Intervista
25 maggio 2011

«OVUNQUE SI RESPIRA L'ARIA DEL CAMBIAMENTO E IL GOVERNO NON DURERÀ»

Intervista di Simone Collini - L'Unità


Si parte dalle amministrative ma inevitabilmente si finisce per parlare anche di come sarebbe «dannoso e umiliante per il Paese» andare avanti così altri due anni e dell'enorme «responsabilità» che hanno ora le forze di opposizione. Massimo D’Alema non vuole infatti dare nulla per scontato sui ballottaggi («sono un po' superstizioso... »). Ma dice che in ogni caso è necessario aprire una nuova pagina. Quella del «dopo Berlusconi».

Dice che i tempi sono maturi?

«Ho girato molto per la campagna elettorale e ovunque si respira il clima dei momenti importanti. Si capisce che la maggioranza degli italiani vuole un cambiamento. Al Nord si avverte quasi un senso di liberazione, di riscatto, c'è la voglia di sentirsi capitale morale dopo che per tanto tempo l'immagine è stata decisamente diversa. E si capisce. Lunedì dopo aver girato per la provincia di Mantova ho chiuso la giornata a Desio. È a pochi chilometri dalla villa di Macherio e da Arcore. Si può capire con quale spirito vada alle urne per il ballottaggio chi in questi anni ha visto il proprio nome associato a certe vicende».

Sarà stato a contatto con elettori di centrosinistra, il loro entusiasmo non è garanzia che l'opposizione ai ballottaggi vada bene come al primo turno.

«L'opposizione dà la sensazione di grande serenità. Quando si vedono tante persone sorridenti è il segnale che si può vincere. Come nelle partite di pallone. E’ chi perde che tira calci. È quello che accade in questi giorni».

La destra però ora potrebbe cambiare tattica e recuperare i consensi persi al primo turno, non crede?

«Il risultato del primo turno non è figlio di una campagna elettorale sbagliata. È bizzarro il discorso secondo il quale Berlusconi ha sbagliato i toni. Non mi ricordo ne abbia mai avuto diversi. Berlusconi moderato, ma quando è stato? Me lo sono perso. Altre volte questi toni hanno funzionato. Ma la questione vera, di fondo, è che questo voto è il fallimento della destra e di Berlusconi al governo. Un fallimento che non è più possibile coprire con promesse o artifici propagandistici. Emerge drammaticamente dalla condizione della società italiana e da dati impressionanti forniti da Istat, Corte dei conti, agenzie di credito internazionali».

C’è però una crisi economica di cui bisogna tener conto.

«La crisi è internazionale e l'Italia è il fanalino di coda dei Paesi Ue. Si è registrato un distacco crescente rispetto agli Stati avanzati. Il problema è che il governo ha fornito la vulgata, falsa, che in questa crisi noi ce la caviamo meglio degli altri. E non ha saputo far fronte a un nostro specifico problema nazionale, ridare slancio all' economia. Di fronte a questo la destra e Berlusconi - che si era presentato come l'uomo in grado di modernizzare il Paese - hanno fallito. La società è ferma, crescono drammaticamente le ingiustizie e le diseguaglianze (unica crescita che hanno assicurato), siamo di fronte a una pubblica amministrazione inefficiente, a una perdita di credibilità internazionale che si riflette – basta guardare la Borsa – anche sui mercati finanziari. Berlusconi perde per questo, per l’azione fallimentare del governo. E ciò pone, al di là del tema delle amministrazioni locali, la questione di quale prospettiva si apra nei prossimi giorni».

Dice Berlusconi che non ci saranno ripercussioni sul governo. Lei che dice?

«Che Berlusconi si è talmente messo in gioco che il risultato non potrà non avere conseguenze politiche, al di là di quello che pensa lui. E che in ogni caso non è ragionevole restare con un governo così due anni ancora. Già non avevano particolare slancio e credibilità. All'indomani di un risultato per loro deludente – perché non mi pare si stiano dimostrando in grado di un grande recupero – rischiamo trovarci un governo senza fiato e incapace di dare risposte al Paese. Un governo in balia dei cosiddetti Responsabili. E un premier messo nella condizione di non avere altra alternativa che acconsentire a tutte le richieste che gli verranno avanzate. Un mercato allarmante per il Paese».

Però, come dimostra il voto di fiducia, i numeri per andare avanti li hanno.

«Il ricorso ai voti di fiducia è una dimostrazione di debolezza. Volevano solo tentare di bloccare il referendum. Ed è vergognoso come stiano cercando di evitare il giudizio dei cittadini su un tema, il nucleare, che era stato presentato dal governo come la principale scelta di modernizzazione. Ora è stata frettolosamente accantonata per paura del quorum non sul nucleare, ma sul legittimo impedimento, perché Berlusconi non ha altra agenda in testa che quella riguardante le sue vicende personali».

Insisto. Berlusconi ha i numeri in Parlamento per non cadere.

«Berlusconi è il primo a sapere che rischia: i ministeri al Nord, la sanatoria sulle multe, sta tentando di tutto, siamo ai saldi di fine stagione. Ed è ridicolo che dica che bisogna andare avanti per le riforme, non fatte finora. Perfino i suoi hanno smesso di andargli dietro, perfino Alemanno o Formigoni gli danno sulla voce, si permettono di contraddirlo. Sono segnali forti di una prossima caduta».

E l'opposizione, in tutto questo?

«Ha una grande responsabilità. Auspico da parte di tutto il nostro elettorato, ai ballottaggi, uno sforzo a concentrare i consensi sui candidati alternativi alla destra, sia quando sono - come in molti casi - del Pd, sia quando non lo sono. Sapendo che dopo ci sarà un delicato e importante passaggio, per noi».

Pensa sempre che sia possibile un'alleanza col Terzo polo?

«La credibilità di una convergenza di tutte le forze democratiche si è dimostrata innanzitutto nel confronto con gli elettori. Noi abbiamo proposto una prospettiva per l'Italia, e abbiamo vinto. Vuol dire che è considèrata importante dai cittadini. E ora dobbiamo insistere su questo. Una grande alleanza democratica, vasta, per ricostruire il Paese dopo Berlusconi, per fare le riforme e realizzare il processo di ricostruzione democratica, per ripristinare le regole fondamentali di cui il Paese ha bisogno».

La Lega propone di cambiare la legge elettorale: lei che dice?

«Sicuramente c'è la necessità di una riforma elettorale, non so se ci siano le condizioni. Di certo, non si può andare avanti così. O andiamo a elezioni, che sarebbe la scelta più limpida, oppure serve una soluzione utile per il Paese, con un governo che si occupi di cambiare la legge elettorale e poi porti al voto».

Con magari un nuovo partito, nato dalla fusione di Pd e Sel, come ipotizza
qualche giornale?


«Un nuovo partito lo abbiamo già costruito e in queste elezioni si è dimostrato una forza vitale, in crescita. Il Pd è il primo partito nella gran parte delle principali città italiane. Non si può dare sempre la sensazione che si ricomincia da capo. Abbiamo collaborato positivamente con altre forze, c'è stato un grande spirito unitario. Bisogna continuare così, perché questa è la condizione per essere credibili agli occhi dei cittadini».

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