Intervista
3 ottobre 2009

NIENTE SCISSIONI NE’ SALTI INDIETRO. DA FRANCESCHINI CAMPAGNA DISTRUTTIVA

Intervista di Claudio Tito - La Repubblica


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Roma - "Il nostro segretario ha caratterizzato la campagna congressuale puntando sulla recriminazione. Toni allusivi e discredito. Il suo progetto sembra "contro" e non "per". Allora io dico: basta bugie, basta recriminazioni. Si discuta in modo aperto e chiaro. Sulle cose vere ". Massimo D’Alema non nasconde la sua irritazione per come si sta chiudendo l’ultima fase del congresso Pd. Gli affondi di Dario Franceschini rappresentano un’"offesa" per i militanti e un “danno alla casa comune”.
Le polemiche nel partito, però, sono fisiologiche a pochi giorni dal congresso?
"Si, ma non le bugie. Si è voluto riaprire il tema del conflitto di interessi accusando la Bicamerale di aver bloccato quel provvedimento. Non è vero. La Camera approvò il provvedimento nel marzo del ’98. Quando fui al governo cercai di renderlo più rigoroso. Alla fine, dopo la crisi del Governo D’Alema, il provvedimento fu abbandonato”.
Ci sarà un motivo perché il confronto è diventato così aspro?
"Il segretario ha scelto di alzare il tono della polemica interna dopo lo shock dei risultati congressuali. Una cosa inaccettabile".
Inaccettabile?
"Certo, Franceschini ha partecipato alla costruzione del Pd. L’intero gruppo dirigente, a cominciare dai segretari di Ds e Margherita, è con lui. Non è serio descrivere il partito come si fa in queste ore, in cui sembra che il Mezzogiorno sia clientelare perché ha votato Bersani, mentre la Sicilia sarebbe una Regione della Scandinavia perché ha votato lui. Se ci sono irregolarità, le si denunci con precisione. Ma una campagna distruttiva contro il nostro partito da parte di quelli che lo hanno costruito è un danno alla casa comune".
Bersani è in vantaggio, ma il passaggio definitivo, però, ci sarà con le primarie.
"Certamente. E siamo fiduciosi che il voto degli elettori confermerà e amplierà il consenso attorno a quello che si è dimostrato il candidato più credibile. D’altro canto, i nostri iscritti non sono dei marziani, ma una quota rappresentativa dei nostri elettori ".
Qualcuno ha suggerito al segretario di prenderne atto subito rinunciando alla corsa. È d’accordo?
"No, e l’ho detto subito. Ma rivolgo un appello: utilizziamo questi 20 giorni per un confronto civile sui problemi reali del paese ".
Cosa intende?
"L’Italia sta andando indietro. Non si tratta solo di una perdita di credibilità internazionale, ma della caduta di ricchezza nazionale, della stentata prospettiva di ripresa. L’Italia è stata per 60 anni un paese di punta, è diventata la quinta potenza economica del mondo e ora ci avviamo a diventare la ventesima. Questo governo non ha una strategia. Ha solo un "capo" che trasmette la sensazione di avere una forza. Anche perché noi non siamo stati capaci di rappresentare una alternativa credibile di governo. Questo è il problema, questo dovrebbe essere il tema del congresso. Di questo sta parlando Bersani".
Rutelli non è convinto, sembra pronto a lasciare.
"Non credo che sia possibile né ragionevole una scissione. Mi rendo conto che c’è un malessere ed una critica che vengono da Rutelli. Voglio parlarne con lui, anche perché mi sembrano problemi che vengono più da lontano, e non vengono certo da Bersani".
Lo accusa di voler tornare ad un partito socialdemocratico.
"È un argomento pretestuoso. Nessuno vuole tornare al passato. Semmai il problema è fare ciò che finora non è stato fatto: costruire davvero il Pd. Ma qual è la ragione della prevenzione contro Bersani? La mia impressione è che si agiti contro di lui la storia da cui proviene. Ma, sinceramente, non sarebbe accettabile affrontare il futuro rispolverando le pregiudiziali da Prima Repubblica ".
Il Pd è autosuficiente nella costruzione di una alternativa "credibile"?
"Certo che no. Il nostro compito è raccogliere le forze di opposizione".
Tutte, compresa l’Udc di Casini?
"Tutte quelle disposte a collaborare intorno ad un programma serio di rinnovamento del Paese. Osservo che, nel 90 per cento dei casi, l’Udc e noi, in Parlamento, votiamo nello stesso modo. Non si tratta di rifare l’Unione, che nessuno rimpiange, ma di promuovere un’alleanza di alcuni, pochi partiti. Anche Berlusconi fa una politica delle alleanze. Si tiene stretta la Lega. Con l’obiettivo di vincere le elezioni. Il che sarebbe, questo sì, una autentica vocazione maggioritaria ".
La settimana prossima inizia l’esame del Lodo Alfano da parte della Consulta. Prevede delle “scosse”?
"Ho fiducia che la Consulta valuterà la conformità della norma al dettato costituzionale. Questo è il suo compito, non certo discutere delle conseguenze politiche delle sentenze ".
Nel frattempo emerge con sempre più forza l’emergenza informazione. Oggi c’è la manifestazione a Piazza del Popolo.
"Un’iniziativa a cui va la mia solidarietà. C’è una situazione anomala, il tentativo di condizionare la stampa, zittire l’informazione e anche di esprimere il gradimento sugli ospiti delle trasmissioni tv. Metodi inquietanti. Difendere la libertà dell’informazione è necessario. Nello stesso tempo è fondamentale rilanciare la nostra strategia alternativa di fronte alla crisi".
Ha descritto un Paese senza guida. Secondo lei i ceti produttivi si sono accorti di questo deficit di governo?
"Il governo tutela i capitali accumulati illecitamente, fa l’occhiolino a quelli che hanno tenuto i profitti all’estero, garantendo la loro ricchezza privata, ma non si preoccupa del destino delle imprese e del dramma della disoccupazione. Al lavoro e all’impresa deve arrivare più forte il messaggio del Pd. Anche qui credo che Bersani sia la persona più adatta per tornare a parlare ai ceti produttivi del nostro Paese ".

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