Intervista
3 marzo 2008

D'Alema: il Pdl è nordista

Intervista di Giuseppe De Tomaso - La Gazzetta del Mezzogiorno


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Massimo D’Alema, vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri, sarà il capolista del Pd in Puglia per la Camera. Stasera sarà a Lecce.

Le forze minori di destra, centro e sinistra sostengono che Berlusconi e Veltroni siano la stessa cosa, e prevedono una megacoalizione sùbito dopo il voto. Hanno ragione o torto?
Dire che hanno torto è poco. Si tratta di una palese sciocchezza, anche se si tratta di una sciocchezza detta per legittima difesa. La stragrande maggioranza degli italiani percepisce che Veltroni e Berlusconi sono due proposte alternative, senza con ciò togliere nulla al valore degli altri protagonisti e messaggi. Del resto se ci fosse stato il desiderio di formare un governo di unità nazionale - soluzione che sarebbe stata ragionevole per un periodo limitato di tempo - si sarebbe potuto evitare il voto anticipato.

A suo parere, Casini è pentito di aver detto no alle vostre proposte?
Spero. Credo che Casini abbia gettato al vento una grande opportunità. Se davvero era interessato al sistema elettorale di tipo tedesco, per restituire ai partiti una più autonomia e identità, la strada era pronta. L’ha scartata, sbagliando, fidandosi di Berlusconi.

Sono in molti a sostenere che i programmi di Pd e Pdl siano più vicini rispetto al passato.
Non è vero. Certo, è opinione condivisa la necessità di diminuire la pressione fiscale, ma ci sono modi differenti, priorità diverse, nel ridurre il carico delle tasse. Per il Pd la priorità è la salvaguardia dei redditi più bassi, dei lavoratori dipendenti e dei ceti medi. Berlusconi da sempre si preoccupa solo dei ceti più ricchi.

Ma Veltroni propone la riduzione di tutte le aliquote, compresa quella più alta, il cui livello insostenibile spiegherebbe o, secondo alcuni, «giustificherebbe», per così dire, la tentazione di evadere.
L’evasione non si giustifica in nessun caso. La lotta all’evasione, per noi, rimane un punto fondamentale. Berlusconi, invece, con le sue misure, con i suoi condoni, l’ha favorita. Certo, con gradualità, e tenendo conto delle priorità, l’intera pressione fiscale va ridotta. Non vedo, però, convergenze tra i due programmi, salvo che nelle enunciazioni dei problemi sul tappeto. Ma chi è più credibile nelle soluzioni? I dati sono chiari: il governo Berlusconi ha prodotto l’aumento più sconsiderato della spesa pubblica primaria. Berlusconi è abilissimo nel comunicare, ma i guasti da lui generati sono incalcolabili. Invece il contenimento della spesa pubblica si è realizzato sempre durante i governi di centrosinistra.

Berlusconi però obietta che il basso profilo di Prodi, Padoa-Schioppa e Visco, in queste settimane, e la ripresa dell’inflazione, stanno a significare che il governo ha governato male.
Ma l’aumento dell’inflazione è un fenomeno europeo, che in Italia si è manifestato in misura assai inferiore. Berlusconi è un propagandista, l’80% di ciò che dice non ha un fondamento di verità. Se poi Berlusconi vuole dire che non è più riproponibile la governabilità del passato, fondata sulle coalizioni multipartitiche, di cui il governo Prodi è stato l’espressione, beh questa è la tesi di fondo della nostra campagna elettorale. Ne siamo così convinti che non solo non riproponiamo la formula del passato, ma abbiamo costretto lo stesso Berlusconi a inseguirci su questo terreno. Sarebbe come se noi, per rispondergli con lo stesso genere di argomenti, gli rimproverassimo di nascondere la Cdl. No, lui l’ha sciolta, la Cdl.

C’è chi sostiene che, in questa campagna elettorale, Berlusconi consideri Veltroni il «buono» e D’Alema il «cattivo». E’ davvero così?
Per decenni siamo stati abituati alla stupidaggine opposta. Non ci spaventeremo per questa. Si è detto per tanto tempo che io volessi fare l’inciucio con Berlusconi. Ora lo si dice di Veltroni. E’ un altro contributo allo stupidario del Paese, implementato anche da un giornalismo privo di fantasia.

L’ingresso dei radicali nel Pd è stata una mossa giusta o vi creerà problemi con l’elettorato cattolico? Un sondaggista come Manheimer prevede contraccolpi in termini di voti per il Pd.
Non credo che esista questo rischio. L’accordo con i Radicali è innovativo, non tradizionale: sono entrati nelle nostre liste, accettando il programma del Pd. Il che apre la strada, come con Di Pietro, a un processo di convergenza e confluenza. Tra l’altro, i Radicali sono stati tra i primi assertori del bipartitismo.

In caso di pareggio al Senato, cosa potrebbe accadere: sareste costretti a collaborare, voi e Berlusconi?
L’attuale legge elettorale è un lascito folle del centrodestra, il che di per sé renderebbe difficile la collaborazione con chi ha prodotto il male per il Paese. In campo, però, ci sono anche le forze intermedie che potrebbero ritrovarsi a giocare un ruolo determinante. E’ difficile abbozzare una previsione. Dico solo che sono scettico sulla possibilità di una collaborazione. Se Berlusconi voleva (o vuole) collaborare, poteva pensarci prima. Ma il suo autentico miraggio era e rimane la conquista del potere.

Non temete di pagare alle urne la vicenda dei rifiuti in Campania? Veltroni ha invitato Sassolino a dimettersi. Bassolino vuole continuare. Lei che pensa?
Veltroni ha detto che avrebbe rispettato le decisioni di Bassolino. Bassolino ha fatto le sue scelte, anch’io le rispetto. Prima, però, vorrei dire che l’emergenza rifiuti è una sconfitta di tutta la classe dirigente. Sono diversi anni che la gestione dei rifiuti è di tipo commissariale-governativo. Per 5 anni, la questione rifiuti in Campania è stata gestita dal governo Berlusconi, il quale si è liberato di ogni responsabilità. Certo, esistono localismi, ribellismi, timori irrazionali, ma il problema riguarda tutti. Nessun governo, tra quelli succedutisi, è stato in grado di risolverlo. Solo il governo Prodi ha adottato misure drastiche, inviando sul posto il prefetto De Gennaro. Berlusconi non può fare finta di essere un passante. Noi ammettiamo le nostre responsabilità. Ma Berlusconi cosa ha fatto quando era al governo? Deve dircelo.

Passiamo alla Puglia. La Regione ha aumentato l’Irpef, l’Irap e la benzina. Temete conseguenze ad aprile? Il Pdl dà per scontata la vittoria, compreso il premio di
maggioranza al Senato.

Non credo che la partita sia ristretta al Senato. Si giocherà invece a tutto campo. L’esito è incerto. I sondaggi vanno esaminati con cautela. Ad esempio, le tendenze sono più indicative dei numeri assoluti. La tendenza conferma la crescita costante del Pd. Il Paese ha percepito la novità del Pd come una risposta al bisogno di cambiamento, a cominciare dalla leadership di Veltroni. Berlusconi è stato una grande novità, ma 18 anni fa. Ora egli rappresenta un’anomalia, visto che si ripresenta per la quinta volta candidato alla guida del Paese. In Puglia, non abbiamo mai conquistato la maggioranza dei voti alle politiche. Se avvenisse, sarebbe una novità importante. Io sono fiducioso. Le amministrazioni locali guidate dal centrosinistra si sono rivelate di gran lunga migliori rispetto a quelle dirette
dal centrodestra. E poi, in una regione moderata come la Puglia, una forza che va oltre i confini della sinistra tradizionale rappresenta una novità non di poco conto.

E la questione delle tasse? Berlusconi a Bari ha ricordato che la Regione Puglia ha aumentato il prelievo.
Il Sole 24 ore ha pubblicato una ricerca analitica sul costo delle promesse elettorali. Dal Pdl emergono promesse per 100 miliardi di euro. Delle due: o questi investimenti sono una balla o non c’è alcuna compatibilità tra queste promesse e l’idea di ridurre drasticamente la pressione fiscale. Tanto più che la Cdl si è distinta per avere aumentato a dismisura la spesa pubblica corrente. Certo se si elimina il servizio sanitario gratuito per tutti, si possono ridurre le tasse. Ma a scapito delle compatibilità sociali. Quanto alla Puglia, la giunta sostiene di avere ereditato una situazione sanitaria che ha reso necessario l’incremento della pressione fiscale. E’ un dibattito interessante, ma ad aprile si voterà per il governo del Paese.

E’ vero che in Puglia, al Senato, il centrosinistra potrebbe presentare una lista unica tra Pd, Sinistra Arcobaleno e Sdi in grado di strappare il premio di maggioranza
al Senato?

A me non risulta. La legge elettorale comporta un accordo nazionale: ogni lista in gara deve sostenere un candidato premier nazionale. Non ho idea su come si faccia a desistere su questo obbligo previsto dalla legge. Certo, in Puglia, esiste una situazione particolare, legata anche al ruolo e alla figura del presidente della regione, ma, ripeto, qualsiasi soluzione deve prevedere il sostegno a un candidato nazionale. Mi domando: deve essere una lista che sostiene Veltroni? Se è così, si tratta di un’ipotesi la cui valutazione spetterebbe, innanzitutto, ad altri valutare.

La scelta dei candidati non è mai semplice. L’economista Viesti ha detto di essere «allibito» per il mondo in cui Veltroni ha selezionato i candidati del Pd.
Se non candidi le donne sei misogino. Se le candidi fai comunicazione. Come la fai sbagli. Noi abbiamo ritenuto giusto promuovere un largo rinnovamento della rappresentanza, anche se la politica non è solo rappresentanza. Certo, alcune scelte sono state difficili, come la decisione di non ricandidare l’onorevole De Mita. Ma quali sarebbero queste scelte discutibili?

La riposta più ricorrente è questa: si dovevano fare le primarie.
Sì, anch’io avrei preferito una legge elettorale in grado di assicurare una selezione più democratica, non decisa dall’alto, come in parte avviene. Sarebbe stato giusto convocare le primarie, ma avremmo avuto bisogno di più tempo. Per colpa dell’attuale sistema di voto, inoltre, avremmo rischiato di infilarci in uno scontro interno, lacerante, immediatamente a ridosso della campagna elettorale. Le primarie, invece, si fanno, per mille motivi, con ragionevole anticipo rispetto alla data elettorale. E siccome, questa legge elettorale folle si traduce nella nomina dei parlamentari, tutto lo sforzo si sarebbe concentrato nelle primarie: qui i candidati si sarebbero giocati il posto in Parlamento. Con il rischio di arrivare al voto con un partito diviso, con un partito che aveva esaurito le sue forze nel confronto interno delle primarie. Sarebbe stata un’operazione sbagliata e autolesionistica. Nanni Moretti sostiene che siamo specialisti nel farci del male, ma stavolta avremmo battuto ogni record. In ogni caso, ovunque, presenteremo liste assai forti.

Lei, da sempre legato alla Puglia, sarà il capolista alla Camera. Si parla molto dei problemi del Nord sui giornali, si parla poco del Sud, anche se nei programmi tutti lo pongono ai primi posti.
Il Pd ha dato e darà un peso notevole al Mezzogiorno, anche dal punto di vista della rappresentanza parlamentare. Se vincerà Berlusconi, la Lega reciterà un ruolo preponderante nella vita pubblica. Secondo i sondaggi, la Lega potrebbe risultare il vero vincitore della campagna elettorale. Non voglio demonizzare nessuno, però fatico a vedere nella Lega Nord il garante una nuova stagione di sviluppo del Sud. E siccome l’eventuale vittoria di Berlusconi comporterebbe un aumento di deputati e senatori leghisti, un Parlamento dominato da una forza nordista non sarebbe particolarmente sensibile alle ragioni del Sud.

Berlusconi dà molto peso all’alleanza con l’Mpa di Lombardo.
Lombardo è un uomo di potere siciliano. Nella migliore delle ipotesi difenderà gli interessi della Sicilia. Il suo principale obiettivo è diventare presidente di quella Regione. Io temo che, con la vittoria di Berlusconi, l’asse politico possa spostarsi al Nord. Il Pd dà importanza al tema della crescita. Anche il nostro impegno di ridurre la pressione fiscale si muove verso l’obiettivo di sostenere la crescita. Senza crescita, ogni proposito di redistribuzione del reddito attraverso la detassazione è pura demagogia. Il tema della crescita italiana è legato al problema delle donne e del Sud, le due grandi risorse sottutilizzate del Paese. Le infrastrutture sono una condizione importante dello sviluppo, idem la sicurezza, la lotta alla mafia e l’utilizzo delle risorse europee, quest’ultimo non sempre intelligente da parte della classe dirigente del Sud, che invece dovrebbe imparare a fare squadra soprattutto per le grandi scelte. La Puglia può rivelarsi una regione leader.

Infine, la politica estera. In Medio Oriente si continua a sparare e morire. L’America si prepara a scegliere il dopo Bush.
Sono assai preoccupato per la situazione in Medio Oriente, non soltanto per i nuovi massacri. Da una parte c’è l’estremismo di Hamas, dall’altra la condotta di Israele che non sembra in grado che parlare col linguaggio delle armi. Vasti strati dell’opinione pubblica israeliana spingono per il negoziato. E’ stato ed è un errore voler escludere Hamas dalla possibilità della trattativa. Il rischio, ora è che si fermi il dialogo di pace. In questo momento l’Europa dovrebbe far sentire la propria voce. L’Italia ha un ruolo importante da svolgere, visto che negli ultimi due anni ha recuperato la capacità di rivolgersi all’insieme dei Paesi mediterranei, di riscoprire la sua centralità, che non mette in discussione il nostro status di nazione occidentale e atlantica, ma che, sulla linea della migliore politica estera italiana, sa valorizzare il nostro ruolo di sostenitori della mediazione, della pace e del dialogo. Si possono discutere tante cose, ma i risultati della nostra politica estera sono sotto gli occhi di tutti. Noi abbiamo sostenuto la necessità di una svolta in Afghanistan e di una conferenza internazionale, ora la concomitanza della campagna elettorale impedirà all’Italia di essere tra i protagonisti dell’iniziativa. Il che addolora un po’, e sta a significare come la politica estera avrebbe bisogno di costanza, coerenza, attenzione, anche in funzione degli interessi nazionali nel sistema globalizzato. In Venezuela ho appena sottoscritto un accordo gigantesco per il futuro energetico dell’Italia, perché permetterà all’Eni di aumentare le sue riserve strategiche di petrolio. Penso che un governo diverso avrebbe incontrato più difficoltà.

Elezioni americane: cosa succederà se vincerà Obama?
Ci sarà la svolta anche se vincerà McCain che rappresenta un altro modo di affrontare i problemi del mondo rispetto a Bush. Mentre negli Usa c’è una diffusa vitalità, una riflessione critica, una nuova generazione in pista, e si profila un voto di svolta, noi, invece, rischiamo di essere l’unico Paese che va alle elezioni per tornare all’epoca Bush.

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