamento più efficace nella gestione delle reti.

Ma la politica comune non può limitarsi solo agli aspetti interni all'Europa: essa deve essere in grado di indicare le linee-guida per una efficace azione esterna sulle questioni energetiche.

Specialmente nell'energia il confine fra politiche interne ed esterne dell'Unione è sempre più sottile. I Governi e la Commissione dovranno assicurare la massima coerenza per conseguire gli obiettivi che ci poniamo.

Questo sforzo di coerenza dovrà essere conseguito anche nei confronti delle altre politiche dell'Unione: difesa dell'ambiente, tutela della concorrenza, politica commerciale.

Il problema della diversificazione dei fornitori e del riequilibrio del mix delle fonti primarie non può essere messo da parte. Infatti, a seguito dei fenomeni di liberalizzazione dei mercati e della crescente attenzione alle emissioni di CO2, da alcuni anni l'Europa registra una crescente dipendenza da una unica fonte, il gas naturale. Il nostro Paese, in particolare, già oggi è esposto verso il gas in misura molto rilevante, con una dipendenza di circa il 50 per cento per la produzione elettrica e una dipendenza per usi civili pari al 53 per cento dei consumi finali di energia.

Credo sia evidente a tutti come dinamiche di questo tipo non siano sostenibili nel lungo termine, soprattutto se si considera che l'Europa importa questa materia prima da pochissimi paesi.

Il primo passo quindi è costituito da un consolidamento dei rapporti con il partner russo - fondato su condizioni di vera reciprocità - e, in parallelo, dalla ricerca di rotte aggiuntive per il transito.

In questo scenario la Turchia riveste un ruolo fondamentale per l'Unione Europea, in quanto snodo strategico per il transito delle risorse energetiche dall'area del Mar Caspio.

Il Mediterraneo deve essere per una altra priorità. In realtà, tutta l'area a sud-est dei nostri confini verso l'Asia centrale sarà una via di crescente importanza strategica per i rifornimenti energetici dell'Italia e dell'Europa. Anche per questa ragione - sicurezza energetica - è importante completare l'allargamento a sud-est dell'Unione Europea. Dobbiamo promuovere una Comunità energetica analoga a quella dei Paesi dell'Europa del Sud Est. L'Italia è pronta ad ospitare la sede del Segretariato della cooperazione energetica euro-mediterranea.

Ma la nuova politica energetica europea non può fondarsi interamente sul gas. Essa ha bisogno di almeno tre pilastri:

1) il risparmio e l'efficienza energetica. In tale ambito, ove esistono ampi margini di intervento, l'Italia rappresenta un modello per gli stessi partner europei. Infatti, l'Italia si è dotata di un meccanismo, unico in Europa, che prevede la definizione di obiettivi vincolanti di efficienza che le utility energetiche devono rispettare (i cosiddetti Certificati Bianchi);

2) la diversificazione del mix di combustibili, da realizzare in primo luogo sviluppando le energie rinnovabili. In questo settore occorre essere dotati sia di visione che di realismo, tenendo conto dei vincoli economici e tecnologici che le rendono attualmente purtroppo poco competitive. Inoltre, è necessario sfruttare le migliori tecnologie per l'utilizzo del carbone pulito e poi, in quei paesi che ne hanno sostenuto lo sviluppo, utilizzare anche la tecnologia nucleare;

3)la ricerca nelle energie del futuro. La strategia europea per l'innovazione deve trovare nell'energia un terreno di applicazione privilegiato, sia per quanto riguarda la ricerca di maggiore efficienza che lo sviluppo di nuove fonti. E' necessario che il nostro paese si mobiliti insieme all'Europa, valorizzando intelligenze e capacità di innovazione per acquisire una leadership sulle tecnologie energetiche ancora in embrione e più promettenti. La sfida del lungo periodo, quella dell'affrancamento dai combustibili fossili, passa - e non potrebbe essere altrimenti - attraverso la ricerca e l'innovazione.

Questi tre strumenti per la sicurezza degli approvvigionamenti (efficienza, diversificazione, innovazione) sono al tempo stesso fattori per affrontare il problema dei prezzi e della competitività dell'economia.

Passo così alla mia seconda considerazione, concernente la competitività del sistema economico.

Il prezzo dell'energia elettrica in Italia è più alto della media europea. Questa anomalia si spiega in gran parte con il diverso mix di combustibili utilizzato per la generazione elettrica. Il resto d'Europa, infatti, si affida al nucleare o al carbone per coprire gran parte dei propri fabbisogni elettrici, mentre l'Italia è l'unico paese in cui, ancora oggi, una quota rilevante della produzione deriva da olio combustibile o da gas naturale, il cui prezzo è strettamente correlato a quello del greggio.

In questo contesto dobbiamo guardare alle moderne tecnologie per l'utilizzo del carbone pulito, come a una possibilità concreta di contenere i futuri rialzi di prezzo dell'energia e contribuire alla stabilità del sistema. Il carbone, infatti, è una fonte economica, abbondante e diffusa in molte aree del pianeta. Pertanto, anche nell'ottica di accelerare il raggiungimento di risultati ottimali, è indispensabile che l'Europa continui a promuovere e sostenere la ricerca relativa al carbone pulito.

Giungo, infine, alla terza riflessione centrale di politica energetica internazionale: la gestione del cambiamento climatico, che non possiamo trascurare, anche in un dibattito focalizzato sulla sicurezza energetica.

Le analisi delle ultime settimane hanno confermato che il global warming rappresenta una delle sfide più importanti che il mondo si trova ad affrontare nel prossimo futuro. Proprio per l'urgenza crescente di trovare soluzioni efficaci, dobbiamo andare oltre il Protocollo di Kyoto.

In primo luogo, un problema globale non può essere affrontato esclusivamente con un approccio locale. Su questo argomento è giusto che l'Europa continui a esercitare il ruolo di guida, ma è necessario adoperarsi maggiormente per coinvolgere le altre principali economie. Da qui l'esigenza di affrontare concretamente il tema all'interno del dialogo transatlantico - dove possiamo far leva sulla maggiore sensibilità sull'argomento di cui l'Amministrazione americana ha recentemente dato prova - ed in occasione delle periodiche consultazioni con le maggiori economie emergenti, India e Cina soprattutto.

In secondo luogo, all'interno della stessa Europa, il periodo iniziale di attuazione del Protocollo di Kyoto è stato caratterizzato da inefficienze e distorsioni alle dinamiche competitive.

In terzo luogo, la prospettiva temporale del Protocollo di Kyoto - fino al 2012 - è troppo limitata e non consente di programmare in modo efficiente i necessari investimenti in nuovi impianti e nuove tecnologie.

È dunque necessario impegnarsi - a 27 ed assieme ai nostri maggiori partners: in primo luogo, i Paesi industrializzati del G8; ma, evidentemente, non solo questi - per definire assieme un "nuovo ordine ambientale": un meccanismo che, dopo il 2012, consenta di contenere le emissioni di gas-serra senza penalizzare la crescita economica né nel mondo occidentale, né, tanto meno, nei paesi in via di sviluppo.

In conclusione, una politica europea "virtuosa" in materia energetica è necessaria per i nostri cittadini e può rappresentare un forte ausilio ed un'opportunità per le altre aree del mondo.

Mi piace sottolineare che, nel dibattito pubblico italiano, ho registrato una feconda molteplicità di opinioni. Io credo che questo pluralismo e le posizioni avanzate che esprime, non siano superficiali.

Credo piuttosto che esso sia indice di maturità in Italia sui temi dell'energia e dell'ambiente, alla cui soluzione il Governo, con determinazione, concretezza e coerenza ha in questi mesi contribuito e vuole continuare a contribuire.

L'Italia vuole sostenere e rafforzare i fori internazionali che si occupano di questo tema, in particolare in seno all'Agenzia Internazionale per l'Energia, che proprio qui alla Farnesina, pochi mesi fa, ha presentato il suo World Energy Outlook 2006 e che deve essere intesa sempre più come un organismo allargato di consumatori, ma anche di "risparmiatori" di energia, che dialogano strettamente con i produttori. Nella stessa direzione si situa il nostro sostegno per la creazione di un'Agenzia internazionale specializzata per l'Ambiente, che subentri all'attuale Programma delle Nazioni Unite per l'Ambiente - U.N.E.P..

È per questo che il Governo Italiano, sulla spinta dell'impegno congiunto di questo Ministero degli Esteri e di quello dello Sviluppo Economico, attribuisce grande importanza al Congresso Mondiale dell'Energia del prossimo novembre a Roma e alla prossima sessione dell'International Energy Forum, in programma sempre a Roma, nella primavera del 2008. Tali eventi costituiscono i principali momenti di discussione tra paesi produttori e paesi consumatori di energia, assieme ai vertici delle maggiori imprese energetiche mondiali.

Solo un dialogo costante tra governi, aziende e cittadini potrà, a livello europeo e mondiale, favorire quella sintesi che è responsabilità della politica individuare. Poche questioni come quella dell'energia e del nesso tra energia ed ambiente chiamano ad un impegno particolare della politica, affinché gli interessi particolari confluiscano nell'interesse generale della nostra generazione, e, più ancora, di quelle che verranno dopo di noi.

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