Intervista
19 giugno 2008

«Nessuna conta interna ma rimescoliamo le carte»<br>

Intervista di Ninni Andriolo - l'Unità


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Il 14 aprile, poi lo choc di Roma, ora la Sicilia: «Alle politiche non c’è stata una doppia vittoria, nostra e del centrodestra. No, ha vinto Berlusconi, per noi sconfitta di medio periodo». «Eravamo partiti con l’idea di stare da soli, poi si è detto che non siamo per l’autosufficienza, ora cerchiamo alleati...»

Presidente D’Alema, il dato delle amministrative siciliane va oltre la sconfitta Pd del 14 aprile. Più che un campanello d’allarme suona la sirena…
«Il voto della Sicilia, che viene dopo quello di Roma, contiene la verità del risultato del 14 aprile. Alle politiche non c’è stata una doppia vittoria, del centrodestra e nostra. Le elezioni le ha vinte Berlusconi. Questo non significa che noi non abbiamo ottenuto, comunque, il risultato di aver messo in campo una grande forza politica. Abbiamo perso, però. E la nostra è una sconfitta di medio periodo. Di fase, come ho cercato di dire fin dall’inizio. E se non corriamo ai ripari rischiamo un progressivo ridimensionamento».

Aumenta l’astensionismo tra gli elettori del centrosinistra, segno di un malessere crescente…

«C’è un fenomeno di demotivazione del nostro mondo che nasce anche dalla percezione di un voto non competitivo. In Sicilia, in particolare, con l’Udc nel centrodestra, pur con una certa differenziazione, c’è il rischio che la dialettica politica si sviluppi dentro un unico campo».

Il dato siciliano non può essere considerato come un incidente locale, non crede?

«Penso che si debba guardare in faccia la realtà di una sconfitta seria. E di un allarme al quale bisogna rispondere con uno sforzo capace di chiamare a raccolta tutte le forze di cui dispone questo partito. Spero che dall’Assemblea del 20 e 21 parta un messaggio di impegno comune, di sforzo unitario. E che si guardi a un lavoro di medio periodo per la costruzione ed il radicamento del Pd».

Le energie del Pd non sono state coinvolte pienamente?

«Vedo tantissime persone, anche di valore, che potrebbero essere coinvolte molto di più in un impegno comune. Il senso dell’Assemblea costituente dovrebbe essere quello di avviare una riflessione aperta e non già quello di realizzare una conta interna. Lo sforzo va volto alla costruzione di un grande partito plurale, in grado di valorizzare le sue diverse realtà. Nessuno può illudersi che i problemi che abbiamo di fronte si possano risolvere in tempi brevi. Si tratta di impostare questo processo nel modo giusto».

Dentro il Pd ci sono linee diverse, palesi o meno, che si confrontano e si scontrano?

«Noi eravamo partiti dall’idea che dovevamo stare da soli, poi si è spiegato che non siamo per l’autosufficienza e adesso siamo impegnati nella ricerca di alleati. Un’evoluzione ragionevole, che dimostra come le differenze, se mai vi fossero state, si sono consumate lungo la strada. La verità è che, come è naturale dopo una sconfitta di questa portata, stiamo scontando un periodo di messa a punto. Eravamo partiti da una certa analisi, quella dei due vincitori e della possibilità di un dialogo per mettere mano rapidamente al processo di innovazione del sistema politico-istituzionale in un senso fortemente bipolare. Mi pare che questa ipotesi sia tramontata e adesso ne stiamo prendendo atto. Dove sarebbe il contrasto di linee?».

Tra chi vorrebbe rinnovare e chi no, ad esempio…

«Fatico a vedere questa raffigurazione del tutto propagandistica per cui dentro il Pd ci sarebbero da una parte la linea del rinnovamento e dall’altra le forze conservatrici. Siamo in una fase in cui questo partito viene precisando tono, contenuto e carattere della sua opposizione».

Nel frattempo Berlusconi cambia stile e va all’attacco alle toghe…

«Il governo si rifugia in una politica di annunci che ha solo un connotato simbolico. Lo stesso ricorso all’esercito per presidiare i rifiuti o per pattugliare le città è segno chiaro di questa tendenza. In un Paese che ha 300mila addetti alla sicurezza, non credo che tremila soldati nelle città possano risolvere il problema. Una scelta, peraltro, che rischia di essere offensiva per le Forze Armate. Ma che tende a inviare il messaggio di un governo forte che non esita a utilizzare i militari. Viceversa, più che un governo forte, io vedo una certa confusione e l’assunzione di misure che sono scatole vuote non utili per il Paese». Allude alle proposte sugli immigrati?
«Il paradosso è che si moltiplica l’immigrazione clandestina - con le tragedie che si susseguono nel Canale di Sicilia - mentre si discute del reato di clandestinità. Che ha efficacia zero al netto di un messaggio truculento che punta solo a elevare il consenso».

E in politica estera?

«La campagna elettorale è stata giocata all’insegna delle regole d’ingaggio da modificare in Libano e del "no" al dialogo con Hezbollah o con Hamas. Ora in Libano si è fatto l’accordo di governo con Hezbollah. E Israele ha trattato con Hamas, attraverso l’Egitto, con i complimenti della Ue. A riprova che non si può fare la pace con metà dei palestinesi e senza fermare il conflitto a Gaza. Si è fatto quello si doveva fare, che scatenò gli attacchi del centrodestra nei miei confronti».

E la mancata presenza dell’Italia nel gruppo cinque più uno sull’Iran?

«Quello fu un errore del governo Berlusconi nel 2003. E oggi, magari grazie a un più forte allineamento filo Bush, si pensava che l’Italia potesse entrare in quel gruppo. Così non è stato».

Serve un congresso per definire meglio il profilo d’opposizione del Pd?

«I congressi possono essere momenti importanti e necessari. Ci sono congressi ordinari, che vengono alla normale scadenze. Se, invece, si chiedono congressi straordinari, bisogna avere chiare le loro finalità. Ho sentito dire che volevamo fare un’assise del nostro partito che avesse come obiettivo il rilancio programmatico e il consolidamento organizzativo. Altro, invece, sarebbe fare un congresso sulla leadership. Ma questo mi sembra che non lo chieda nessuno».

Presidente, dialogo chiuso, quindi, con Berlusconi?

«Ritengo un fatto positivo che vi possa essere un dialogo con la maggioranza. Non propongo affatto di ripiegare verso la demonizzazione dell’avversario, che tra l’altro è una pratica che non mi è mai appartenuta, nemmeno quando era tanto di moda. Non vorrei, adesso, che si determinasse uno scambio di ruoli e che, dopo essere stato messo sotto processo per "inciucismo", mi si accusasse di un anti berlusconismo primitivo. Il problema non è questo. Ma l’analisi della situazione, la valutazione realistica di quali siano i margini di questo dialogo e gli obiettivi che si vogliono raggiungere».

Veltroni ha chiesto a Berlusconi di togliere di mezzo le norme per congelare i suoi processi. Se questo dovesse accadere il dialogo potrebbe ripartire?

«Ci sono due ordini di problemi. Uno, certamente, è il fatto che le gravi forzature di natura anche istituzionale che Berlusconi sta introducendo rendono il dialogo molto difficile. Siamo tornati a quegli atteggiamenti che hanno gravemente compromesso la vita politica italiana. Poi c’è un altro aspetto che riguarda il dialogo sulle riforme istituzionali e che io ritengo auspicabile. Questo, però, richiede da parte nostra una messa a punto della piattaforma istituzionale con la quale andiamo al confronto. Perché il dialogo è un metodo, che va benissimo, ma che va commisurato ai fini, al consenso e alle alleanze che si realizzano intorno a essi».

L’incontro di martedì promosso da Italianieuropei è stato letto come prova di una nuova alleanza che va da Salvi a Casini…

«Italianieuropei, che viene presentata come una corrente, esiste da dieci anni. Da quando, cioè, il Pd non era nella testa di nessuno. Ma è oggetto, oggi, di una violenta campagna di disinformazione di alcuni quotidiani. Per una istituzione culturale che collabora con tante personalità del mondo della cultura, essere descritta come corrente politica può creare problemi. C’è quasi la volontà di metterci a tacere. Un giorno è la riunione della corrente di D’Alema, il giorno dopo è l’assemblea del nuovo centrosinistra…».

Ci spieghi cosa è accaduto l’altro ieri, allora…

«Insieme ad altre fondazioni, che ringrazio, a cominciare da Astrid, abbiamo fatto un seminario scientifico del quale è stato protagonista un gruppo di costituzionalisti e giuristi tra i maggiori del nostro Paese. C’erano alcune personalità politiche dell’opposizione che hanno collegamenti con alcune delle fondazioni promotrici dell’incontro. Mi ha colpito la convergenza di analisi, la preoccupazione sulla deriva di una sorta di presidenzialismo di fatto, senza regole, che sta prendendo piede nel nostro Paese. Si è discusso di come si riorganizza una democrazia funzionante a partire dalla necessaria opera di ricostruzione dei partiti, dall’efficienza delle istituzioni, dal corretto rapporto tra esecutivo e assemblee elettive. Nello spirito della semplificazione della vita politica, fatto molto positivo, che però non può andare a discapito della rappresentanza e della legittimazione delle istituzioni. Altro che espediente di lotta politica, quindi».

Sotto accusa è l’"opacità" della fondazione Italianieuropei…

«Ma si è anche detto, subito dopo, che quelle dichiarazioni erano state travisate dalla stampa. In realtà, nulla è più trasparente di Italianieuropei. Il nostro patrimonio è inalienabile, i nostri bilanci sono pubblici. Leggo sui giornali di correnti che si riuniscono, legittimamente aggiungo io. La cosa che crea diffidenza, forse, è che noi non ci riuniamo per chiedere posti, ma per fare analisi e proporre idee. Questo evidentemente crea sospetto. È allarmante che in un grande partito democratico ci si accanisca contro chi cerca di produrre idee e si festeggi, invece, il correntismo proliferante. Il Pd dovrebbe considerarci come una risorsa».

Anche fuori dal Pd le attribuiscono l’obiettivo di un "partito nel partito". C’è perfino il progetto di una televisione….

«Ho letto cose inaudite. C’è molto provincialismo, per la verità. Il Partito socialista francese è un fiorire di club e di centri di iniziativa. Al Gore ha una Tv molto innovativa e interessante. Stiamo parlando delle forme moderne di organizzazione della politica».

Le spinte centrifughe non è che rafforzino il Pd, però…

«Non c’è nessuna spinta centrifuga. Io, tra l’altro, sono contrario alla demonizzazione delle correnti. In questo ci vedo un riflesso vetero staliniano che resta tra noi malgrado i cambiamenti...».

Legittima anche una sua corrente, quindi?

«A me non interessa fare una corrente, l’ho detto e lo ripeto. Non ho finalità legate agli equilibri politici all’interno del Partito democratico. Non ho chiesto nulla, né incarichi, né presidenze, né vicepresidenze. Diceva Formica che le correnti nascono da grandi ideali, ma finiscono per essere sindacati di tutela del ceto politico. Ecco io ritengo legittime le correnti, ma ritengo sgradevole se si partisse dalla seconda fase».

Un partito di componenti, correnti e fondazioni ha bisogno di una leadership a cui venga riconosciuto un forte potere di sintesi…

«È chiaro che un partito così articolato ha bisogno di una forte sintesi, di organismi dirigenti autorevoli e pienamente rappresentativi. Spero che questo sia uno dei principali obiettivi dell’Assemblea costituente. Il nostro è un partito che ha una genesi plurale e le diverse componenti tendono a rimanere in collegamento tra di loro. Certo, è una dialettica ancor oggi, purtroppo, legata più alle provenienze che al futuro. Tutto questo non va demonizzato. Penso, però, che il vero problema di oggi sia quello di rimescolare le carte e di mettere in circolazione idee, culture, modi di pensare diversi. Da qui nasce l’idea di affiancare alla fondazione anche un’associazione di persone che intendono partecipare all’elaborazione di idee nuove».

La stessa che oggi conterebbe un terzo dei parlamentari Pd? Ma quella viene indicata come riprova del "partito nel partito"…

«Si scrivono cose ridicole. Anche per prudenza nei confronti di tutte queste polemiche, abbiamo deciso di presentare questa associazione dopo l’Assemblea costituente. Lo faremo a Roma il 24 giugno, crediamo che debba essere composta da parlamentari, e esponenti del mondo della cultura, da chi vuol collaborare con la fondazione, con le sue iniziative. Per farli vivere anche in giro per il Paese e per arricchire i nostri collegamenti con il mondo scientifico. L’idea, quindi, è quella di un’istituzione culturale di tipo nuovo. Ci muoviamo nell’ambito del Pd, ma non siamo un’associazione di membri del Pd. E non ci spetta quindi una quota negli organismi del Pd…».

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