Discorso
26 marzo 2007

Garanzia di futuro

di Massimo D'Alema - Il Mattino


Alla vigilia del Consiglio europeo straordinario di Berlino, l'Italia celebra giornate di festa per i cinquanta anni dei Trattati di Roma. La «festa degli europei» che ricordano, con orgoglio, il successo del progetto europeo, lo straordinario sviluppo di una costruzione sovranazionale unica, fondata sulla democrazia e sulla libera scelta degli Stati e dei cittadini. Una grande impresa, che ha garantito la pace e ha reso l'Europa protagonista dell'equilibrio mondiale.

Giornate d'orgoglio, dunque: orgoglio di sentirsi cittadini dell'Unione, partecipi di un'esperienza storica che rappresenta senza dubbio la più grande novità politica dopo la seconda guerra mondiale.

L'Unione europea esercita oggi una straordinaria forza d'attrazione nel mondo. Dovunque, le classi dirigenti più aperte, dall'Asia all'America latina, guardano al modello dell'integrazione europea come a un cammino da percorrere, pur secondo vie autonome e originali. Siamo consci che quei leader lungimiranti che 50 anni fa ebbero il coraggio di iniziare questo cammino ci hanno lasciati eredi di un patrimonio straordinario. Ribadire questa consapevolezza è necessario, anche se noi europei, per lunga tradizione culturale, rifuggiamo dalle celebrazioni acritiche e preferiamo mantenere un sano realismo, coltivando sempre il dibattito e l'analisi spassionata. Siamo ben consapevoli, perciò, dei fattori di debolezza e dei problemi di oggi. Al contempo, crediamo che da questa ricorrenza occorra trarre nuovo slancio per superare con coraggio le incertezze del presente, per guardare, con misura ma anche con ottimismo, alla realtà dell'Europa.

Un fatto sembra certo: i problemi che il nostro continente deve affrontare e risolvere non derivano da un «eccesso» di integrazione, al contrario. La verità è che questa straordinaria costruzione ha bisogno di istituzioni insieme più democratiche e più efficaci, che, pur consentendo il massimo di dialogo, di confronto, di dibattito, permettano alla fine di assumere decisioni. Il rischio da evitare è infatti quello di una paralisi burocratica, di un'incapacità di azione, di un'Europa non all'altezza delle domande dì pace, di sicurezza, di sviluppo, di libertà che provengono dai cittadini europei.

Il trattato costituzionale non è stata la causa della sfiducia verso l'Europa. Semmai, ne è stato la vittima. Si è prodotto un equivoco, per cui una parte dei cittadini europei ha potuto credere che la sensazione di insicurezza di cui si sentono vittime fosse frutto di un «troppa» Europa, e non piuttosto di una debolezza del processo d'integrazione.Troppo spesso le classi dirigenti hanno preferito scaricare sull'Europa le responsabilità nazionali e la loro mancanza di coraggio. Quante volte abbiamo sentito dire che è l'Europa a imporre rigore finanziario, è l'Europa che esige di rispettare le regole di sicurezza ambientale. L'Europa è apparsa come un remoto Leviatano, evocato per giustificare inadempienze e carenze nazionali.

La realtà è ben diversa. Lo è anzitutto per l'Italia. E' proprio grazie all'Europa che il nostro Paese ha imboccato il cammino della disciplina di bilancio, del progresso civile, delle riforme. E' l'Europa che ci ha stimolato a vincere pigrizie e resistenze, così radicate nella nostra società. Ora occorre proseguire sulla via di una profonda riforma, e occorre farlo non soltanto per le ragioni di ieri. L'integrazione europea è stata sinora sospinta soprattutto da un'ottica per così dire «interna» all'Europa stessa: la pace tra gli europei, il mercato unico come condizione di crescita e di sviluppo, l'armonizzazione delle regole, la moneta unica. Oggi, invece, la spinta viene soprattutto dallo scenario mondiale. L'Europa ha bisogno di essere unita per affrontare le sfide della pace, della sicurezza, della competitività, per contare in un mondo nel quale emergono o riemergono grandi protagonisti, in cui mutano con rapidità gli equilibri consolidati.

Noi vogliamo contare come Europei nel mondo non soltanto per illegittimo desiderio di lasciare ai nostri figli un continente che ha un peso e un futuro, ma perché l'Unione europea riflette valori fondamentali come la democrazia, la libertà, la coesione sociale, che hanno in questa parte del mondo le loro radici più profonde. Un'Unione europea funzionante, efficace, rappresenta un contributo fondamentale per una globalizzazione più giusta, nella quale contano di più le ragioni della libertà, dell'eguaglianza, della solidarietà, della giustizia.

L'Europa molte volte si è mostrata all'altezza dei suoi principi. Basti pensare all'Europa che sì batte alle Nazioni Unite per la moratoria e per l'abolizione della pena dì morte; all'Europa che, nell'ultimo Consiglio europeo, ha assunto la leadership nell'impegno contro i cambiamenti climatici e per una politica energetica compatibile con la difesa della natura e della vita; all'Europa che è tornata a essere protagonista nel Mediterraneo e nel Medio Oriente, assumendosi la responsabilità principale della missione delle Nazioni Unite per metter fine al conflitto fra Israele e Libano; a un 'Europa che vuole lasciarsi alle spalle la crisi aperta dagli esiti negativi dei referendum sul trattato costituzionale in Olanda e Francia, per darsi nuove istituzioni e nuove regole adeguate alla realtà di un'Unione a 27membri. Il Trattato costituzionale è stato ratificato da 18 Paesi, che rappresentano la maggioranza dei cittadini europei. Pur nel rispetto delle ragioni di chi ancora esita, abbiamo il dovere di fare valere la scelta di quanti si sono già pronunciati a favore della riforma istituzionale dell'Unione.

La Presidenza tedesca, che opera con prudenza e coraggio, ha intrapreso il cammino che ci porterà a definire, a giugno di quest'anno, un nuovo percorso. La Germania può contare sul nostro sostegno nella ricerca di un punto di equilibrio, perché l'Europa è un successo costruito sulla paziente tessitura, sul dialogo spesso faticoso, ma indispensabile per allargare l'area del consenso.

L'Italia si colloca sul piatto della bilancia favorevole alle riforme. Vogliamo che questo «peso» diventi più decisivo, non solo in virtù delle scelte dei governi, ma anche per il decisivo appoggio dell'opinione pubblica, delle istituzioni regionali e locali, che sono il tramite più diretto e partecipativo nel rapporto con i cittadini. Abbiamo dinanzi un momento delicato, è il tempo delle scelte. Occorre assumere l'impegno irrinunciabile di arrivare alle elezioni del 2009 avendo riformato le istituzioni europee per riguadagnare credibilità presso i cittadini.

Del Trattato costituzionale noi vogliamo difendere i principi e le regole fondamentali. Non mi appassiona oggi un dibattito sui trattati «dimezzati» o «minimi». Quando si va a un negoziato si punta al massimo, si mira al punto più avanzato ove si può arrivare in termini di riforme, cambiamenti, conquiste. Sarà poi il dibattito, il confronto, che consentirà di trovare le intese possibili. Credo che, proprio in questi giorni di celebrazioni, sia importante far arrivare un messaggio forte e chiaro non solo alle istituzioni, al mondo politico, ma soprattutto ai cittadini. Il messaggio che un'Europa più forte, un'Europa più democratica, un'Europa con istituzioni che consentano di decidere è garanzia di futuro. Non si tratta di un'astrazione, ma degli strumenti per rispondere concretamente ai problemi delle nostre società. Si tratta, in fondo, della democrazia «europea». Nel continente ove la democrazia è nata, sappiamo che istituzioni forti e democratiche sono una garanzia sicura per i diritti, per le domande e per le attese delle persone.

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