Intervista
12 giugno 2009

"NUOVE ALLEANZE PER IL SUD"

Intervista di Teresa Bartoli - Il Mattino


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Roma. Il «sultanato orientale» berlusconiano è «uno schifo», «un problema politico», «l’altra faccia» di un governo che «non affronta la crisi». Massimo D’Alema percorre il Sud a tappe forzate per la campagna elettorale del Pd. E proprio qui vede aprirsi la possibilità di «isolare la destra nordista berlusconiana» per «un nuovo meridionalismo che coinvolga l’Udc e pezzi di società civile, in prospettiva delle regionali».
D’Alema, la carta dei valori della sinistra è «Novella 2000», come dice Silvio Berlusconi?
«Devo dire che vedendo le immagini di veline e cantastorie sugli aerei di Stato, scortati dalla polizia, mi viene da dire che è uno schifo. E che in un paese alle prese con una grave crisi economica ci si aspetterebbero dal capo del governo sobrietà e rispetto dei cittadini. Berlusconi ha messo l’Italia in una situazione imbarazzante. Lui è il responsabile. Una situazione avvertita da gran parte dell’opinione pubblica internazionale. Non so se questo lo scriva anche ”Novella 2000”, ma certamente lo scrive il ”Times” di Londra».
La stampa internazionale è entrata nel mirino del premier. Quegli articoli sulla «maschera del clown» non danneggiano l’Italia?
«È curioso vedere certi giornali italiani che sembrano stranieri tanto osservano divertiti e distaccati questa situazione. Mentre ci sono giornali stranieri che scrivono quel che dovrebbero raccontare quelli italiani».
È normale che la stampa, tv in testa, nasconda quel che avviene?
«Non c’è dubbio che la situazione dell’informazione, e di quella televisiva in particolare, è pesantemente anomala. E che viene presentata una realtà edulcorata e distorta. Questo è un fatto estremamente grave. Ma sono sempre stato convinto che, pure con questo handicap che altera il normale confronto democratico, si possa vincere: la forza della politica e della mobilitazione dei cittadini possono battere queste distorsioni dell’informazione che sono sotto gli occhi di tutti».
Berlusconi sostiene che, non potendo attaccarlo per via politica, tentate la spallata per via scandalistica «insufflando» la stampa estera.
«Mi permetto di dire che questa arroganza, questo spreco di denaro pubblico, questa idea del potere da sultanato orientale è un problema politico. È l’altra faccia di una politica che ritiene che la crisi non c’è e non fa nulla per affrontarla. In particolare nel Mezzogiorno, dove l’abbandono e l’appropriazione indebita dei fondi per il sud sono state l’unica misura del governo».
Anche quando Fiat ha perso la gara per Opel il Pd ha parlato di «distrazione» del governo. C’è chi pensa, invece, che Berlusconi abbia favorito l’«amico Putin»...
«Non voglio neanche sospettarlo. Pensavo fosse impegnato a nascondere le foto delle festicciole... No, il sospetto di una combine ai danni dell’Italia mi sembra esagerato».
Per il premier anche la crisi é invenzione della «sinistra pessimista».
«Vi sono fenomeni crescenti di impoverimento e famiglie colpite in modo drammatico per la perdita del lavoro, che hanno bisogno di misure di protezione. Ed è scandaloso che il governo abbia respinto la nostra proposta di creare, con un prelievo dai redditi più alti e da quelli dei parlamentari per primi, un fondo contro la povertà. E c’è anche un altro grande problema più grande».
Quale?
«La crisi sta cambiando la realtà del mondo, segna la fine di un ciclo. Non è una parentesi che prima o poi passa, come dice Berlusconi. Ne usciremo profondamente trasformati. E i paesi governati, dove non ci sono sultani che passano il tempo tra cantanti e veline, investono su innovazione e ricerca, sull’energia alternativa, preparano il futuro: considerano la crisi un’occasione per ripensare il modello di sviluppo, intervenire sui modelli sociali, fare grandi riforme. Quelle di cui parlano Confindustria, Sindacati e Banca d’Italia. Ma l’Italia non ha una strategia di riorganizzazione dell’economia. Quindi, se oggi è la sesta potenza economica del mondo, nei prossimi dieci, vent’anni sarà proiettata verso il ventesimo posto».
L’Italia non c’è perché ipnotizzata da Berlusconi?
«Questa è un’analisi pessimistica del nostro paese. Certo, in molte realtà del mondo sono i progressisti a guidare la nuova stagione. Ma non in Europa, continente vecchio, impaurito, dove si manifestano fenomeni di populismo, nazionalismo e xenofobia. Non è un problema solo italiano anche se, certo, il caso italiano è particolarmente doloroso per il nulla che ci governa. Si tratta di liberare l’Europa da questo sentimento di paura che ne frena le potenzialità innovative e spero che le elezioni europee diano un segnale. Quanto all’Italia, non è vero che è berlusconiana: a conti fatti, è berlusconiano un italiano su tre: una minoranza, anche se rumorosa e fanatica. Il punto è trasformare in maggioranza di governo il sentimento di rifiuto e distacco della maggioranza degli italiani».
Il Pd deve ripensare la sua politica?
«È un problema politico che certamente il Pd deve porsi con molta serietà. Ma sarà discusso dopo le elezioni, dal congresso, e tanto meglio in quanto usciremo dalle elezioni in piedi: lo sfondamento della destra, il plebiscito per Berlusconi non ci saranno. Vedo una ripresa di presenza e motivazione del nostro elettorato. Al quale chiedo di votare i nostri candidati che, a differenza di quelli finti del Pdl lavoreranno seriamente a Bruxelles. A cominciare dal capolista Paolo De Castro».
Anche nel Sud?
«Qui si misura tutta la frattura tra mezzogiorno e governo del paese. Questo sta producendo fenomeni nuovi che non vanno derubricati a fatti locali, come si è affrettato a dire Berlusconi evidentemente preoccupato. Lo scarto di Lombardo in Sicilia o la rottura di Poli Bortone in Puglia sono sintomi di una rivolta contro il carattere nordista antimeridionale del governo. In nome di un meridionalismo rinnovato, che affronti anche i problemi interni della qualità della classe dirigente meridionale, può aprisi un processo politico nuovo nel sud. Una cooperazione meridionalista oltre i confini del centrosinistra: credo che la rappresentanza meridionale della destra nordista berlusconiana possa essere isolata e si possa creare una convergenza che coinvolga l’Udc e pezzi di società civile. La partita è questa. Anche nella prospettiva delle regionali».
E a livello nazionale, bisogna riaprire il discorso delle alleanze?
«Lo dico da un anno: siamo una forza politica fondamentale ma non autosufficiente. Bisogna costruire un nuovo centrosinistra. Che abbia, certo, coesione e credibilità maggiori rispetto all’esperienza dell’Unione, ma il tema è un nuovo centrosinistra per il governo del paese».

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