Intervista
12 marzo 2009

ECCO IL MIO PACCHETTO PER IL SUD

Intervista di ALESSANDRA FLAVETTA – La Gazzetta del Mezzogiorno


ROMA - La crisi? «Ha conseguenze gravi sulle aree più deboli del Paese, anche se i suoi effetti più visibili si avvertono nelle aree più industrializzate e questo ha rafforzato l’orientamento antimeridionale del governo». Le grandi infrastrutture? «Sono le stesse presentate da Berlusconi, nel 2001, sulla cartina di Vespa e poi, quando siamo arrivati al governo abbiamo trovato 60 miliardi di opere deliberate dal Cipe senza copertura finanziaria». Il piano casa? «E’ la legalizzazione dell’abusivismo che porrà problemi terribili ai Comuni e alle Regioni, sottoposti a pressioni gigantesche e con rischi molto gravi nel Mezzogiorno: vorrei capire chi è che pagherà gli oneri di urbanizzazione ed i servizi». Il presidente della Fondazione Italianieuropei, Massimo D’Alema, ci accoglie nella panoramica sede di piazza Farnese per illustrare il pacchetto di interventi anticrisi per il Sud annunciato nei giorni scorsi: credito d’imposta per le imprese del Sud, contratti di sviluppo, prestito d’onore e dieci “no tax zone” nelle regioni meridionali, con la ripresa del confronto con l’Ue sulla fiscalità di vantaggio, argomenti di cui l’ex presidente del Consiglio ha già parlato con il ministro del Tesoro Giulio Tremonti: «Questo governo – premette l’esponente del Pd – non ha un orientamento meridionalista, nasce programmaticamente lontano dal Mezzogiorno. L’asse del governo è la questione settentrionale, prevedibile con la Lega, e il Sud vi ha un peso marginale anche nella struttura di governo: non mi pare ci siano – osserva caustico – personalità meridionali con posizioni chiave».

Sta dicendo che l’antimeridionalismo impedisce misure specifiche per il Mezzogiorno?
Non solo, ma vengono smantellate tutte quelle che ci sono, senza che si levi una voce da parte del ceto politico di destra meridionale. Sono stati saccheggiati i fondi Fas e utilizzati per coprire tutte le buche e sono state definanziate tutte le misure strutturali per il Mezzogiorno del centrosinistra: credito d’imposta, contratti di sviluppo e prestito d’onore. Se in Italia si potesse mangiare comunicazione, vestirsi con le dichiarazioni e abitare le barzellette, staremmo una meraviglia, su questo è straordinario l’impegno del presidente del Consiglio. Il problema vero, invece, è rappresentato dalla stretta creditizia che sta, come una falce, tagliando le piccole e medie imprese sottocapitalizzate, che senza il credito, falliscono. Questo incide su tutta la struttura produttiva del Paese, ma rischia di scardinare quella più fragile del Mezzogiorno.

Con Tremonti ha parlato della Banca per il Sud?
Sì, non si capisce ancora quale sia il progetto, ma siamo interessati a discutere con il governo di cosa possa essere, purché non diventi un modo di erogare il credito sulla base di un criterio di selezione politica. La Banca per il Sud potrebbe essere un’istituzione che mette insieme banche ed organismi esistenti, come l’Agenzia per l’attrazione degli investimenti che una volta si chiamava Sviluppo Italia, senza moltiplicazioni e nuovi carrozzoni burocratici. Parlano del Ponte sullo Stretto, ma come può essere presentata come misura anticongiunturale? Se mai partirà, sarà nel 2010, quando la crisi dovrebbe essere finita. E l’elenco di opere pubbliche è una grande chiacchiera: in minima parte sono cantierabili. Trovo che le misure del governo siano scarsamente incisive e che non tocchino i problemi fondamentali, che sono la difesa del tessuto sociale delle imprese e la difesa dei ceti sociali più deboli, salvo gli ammortizzatoti sociali in deroga ottenuti dai sindacati, in parte finanziati dalle Regioni. L’unica misura importante che oggi rivendica Tremonti è l’Iva agevolata in edilizia, che è un intervento del centrosinistra che hanno confermato.

Come valuta questo messaggio di ottimismo del governo, con Tremonti che non vuole commentare dati ansiogeni sull’occupazione, cresciuta in due mesi del 46%?
Mettere la testa sotto la sabbia non genera ottimismo, c’è da essere ansiosi per la sottovalutazione della crisi da parte del governo. Obama ha fatto un discorso allarmante ed ha preso misure per 800 miliardi di dollari. Gli Usa e gli altri Paesi guardano alle cose sostanziali, la necessità di sostenere lo sviluppo attraverso politiche di investimento che puntano all’innovazione. Sbloccare la ricerca sulle staminali embrionali darà uno slancio alla ricerca biomedica. Noi, invece, nel 2020 compreremo dai francesi alcune centrali nucleari obsolete, con una tecnologia già matura oggi. L’altra direttrice della politica americana è ridurre le disuguaglianze, perché una delle ragioni di questa crisi è che la ricchezza si è concentrata in una fascia ristretta di popolazione e ciò ha reso la società più fragile e meno propensa ai consumi. Da noi non c’è nessuna misura di sviluppo innovativo e di redistribuzione della ricchezza a favore dei ceti che si sono impoveriti: negli ultimi 10 anni, i redditi da lavoro autonomo sono aumentati del 44%, quelli da lavoro dipendente del 6%. L’Italia è il Paese in cui è cresciuta di più la disuguaglianza sociale e anche quella territoriale tra Nord e Sud.

La sua terapia?
La prima cosa da fare sarebbe ripristinare i finanziamenti per il credito d’imposta, che rimane lo strumento più efficace. Penso che si potrebbe, per sostenere immediatamente la liquidità delle imprese, applicare il credito d’imposta anche retroattivamente, trasformandolo in una deduzione aggiuntiva degli investimenti effettuati nel triennio 2006-2008. Credo che si dovrebbero rifinanziare i contratti di sviluppo e il prestito d’onore e potremmo aprire con l’Europa una discussione sulla possibilità di applicare politiche fiscali differenziate, a regime, nel Mezzogiorno. Anche perché siamo in una fase in cui le istituzioni comunitarie, di fronte alla crisi tengono ad adottare maggiore flessibilità rispetto alle rigidità del passato. La Corte di Giustizia europea ha ridotto la valenza assoluta della posizione della Commissione, nel senso che con sentenze relative alle Azzorre nel 2006 e ai Paesi Baschi nel 2008 non ha escluso in maniera assoluta la possibilità di ricorrere a degli interventi di fiscalità di vantaggio. Queste condizioni possono consentire di riaprire il confronto. L’idea potrebbe essere quella di una esenzione fiscale per 5 anni a favore delle imprese del Mezzogiorno, potrebbe anche essere un provvedimento più limitato, ma di forte impatto anche sperimentale, cioè la creazione di un certo numero di no tax zone.

Ma stanno già partendo le zone franche urbane. Quale sarebbe la differenza?
Io penso ad aree di sviluppo, ad operazioni in cui, attraverso i contratti di sviluppo per l’infrastrut - turazione, si attraggano investimenti nuovi. Questo comporta una selezione, perché nel passato avevamo aperto questa discussione con le Regioni ed eravamo arrivati ad una settantina di candidature, mentre noi pensiamo di farne una decina, concentrando gli interventi in poli di sviluppo già esistenti o favorendone la nascita nelle Regioni di convergenza.

Quanto può costare questo pacchetto Mezzogiorno?
Qualcosa tra i 5 e i 6 miliardi, ma sono risorse che esistono. Poi, perché arrivino a regime le no tax area ci vogliono degli anni, non è che bisogna andare lì con i soldi. E’ una questione di priorità, di strumenti, di messaggi. Certamente il Mezzogiorno per questo governo non è una priorità. Noi siamo pronti a discutere del pacchetto Sud e della Banca con il governo, ma c’è anche il parlamento, sede naturale, il sistema imprenditoriale meridionale, le Regioni e i Comuni.

Spesso le imprese, a qualche anno dall’investimento e terminato il credito d’imposta decidono comunque di trasferirsi all’estero…
Forse è successo prima, ma il credito d’imposta è una forma di rimborso degli investimenti che vengono fatti, nessuno dà dei soldi, se tu assumi un giovane con contratto a tempo indeterminato ti detrai una parte degli oneri dalle tasse. La differenza tra il credito d’imposta e forme precedenti d’incentivazione è che mentre nel passato c’è stato chi ha preso i soldi, ha costruito il capannone ed è scappato via, con il credito d’imposta ti rimborsi dalla tasse investimenti effettivamente fatti, una forma automatica, non mediata politicamente. E’ un sistema antimbroglio. L’automatismo è la ragione dell’efficacia, mai come in questo momento, con una riduzione dell’occupazione e una caduta degli investimenti, sarebbe necessario. Senza contare che ci sarà meno bisogno di ammortizzatori sociali se l’imprenditore fa gli investimenti e crea occupazione con il credito d’imposta. Dire non abbiamo i soldi non funziona. Obama ha messo le tasse sui più ricchi per finanziare l’assistenza sanitaria, che negli Usa è legata all’occupazione. In questo senso, la proposta di Franceschini si ispira allo stesso principio. Compito dello Stato è la redistribuzione con obiettivi di sviluppo e giustizia sociale. In Italia, invece, alcuni provvedimenti del governo stanno favorendo una forte ripresa dell’evasione fiscale, che è un modo per togliere soldi alle classi più deboli; la cancellazione totale dell’Ici e anche il piano case sono tutte misure volte a favorire i più ricchi. Potremmo, inoltre, allentare il vincolo del patto di stabilità interno e consentire a Regioni e Comuni di fare inve stimenti, opere immed iatamente cantierabili, tanti piccoli lavori per le imprese locali.

Nel Mezzogiorno la questione meridionale sta riprendendo vigore, a destra, con l’Mpa di Lombardo e il movimento di Poli Bortone. Come valuta il fenomeno?
E’ un segnale interessante il fatto che una parte del centrodestra meridionale cominci a manifestare una crescente disaffezione, un malessere. Il punto vero è che queste posizioni giustamente critiche verso il governo nazionale dovrebbero tradursi in maggiore iniziativa. L’ho detto anche al congresso del Mpa: il problema è come votate in parlamento. La Poli Bortone, che ha preso una chiara distanza dalla maggioranza e mi sembra si stia collegando all’Udc, è una donna coraggiosa, coerente. Altri protestano senza avere la stessa determinazione.

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