Intervista
19 gennaio 2008

Politici e giudici, non è scontro tra caste

Intervista di Antonio Macaluso - Corriere della Sera


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Lancia l’idea di un grande patto tra le principali forze sociali del Paese; evita accuratamente di bollare le nuove tensioni tra magistrati e politici come scontro tra caste — «piuttosto esiste un problema comune di classi dirigenti» —;rilancia la necessità delle riforme sulla base della bozza Bianco e del progetto costituzionale di cui si discute alla Camera; richiama al dialogo il mondo laico e quello cattolico.

Ministro D’Alema chi ha ragione, Mastella o i magistrati? Stiamo tornando al ’92, alla crisi della prima Repubblica?
«Io credo sia stato completamente sbagliato in questi anni il modo di impostare il confronto tra politica e magistratura, tra mondo economico e magistratura e così via. La chiave di interpretazione della crisi come conflitto tra poteri, corporazioni, caste — in cui quella più debole è la casta eletta dal popolo, quella politica — è sbagliata. Ed un’analisi errata, che per di più eccita uno scontro corporativo, impedisce di trovare vie d’uscita. Io credo, viceversa, che ci sia una crisi della classe dirigente del Paese, un prevalere di particolarismi, a volte un venir meno della misura che è anche un venir meno del senso della responsabilità. Il problema, dunque, mi pare più ampio e profondo. Da questo punto di vista, mentre nel ’92 la magistratura appariva come l’indice del senso dello Stato contro l’arroganza del ceto politico, oggi questa raffigurazione apparirebbe semplicistica e spesso non vera».

Questa inchiesta, quella che ha coinvolto la famiglia del ministro Mastella, la convince o no?
«Non conosco le carte. Dalle ricostruzioni e dalle dichiarazioni che ho ascoltato, gli arresti effettuati mi sembrano una forzatura incomprensibile ».

Aveva ragione Berlusconi quando voleva la separazione delle carriere dei magistrati?
«Il punto non è questo. Anche perché la magistratura giudicante ha sempre dimostrato una notevole autonomia e senso dell’equilibrio. Non dimentichiamo che molti di questi casi di cui si discute finiscono con clamorose assoluzioni. Naturalmente, a volte, senza che lo si sappia e dopo aver rovinato la vita di una persona».

Stavolta, il ministro della Giustizia ci ha rimesso il posto.
«Un atto di serietà e responsabilità, tenuto conto che Mastella aveva avuto una grande solidarietà in Parlamento, ben al di là dei confini della maggioranza. Ha dimostrato, come in altre circostanze, di essere una persona seria».

Per il governo, comunque, è un duro colpo in una situazione già difficile di una maggioranza provata.
«La maggioranza è provata dal fatto di avere numeri ristretti al Senato. Proprio per questa condizione di partenza, la sua tenuta finora risulta eccezionale. E certo c’è una difficoltà del governo, c’è un’opposizione divisa, c’è una legge elettorale sub iudice. Ma io credo che l’emergenza più grave che dobbiamo affrontare, pena il rinchiudersi in un atteggiamento autoreferenziale, sia il malessere sociale del Paese. C’è una sofferenza di tante famiglie, in particolare quelle monoreddito e comunque di lavoratori dipendenti. Questa situazione rappresenta anche il più grande freno allo sviluppo e al rilancio dell’economia. Mentre recuperiamo competitività internazionale, anche in settori di tecnologia avanzata—fenomeno che impressiona all’estero— soffriamo di una contrazione dei consumi e di una caduta di aspettative. Allora è essenziale un rilancio dell’azione di governo, che coinvolga le forze fondamentali del Paese, non in una logica di contrapposizione. Occorre intervenire sul potere d’acquisto, migliorare la condizione delle famiglie, puntare sulla crescita della produttività. Il governo dovrebbe promuovere un nuovo Patto tra le forze fondamentali del Paese, mettendoci di suo una riduzione della fiscalità sul lavoro, che consenta un miglioramento delle retribuzioni e un rilancio dell’innovazione e della formazione, essenziali proprio per vincere la sfida della competizione internazionale ».

Con quali energie e risorse?
«Si tratta di chiamare a raccolta il mondo della cultura, dell’impresa, del lavoro. Si possono mobilitare grandi risorse, penso ad esempio ad istituzioni come le Fondazioni bancarie, che già investono nella ricerca e potrebbero farlo in modo più coordinato ed efficace intorno a grandi progetti nazionali, volti a sostenere le nostre eccellenze, a potenziare le posizioni di leadership. Un’azione forte di questo tipo potrebbe consentirci di affrontare meglio i rischi di una crisi internazionale di cui si avvertono le avvisaglie ».

E la riforma elettorale? Il momento delle schermaglie è finito: ora, o si fa o si va al referendum.
«Certo. Anche se il referendum non risolverebbe, non è il giudizio di Dio. Il sistema elettorale che ne verrebbe fuori rischia di creare ulteriore confusione».

Meglio fare la legge, dunque.
«Certamente, ma comunque anche in caso di referendum, il Parlamento dovrebbe intervenire. La Camera ha approvato in commissione una riforma costituzionale che si ispira al modello tedesco, con il voto favorevole della maggioranza e l’astensione dell’opposizione. Il che lascia pensare che ci sia un certo grado di convergenza, se le cose hanno un senso. Questa riforma non prevede il presidenzialismo, prevede il rafforzamento dei poteri del premier e vi è inoltre un’intesa per introdurre la sfiducia costruttiva. Ora ci si aspetterebbe, in un Paese ben ordinato, dove c’è un minimo di logica, che il Senato lavori su una riforma elettorale coerente come quella delineata nella bozza Bianco, la quale non è affatto una fotocopia del sistema tedesco, ma il tentativo di adattare quel sistema al nostro Paese, alle caratteristiche del nostro sistema politico. Operazione che ho sempre sostenuto e sostengo, essendo favorevole, ad esempio, ad un voto unico per il collegio uninominale e per il proporzionale, piuttosto che ad un doppio voto. Adesso sarebbe un errore sprecare questa opportunità, buttando all’aria il lavoro fatto alla Camera e al Senato in modo ragionevole e coerente».

Ma Berlusconi non ne vuole sentire parlare.
«In realtà, il problema è che non si capisce se Berlusconi voglia fare le riforme o le elezioni, non tanto il merito della legge elettorale, tema sul quale ha espresso cinque opinioni diverse nelle ultime settimane. Inviterei Berlusconi a continuare in modo costruttivo il dialogo per le riforme nell’interesse del Paese».

Se ci si avvierà al referendum, Rifondazione comunista minaccia la crisi.
«Non ho sentito questa minaccia e non credo si arriverebbe a questo. Una ritorsione contro il governo sarebbe solo autolesionismo ».

Se ci sarà crisi, esiste l’ipotesi di un governo istituzionale?
«Chi sta in un governo non fa scenari di nuovi esecutivi, è eticamente incompatibile. Stiamo lavorando per rilanciare l’azione di questo governo».

Anche se tanti la considerano sempre l’uomo che trama. Sabato prossimo c’è il decennale della sua Fondazione, Italianieuropei, e in molti ci vedono la nascita della corrente nel Partito democratico...
«Sono un complottatore talmente raffinato che abbiamo progettato dieci anni fa questo evento allo scopo di creare oggi una nuova corrente. Si direbbe un complotto lungimirante... ».

Le prime mosse del Pd l’hanno convinta?
«Stiamo lavorando, discutendo, ci stiamo confrontando».

Litigando...
«Sbaglia e di molto chi continua a descrivere un Veltroni accerchiato da "emissari dei vecchi partiti", peraltro gente eletta democraticamente. Una raffigurazione dannosa anche per Veltroni perché lo rappresenta in balia di complottardi ».

Ma neanche si può parlare di una brigata di vecchi amici...
«C’è discussione su molti temi come è normale nel momento in cui nasce il nuovo partito ».

Uno dei punti delicati della discussione riguarda il concetto di laicità e, più in particolare, i rapporti con la Chiesa. Il cardinal Bertone si è spinto a dire che si trattava meglio con l’ex Pci.
«È un errore raffigurare questi problemi come esclusivamente italiani. In realtà il tema del rapporto tra agire politico, scelte legislative e fedi religiose è un problema mondiale. Basta pensare a quello che succede negli Stati Uniti o, per altri aspetti, nel mondo musulmano. Sono la stessa crisi e insicurezza nel tempo in cui viviamo e la caduta delle grandi "visioni laiche" del mondo, che hanno sorretto l’agire politico, a proporre in modo nuovo questo tema. Bisogna rifuggire dalla tentazione dell’integrismo da una parte e dall’altra. Questo vale per i laici ma anche per la Chiesa. Guai se non vedessimo quale straordinaria risorsa etica e politica sia la presenza cristiana nella società italiana, ma sarebbe anche un grave errore da parte dei cattolici considerarsi come i monopolisti dell’etica. C’è un’etica laica della responsabilità e della libertà con cui si deve dialogare. Ma proprio per questo, i laici sbaglierebbero a chiudersi in una posizione minoritaria e rancorosa. Inoltre, il legislatore non può mai dimenticare che le leggi sono per tutti e devono quindi riflettere un compromesso accettabile per tutti».

Domani alcuni esponenti del Pd saranno in piazza San Pietro in risposta alla chiamata del cardinal Ruini.
«Anche io una volta ho risposto all’appello ad andare in piazza San Pietro, in quel caso era per la pace. Laicamente e liberamente si può scegliere l’appello al quale aderire».

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