Intervista
13 gennaio 2007

"Ho deciso di venire in Slovenia a piedi"<br>

Intervista di Franco Juri - Dnevnik (traduzione)


Massimo D'Alema è il Ministro degli Esteri italiano, il Vice-Presidente del Consiglio e il Presidente del maggiore partito di governo (i Democratici di sinistra), il più riformato degli eredi dell'ex partito comunista. Ha indubbiamente carisma: egli pesa minuziosamente le parole scelte attraverso una retorica misurata. Alla fine di ogni risposta pacata si può riscontrare qua e là, fra le righe, anche un'acutezza polemica.

Il cinquasettenne politico è sempre più popolare in Italia. Fra il 1998 ed il 2001 succedette a Prodi nell'incarico di Presidente del Consiglio. Ora, invece, sta guidando la diplomazia nel Governo Prodi. Molti gli attribuiscono, oltre alla parziale superiorità aristocratica, peraltro già proverbiale, soprattutto un'eccezionale abilità diplomatica, sia negli affari interni, cioè nelle dure trattative nell'eterogenea coalizione di centro-sinistra, che sul parquet internazionale ove recentemente è brillato con l'iniziativa di pace per il Libano.

D'Alema preferisce parlare soprattutto di grossi temi internazionali. Egli è letteralmente raggiante nel raccontare l'appena conclusa visita in Cile presso l'amica e Presidente Michelle Bachelet. D'Alema ha aiutato molto i cileni nella lotta contro la dittatura di Pinochet. Oggi spiega in maniera sorridente in che maniera sono cambiate in meglio le cose e in che maniera è stato simpaticamente accolto anche dagli ufficiali della marina militare cilena. Della diplomazia bilaterale locale è invece un po' meno entusiasta. In Slovenia è giunto a cinque anni di distanza dall'ultima visita ufficiale di qualche ministro degli esteri. Con lui è cominciato a soffiare un vento nuovo, peraltro più favorevole alla minoranza slovena in Italia. Non ha invece offerto alla Slovenia altre novità, soluzioni oppure risposte alle questioni bilaterali ancora aperte.

L'intervista con il Ministro degli Affari Esteri D'Alema (il quale, com'è abitudine in Italia, viene chiamato presidente in quanto è Vice-Presidente del Consiglio, ex Presidente del Consiglio e Presidente di partito) è stata effettuata alla Farnesina di Roma martedì scorso, il giorno del suo arrivo a Nova Gorica, subito dopo il suo colloquio con Terry Davis, Segretario Generale del Consiglio d'Europa.

LA CARTA D'IDENTITA' DI MASSIMO D'ALEMA
nato il 20 aprile 1949 a Roma
entra in politica a 14 anni allorché si iscrive nella Federazione giovanile comunista (FGCI)
dopo aver studiato filosofia scrive, come giornalista, per i giornali vicini al PCI
negli anni 1988-1990 è direttore del giornale ufficiale di partito, l'Unità
assieme ad Achille Occhetto è fra i promotori del rinnovamento riformista del PCI; a seguito della frattura trasforma il gruppo di maggioranza di partito in Democratici di sinistra
è un tifoso fedele del club calcistico Roma ed un appassionato di vela.

DNEVNIK: Signor Presidente, possiamo continuare dal punto su cui è rimasto con l'interlocutore precedente (il Segretario Generale del Consiglio d'Europa) e cioè sull'iniziativa italiana contro la pena di morte nell'ambito del mandato biennale dell'Italia al Consiglio di Sicurezza?

D'ALEMA: Naturalmente. Con il Segretario Generale abbiamo appena discusso della posizione comune nei confronti di tale questione. Egli è d'accordo con l'iniziativa italiana il cui fine è quello di stimolare il dibattito sulla proposta di moratoria alla pena di morte nell'ambito dell'Assemblea Generale delle NU: verrebbe approvata una risoluzione che chiederebbe a tutti i paesi membri di interrompere l'esecuzione della pena di morte. Il nostro scopo è far sì che il titolare dell'iniziativa sia l'UE. Della proposta discuteranno giovedì i direttori politici europei; ci stiamo adoperando a convincere l'UE di assumere l'iniziativa.

DNEVNIK: L'UE è unitaria su tale questione?

D'ALEMA: All'inizio all'interno dell'UE era prevalsa l'idea su una dichiarazione che peraltro era già pronta e sottoscritta da tutti i paesi membri e da altri paesi che sostengono i contenuti di essa. Era stata anche accolta la decisione affinchè la votazione sul documento slittasse di un anno, alla prossima Assemblea Generale. A seguito dell'esecuzione di Saddam Husein e delle reazioni dell'opinione pubblica siamo partiti nuovamente »all'attacco« al fine di accelerare l'accoglimento della dichiarazione.

DNEVNIK: Ma in Europa è stata espressa anche la contrarietà a tale iniziativa?

D'ALEMA: Sì, ci sono anche alcune obiezioni presso coloro che ritengono che ciò possa provocare malumore in alcuni paesi...

DNEVNIK: ...negli Stati Uniti?

D'ALEMA: Sì, ma anche in altri paesi ove vige la pena di morte. Tuttavia ho l'impressione che anche l'opinione pubblica statunitense si stia orientando sempre più nella giusta direzione. Alcuni stati federali hanno già interrotto l'esecuzione della pena di morte, anche nell'opinione pubblica americana è in corso un interessante dibattito sull'argomento. La nostra iniziativa non ha nè vuole avere un carattere antiamericano.

DNEVNIK: Con la vittoria dei democratici al Congresso anche il clima politico sta forse cambiando, il che vale anche per l'approccio nei confronti della multilateralità. Come guarda a quanto accade sull'altra sponda atlantica?

D'ALEMA: Negli Stati Uniti sono affiorate le tendenze per reinstaurare rapporti più stretti con l'Europa già prima della vittoria dei democratici, a seguito delle analisi dei risultati negativi della politica unilaterale guidata negli ultimi anni. Non c'è alcun dubbio che gli americani si stanno confrontando con le conseguenze negative della strategia della cd. guerra contro il terrorismo. Essi si trovano in un fase di transizione politica molto complicata e piena di incertezze; c'è una visibile contraddizione fra le constatazioni del comitato Baker-Hamilton, che ha consigliato un rapido ritiro dall'Iraq, e la recente decisione di Bush di rafforzare ulteriormente la presenza militare in Iraq. Pertanto non ci troviamo di fronte a dei cambiamenti dell'orientamento chiave della politica americana, bensì di fronte a segnali contradditori che tradiscono più la crisi e l'incertezza che una nuova politica che, speriamo, finalmente maturi.

DNEVNIK: Signor D'Alema, lei è stato uno dei promotori chiave della missione di pace delle NU in Libano a cui partecipa anche la Slovenia. Più volte ha dichiarato che un eventuale successo di essa permetterebbe un tentativo analogo a Gaza. Ritiene che ciò sia possibile in considerazione della tradizionale contrarietà di Israele all'internazionalizzazione del processo di pace in Palestina?

D'ALEMA: Naturalmente! Tuttavia la missione di pace in Libano non è iniziata con i caschi blu bensì con la risoluzione del Consiglio di Sicurezza che chiede lo stop degli scontri e indica una prospettiva di stabilizzazione per l'intera area, nonchè i passi necessari. In ambito di ciò conferisce il mandato alle forze internazionali. Pertanto non è possibile mandare i caschi blu a Gaza in maniera semplice...La questione chiave, secondo me, è quella di favorire ed accelerare il processo di pace fra gli israeliani ed i palestinesi attraverso una chiara risoluzione del Consiglio di Sicurezza che debba considerare ed inserire i principi chiave della »road map«. In tale ambito sarebbe possibile contare anche alla presenza internazionale.

DNEVNIK: Ma di questo ne ha parlato con Olmert?

D'ALEMA: Ne ho parlato con tutti e proprio oggi ho letto l'intervista con Shimon Peres, Vice-Presidente del governo israeliano in cui parla in maniera favorevole della possibilità di presenza degli osservatori europei a Gaza. Si tratta di una questione che è stata sollevata da noi e di cui si è sviluppato un intenso dibattito. Forse è vero che la soluzione non è vicina, tuttavia ci sono ugualmente alcuni segnali positivi...

E' chiaro naturalmente che non possiamo capire la controversia all'infuori dell'ampio contesto medioorientale. La cosa importante è di riattivare il processo di pace, consolidare la tregua ed incentivare le trattative dirette fra palestinesi ed israeliani. Il primo passo in tal direzione è stato l'incontro fra Olmert ed Abu Mazem. La situazione è molto complicata e noi come Europa stiamo spingendo affinchè sia favorito il processo di pace in tutta la regione ove il cuore del problema è la controversia israelo-palestinese.

DNEVNIK: Come Europa, ha detto, pertanto almeno nella questione Medio Oriente c'è da attendersi un intervento unitario dell'UE e dei suoi membri? Lei si sta molto adoperando in tal senso...

D'ALEMA: Personalmente ritengo che l'Europa desideri - attraverso la sua iniziativa in Libano, che ha sostanzialmente consolidato gli sforzi delle NU - avere un ruolo più attivo in Medio Oriente. Nel passato l'Europa ha soprattutto pagato: è stata un »payer« e non »player«, ha avuto un ruolo politico irrisorio. Ora ci stiamo adoperando affinchè l'Europa assuma un ruolo più importante nella convinzione che occorre isolare e sconfiggere il terrorismo soprattutto con l'appoggio delle correnti più moderate e democratiche nel mondo arabo. Tali correnti possono rafforzarsi solamente se la comunità internazionale si adopererà con convinzione a favore della soluzione dei problemi e del consolidamento della pace. In caso contrario si rafforzeranno la violenza ed il terrorismo.

DNEVNIK: Passiamo ai rapporti italo-sloveni. Oggi volerà prima a Gorizia e Nova Gorica ove, assieme all'omologo sloveno Dimitrij Rupel, attraverserà simbolicamente il confine di stato...

D'ALEMA: Non si tratta di un attraversamento solamente simbolico ma anche fisico. Ho deciso di attraversare il confine, sulla strada verso la Slovenia, a piedi anzichè in aereo.

DNEVNIK: La sua visita giunge dopo oltre cinque anni dall'ultima visita ufficiale, quella del Ministro degli Esteri Renato Ruggiero, effettuata a Lubiana l'11 settembre 2001. Poi è seguito un lungo silenzio. Persino il 1° maggio 2004, allorchè la Slovenia entrò solennemente nell'UE, c'era a Gorizia, a fianco del Presidente della Commissione Europea Romano Prodi, a nome del Governo italiano, solamente il Sottosegretario di Stato Roberto Antonione. Il Ministro invece non c'era. Il suo arrivo a Gorizia corregge un po' l'impressione di allora. E' forse predestinato che i governi di centro-sinistra debbano sempre colmare il tempo e le occasioni perse degli altri governi? So che la domanda è abbastanza politica...

D'ALEMA: Non vorrei polemizzare con gli altri governi. Ci rendiamo conto dell'influsso di certe eredità del nazionalismo antislavo che ha parzialmente condizionato la destra italiana sebbene negli ultimi anni anche la destra sta tentando di sbarazzarsene. Noi abbiamo sempre ritenuto che il modo migliore per risolvere le questioni aperte fra l'Italia e la Slovenia ovvero fra l'Italia e la Croazia è quella di sostenere ovvero incentivare l'integrazione europea di tali paesi. Pertanto siamo stati sempre dei forti assertori dell'allargamento UE e dell'ingresso della Slovenia in essa. Chiaro, oggi sosteniamo l'allargamento verso la Croazia ed in proposito stiamo raccomandando un atteggiamento coerente delle autorità croate. Ciò è stata una costante della nostra politica.

Pertanto siamo lì (a Gorizia) a causa della coerenza con la nostra politica e non per il fatto di correggere le manchevolezze degli altri. Mi ricordo che negli anni del processo di avvicinamento i governi di centro-sinistra avevano sempre decisamente e coerentemente sostenuto tale processo. Siamo stati i precursori di tale integrazione anche con l'incoraggiamento di specifiche iniziative quali l'InCE (Iniziativa Centro-Europea) oppure la Trilaterale con l'Ungheria attraverso la riunione di Maribor. Stiamo continuando la politica che negli ultimi anni si è un po' raffreddata in quanto non era intonata con la destra.

DNEVNIK:Il Ministro Ruggiero allora disse che fra i due paesi non c'erano più questioni bilaterali aperte. E' d'accordo con tale giudizio? E' disposto a garantire che non ci sono più problemi, per esempio in merito agli immobili degli istriani ed agli indennizzi versati dalla Slovenia sul conto fiduciario? Cosa si farà ora? L'Italia attingerà finalmente a tali fondi? La faccenda è conclusa?

D'ALEMA: Non lo so. Si tratta di temi molto sensibili e non mi affretterei alla ricerca di soluzioni mprovvisate a dei problemi che vengono da lontano. Credo che possiamo discutere su tali questioni in maniera non appesantita; in proposito possiamo creare soprattutto un clima favorevole. Fra paesi vicini esistono sempre delle questioni aperte. Parleremo anche di altri punti di vista: della politica energetica, della tutela dell'ambiente e naturalmente dei problemi delle due minoranze. Occorre porre tutte queste questioni nell'ambito dei normali rapporti per poterli sgravare della conflittualità e della sfiducia che purtroppo è un'eredità della storia semirecente.

DNEVNIK: In che maniera?

D'ALEMA: Non abbiamo soluzioni particolari. Per quanto ci riguarda dobbiamo attuare le norme della legge di tutela per la minoranza slovena che finora è stata solamente parizalmente attuata. La legge di tutela l'aveva desiderata ed approvata il centro-sinistra nel 2001 mentre negli anni successivi purtroppo non è stata idoneamente »implementata«, come dicono gli inglesi.

DNEVNIK: Certo, ora l'implementazione della legge di tutela sta effettivamente migliorando, ma questo capitolo riguarda la minoranza slovena. E il nodo dei beni degli esuli e degli indennizzi che la Slovenia ha versato sulla base dei trattati internazionali? Possiamo attenderci a Lubiana qualche »scoop«, qualche sorpresa particolare in merito a ciò?

D'ALEMA: No, nessun »scoop«.

DNEVNIK: Pertanto la storia continua senza essere conclusa?

D'ALEMA: Continua (pausa) in un nuovo clima di reciproca fiducia, come per quanto concerne la minoranza slovena.

DNEVNIK: Mi scusi Presidente, non sto parlando della minoranza ma degli indennizzi a favore degli optanti istriani e del famoso conto fiduciario che deriva dall'implementazione dell'Accordo di Roma. Si tratta di una specie di scheletro che cade su di noi ogni qual volta apriamo l'armadio... Tutti si chiedono chi sarà quel ministro degli esteri italiano che finalmente chiuderà tale capitolo.

D'ALEMA: Il problema consiste nel fatto che sarà necessario valutare, assieme agli aventi diritto, l'idoneità di certe somme nei modi che ci potranno permettere di concludere tale faccenda senza successive complicazioni.

DNEVNIK: Capisco. Passiamo alla questione dell'energia e della tutela dell'ambiente. Sia da noi che in Italia è in corso un'arroventata discussione sui rigassificatori che in questi tempi sono molto di moda, in particolare a causa dei contrasti fra la Russia e l'Ucraina ovvero la Bielorussia. La polemica si è particolarmente inasprita attorno ai due rigassificatori pianificati nel Golfo di Trieste, in prossimità del confine. Alcuni giorni fa il governo sloveno ha espresso la sua netta contrarietà nei confronti dei due rigassificatori a causa del dannoso e persino deleterio impatto transfrontaliero che si prevede. Probabilmente parlerete di questo...

D'ALEMA: E' chiaro che ne discuteremo. Gli impianti di rigassificazione sono costruiti nel pieno rispetto delle normative europee che ci apparentano con la Slovenia. L'Italia non ha obiezioni al raddoppiamento delle capacità della centrale nucleare slovena che forse è un problema maggiore rispetto ai rigassificatori. E' chiaro che tutti questi impianti devono adempiere a tutte le norme di sicurezza e tutela dell'ambiente che sono comuni per i paesi dell'UE.

In proposito ritengo però che ogni paese ha il diritto di perseguire i propri obiettivi. L'Italia, per esempio, ha rinunciato allo sviluppo dell'energia nucleare e desidera ridurre la dipendenza dal petrolio per cui stiamo dando la precedenza al gas naturale. Non possiamo sopravvivere al lume di candela. Il gas non è una cosa »di moda«, si tratta di una fonte strategica nella nostra strategia energetica per cui abbiamo deciso di installare un determinato numero di rigassificatori lungo le nostre coste.

DNEVNIK: Ritiene che i rigassificatori nel Golfo di Trieste siano veramente così indispensabili?

D'ALEMA: Noi li valutiamo come necessari anche se di ciò possiamo discuterne. Possiamo discutere delle misure di sicurezza per le quali la parte slovena ritiene che possano essere utili. Credo che i rigassificatori non siano degli impianti che rappresentano particolari rischi ambientali; dal punto di vista della sicurezza esistono degli standards europei che desideriamo prendere in considerazione e rispettare. A partecipare sono delle società private. Se il governo sloveno desidera partecipare alla valutazione dell'impatto ed alla vigilanza è una cosa del tutto legittima. I privati ottengono delle concessioni legali, non è il governo quello che costruisce i rigassificatori.

DNEVNIK: Tuttavia la contrarietà ai rigassificatori è forte anche in Italia, presso le comunità locali coinvolte...

D'ALEMA: In Italia le comunità locali preferirebbero non avere niente del genere. Ma questo non è reale: se non vogliamo il carbone che provoca l'inquinamento, il petrolio che provoca l'effetto serra, l'energia nucleare in quanto può capitare Cernobil, e non vogliamo il gas... (risata) non so cosa vogliamo. Ma qualcosa dobbiamo avere! Pertanto dobbiamo avere qualcosa di minimo nel programma, un pacchetto di sette o otto rigassificatori. Anche nel Golfo di Trieste ove esiste già un'apposita infrastruttura portuale. Vedremo. Per ora sono previsti lì due rigassificatori: uno in mezzo al golfo, che sarà probabilmente il più visibile per cui anche più discutibile, e l'altro nel piccolo golfo, nella zona industriale di Trieste che pertanto è mano discutuibile. Valuteremo le cose in maniera idonea e saggia.

DNEVNIK:Parlerete anche degli intenti croati nell'Adriatico, della zona ecologico-ittica? Si tratta di un problema comune, anche dell'Italia e della Slovenia.

D'ALEMA: In effetti si tratta di un problema comune. Dalla Croazia dobbiamo chiedere il rispetto degli impegni presi nei confronti dell'Unione Europea. Abbiamo già preso una posizione nei confronti di ciò ed essa è stata armonizzata con la Slovenia. E' chiaro che non possiamo accettare mosse unilaterali come quella della Croazia.

DNEVNIK: Come guarda all'entrata della Croazia nell'UE che peraltro sta sempre più slittando?

D'ALEMA: In maniera favorevole, positiva. Il governo croato deve avere un approccio coerente. E' vero che la coerenza a volte è difficile, tuttavia le cose vanno avanti, anche nel caso dei diritti e dell'accesso dei cittadini italiani al mercato immobiliare croato. Da parte nostra siamo favorevoli ad un ulteriore allargamento sebbene all'interno dell'UE ci sono anche posizioni più scettiche. Tuttavia l'Italia è convinta che gli interi Balcani occidentali devono guardare all'UE come ad un capolinea. Solamente all'interno dell'UE saranno superate, nei Balcani, le controversie nazionalistiche, etniche e religiose per le quali negli ultimi anni è stato versato tanto sangue.

DNEVNIK: Qual'è la sua posizione nei confronti del Kosovo? C'è la possibilità che l'indipendenza del Kosovo provochi una reazione a catena con richieste simili anche in Europa?

D'ALEMA: (risata) Il Kosovo, più che inizio, è la conclusione della catena...

DNEVNIK: Mi riferivo all'area del Dnestr, all'Abkhasia, ai paesi baschi e ad altri casi simili... Ritiene che in Europa siamo già immuni a fenomeni del genere?

D'ALEMA: Non è che siamo immuni in quanto in questi anni anche in Europa sono comparsi diversi movimenti e coalizioni nazionalistiche. Tuttavia gli avvenimenti balcanici hanno una sua specifica drammaticità. Nel momento in cui la comunità internazionale decise di intervenire nel Kosovo il nostro scopo non fu quello di assicurare l'indipendenza di tale regione. Eravamo convinti che la tutela della minoranza albanese fosse possibile attraverso uno stato federale che fosse capace di assicurare una convivenza interetnica ed interreligiosa. Se tale possibilità non c'è stata allora per essa non è responsabile l'Occidente. Gran parte della responsabilità ricadde sui politici serbi di punta il che è confermato anche dal Montenegro.

La popolazione del Kosovo ritiene oggi, a larga maggioranza, che l'indipendenza sia l'unica possibile via d'uscita. Anche a me pare impossibile una reinstaurazione della sovranità effettiva della Serbia in Kosovo. Occorre intraprendere una soluzione attraverso il rispetto della sensibilità serba e la tutela internazionale della minoranza serba, nonchè delle tradizioni religiose e culturali serbe lì presenti.

Dopo le elezioni in Serbia del 21 gennaio prossimo inizieranno le trattative sulla base delle valutazioni e le direttrici di Marti Ahtisaari. Da parte nostra desidereremmo soluzioni quanto più unanimi. Dipende molto dalla classe politica che si affermerà in Serbia a seguito delle elezioni. La Serbia rimane uno stato importante nella regione anche senza il Kosovo. Dovrà però sbarazzarsi dei propri fantasmi, del nazionalismo arcaico e delle tentazioni per un ruolo dominante come nel passato. La Serbia deve guardare coraggiosamente verso il futuro. Una parte importante della leadership serba è consapevole di ciò e sta guardando avanti. Si spera che tale orientamento sarà confermato anche alle elezioni.

DNEVNIK: Le preoccupa forse il predominio del capitale tedesco ed austriaco ainzichè di quello italiano nei Balcani occidentali ed anche in Slovenia? Da noi per esempio stanno dominando le banche austriache con qualche eccezione come la banca San Paolo Intesa.

D'ALEMA: No, non siamo particolarmente preoccupati. Naturalmente vogliamo continuare ad incoraggiare l'imprenditoria e gli investimenti italiani nell'Europa centro-orientale ove le nostre istituzioni finanziarie sono sempre più presenti. Oltre alla banca San Paolo Intesa c'è anche la corporazione Assicurazioni Generali e soprattutto l'Unicredit che è anche coproprietaria di alcune di quelle banche tedesche ed austriache (risata).

In queste grosse integrazioni economico-finanziarie è però anche importante non rimanere sempre secondi. Ogni tanto è bello anche essere primi.

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