Massimo D'ALEMA (Italia), deputato, ex primo ministro italiano.
"Signor Presidente, è per me un grande onore partecipare a questo momento di discussione e di celebrazione del 60° anniversario della NATO.
Credo che il mio compito sia quello di testimoniare un momento cruciale della vita dell'Alleanza che mi trovai a vivere come protagonista. Fui infatti io, in qualità di Presidente del Consiglio, a partecipare alle celebrazioni per il 50° anniversario della NATO ed a negoziare quel nuovo concetto strategico che implicava la ridefinizione del ruolo dell'Alleanza nel nuovo contesto internazionale e a vivere in prima persona quella prova così impegnativa ed umanamente difficile che furono il conflitto nel Kosovo e una parte del conflitto nei Balcani. Vicende che rappresentarono certamente un test essenziale per la NATO e le sue nuove funzioni.
Certo, gli anni Novanta furono un momento straordinario di cambiamento e di passaggio. Non esaurita, ma certamente ridimensionata, la tradizionale funzione di garante dell'equilibrio della sicurezza in Europa, l'Alleanza si trovò di fronte alla necessità di definire nuovi compiti, nuove prospettive nel mutato scenario internazionale.
E di quanto fosse mutato quello scenario internazionale ne e’ testimonianza, in una certa misura, persino il mio ruolo nelle celebrazioni per il 50° anniversario, essendo stato un dirigente del Partito comunista italiano. Ricordo che, a conclusione delle cerimonie di Washington, durante una colazione dei Capi di Stato e di Governo aderenti alla Partnership for peace, fu il presidente polacco dell'epoca, Kwaśniewski, ad osservare come intorno a quel tavolo vi fosse un certo numero di membri dell'ufficio politico del Partito comunista dell'Unione Sovietica: era difficile immaginare una testimonianza più eloquente del successo storico dell'Alleanza Atlantica.
La NATO, dunque, ben lungi dall'avere esaurito il suo compito con la fine della guerra fredda, ridefinì la sua funzione: da alleanza militare dei Paesi occidentali nel mondo diviso in due a struttura per la sicurezza internazionale, garanzia di stabilità, strumento per missioni di peace-keeping, di peace-enforcement, sotto la responsabilità o in collaborazione con le Nazioni Unite.
L'Alleanza ha saputo affrontare con successo queste sfide, quali la gestione del processo di allargamento europeo, che ha rappresentato una sanzione ed una assicurazione per le nuove democrazie dell'Europa centrale e orientale. Mi trovavo a Varsavia il giorno in cui la Polonia entrò nella NATO e ricordo che fu una festa per i polacchi, i quali vissero l'ingresso nell’Alleanza come compimento e garanzia del processo democratico.
Allargamento della NATO e costruzione di un rapporto di collaborazione con la Russia, nel quadro della Partnership for peace, sono stati i compiti affrontati con successo e richiedono ancora oggi l’impegno dell’Alleanza. Sono convinto, infatti, che siamo ancora di fronte alla necessità di proseguire lungo la strada di un allargamento graduale, che non appaia una minaccia verso il nostro grande vicino ad Oriente, ma che si sviluppi nel quadro di una rinnovata cooperazione.
Contemporaneamente, la NATO ha affrontato la difficile prova delle sue missioni per la pace. Il test dei Balcani e’ stato al tempo stesso importante e drammatico. Ricordo la scelta inevitabile dell'azione militare di fronte all'invasione serba del Kosovo e alla violazione massiccia dei diritti umani. Ricordo le discussioni difficili, anche in seno all'Alleanza, circa la misura da adottare nell'uso dello strumento militare. A questo proposito, voglio qui sottolineare il carattere democratico dell’Alleanza, non soltanto perché propugna i valori della democrazia, ma perché è il luogo di una collaborazione paritaria, anche tra Paesi che hanno un peso economico, politico, militare così diverso. Ricordo lo sforzo per combinare l'azione militare con l'impegno politico, economico, civile, di assistenza alle popolazioni. E lo sforzo per riannodare il dialogo internazionale, giacché è pur vero che i bombardamenti si svolsero senza l'autorizzazione del Consiglio di sicurezza, ma alla fine fu il Consiglio di sicurezza ad autorizzare la KFOR ad entrare nel Kosovo, ristabilendo così quella collaborazione fra NATO e sistema delle Nazioni Unite che è vitale per la sicurezza e la legalità internazionale.
Dunque, fu una prova di successo, a cui l'Italia dette un contributo essenziale, anche affrontando, per la prima volta nel dopoguerra, prove militari impegnative e assumendosi rilevanti responsabilità. Lo ricordo come un momento positivo della nostra storia, della nostra vicenda politica condivisa. Penso che quella esperienza resti e si proietti verso il futuro.
La NATO è un caposaldo di quel multilateralismo internazionale, che noi riteniamo essere la forma migliore di governo del mondo. Lasciatemi dire che nessuna coalition of willings potrà mai sostituire il ruolo essenziale dell'Alleanza Atlantica, la sua legittimità, che si fonda sulla collaborazione fra i Paesi democratici del mondo e sulla collaborazione fra gli Stati Uniti d'America e l'Europa.
In fondo, le discussioni che avemmo allora restano attuali. Le sfide che attendono l’Alleanza richiamano le prove su cui si e’ misurata ieri. Ancora oggi, infatti, occorre rafforzare la collaborazione con la Russia, superando le incomprensioni che si sono determinate negli ultimi anni. Ancora oggi bisogna guardare ad Oriente, a Paesi che aspirano ad essere membri dell'Alleanza e delle cui ambizioni non possiamo negare la legittimità, pur sapendo di dover conciliare un processo di allargamento con esigenze più generali di sicurezza e di cooperazione. Ancora oggi siamo di fronte alla difficolta’ di una grande missione di pace, quella in Afghanistan, così impegnativa, così complessa, dove più che mai c'è bisogno di combinare la politica, l'assistenza alle popolazioni, con l'inevitabile azione militare contro il terrorismo.
L'Alleanza -ne sono convinto- camminando lungo la strada dei suoi successi, saprà vincere anche queste sfide. Grazie. (Applausi).