Intervista
3 giugno 2011

"BERLUSCONI TOLGA IL DISTURBO E NOI FAREMO LA NOSTRA PARTE PER UN GOVERNO DI FINE LEGISLATURA”

Intervista di Massimo Giannini - La Repubblica


97654935_img.jpg
ROMA - "Il risultato delle amministrative segna una svolta nel Paese. A questo punto, o si è in grado di dar vita a un governo di fine legislatura capace di fare ciò che serve all'Italia, cioè una manovra economica equa e una riforma delle legge elettorale, o si va al voto anticipato. Nell'uno e nell'altro caso, la condizione necessaria è che Berlusconi si faccia da parte". Massimo D'Alema, presidente del Copasir, riassume così il nuovo quadro politico post-elettorale. "I risultati parlano chiaro - dice l'ex ministro degli Esteri del Pd - c'è un cambiamento profondo nel Paese, e soprattutto nel Nord. Si è rotto il nucleo fondamentale del patto Berlusconi-Bossi sul quale si è retta l'Italia in questi anni. È esattamente questo asse di governo che è entrato in crisi con il voto. La parte più moderna ed evoluta del Nord, soprattutto nelle aree urbane, ha voltato le spalle al Pdl e alla Lega. E questa sconfitta non nasce dal linguaggio della campagna elettorale, ma dal fallimento del governo. Dal tradimento dell'idea di una società più libera, meno oppressa dal fisco e dalla burocrazia, che è stata il cuore del messaggio berlusconian-leghista. Questa rottura cambia i rapporti di forza del Paese: il Pd è il primo partito nelle maggiori aree metropolitane. Da Roma in su, tutte le città-capoluogo sono governate da noi".

Secondo avversari e politologi non ha vinto il centrosinistra, ha perso il centrodestra.

"Vedo circolare questa "velina". Ma non ha alcun fondamento. L'opposizione ha vinto, e il maggior partito dell'opposizione, cioè il Pd, ha visto accresciuta la sua leadership. Abbiamo guadagnato molti consensi rispetto alle regionali, e non solo in percentuale. In 29 comuni e province dove il centrosinistra ha prevalso, i nostri candidati vincenti sono 24. A Milano siamo testa a testa con il Pdl, ma negli altri capoluoghi del Nord siamo primi ovunque. Di che parliamo?".

Se parlassimo di Napoli e del Mezzogiorno, dove ce le avete prese?

"Abbiamo perso voti a Napoli, in altre città del Mezzogiorno e soprattutto in Calabria, e questo è derivato da punti di crisi del nostro partito cui bisognerà mettere mano con energia. Ma non è vero che nel Sud vince la destra. E non tutto il Sud è uguale: a parte il record di Salerno, c'è la Puglia dove le cose sono andate bene. Il dato più impressionante nel Mezzogiorno è la frantumazione politica che riflette la crisi sociale. Nelle città medie i candidati ai consigli comunali erano centinaia, e le liste erano decine. Questa polverizzazione da il segno di una mancanza di prospettive, e dunque facilita l'avvento di nuovi capipopolo o il ritorno di vizi antichi e di vecchie consorterie. Questo deve preoccupare tutti".

La questione cruciale è: che succede adesso? Il governo regge?

"Ora siamo al paradosso. Il Paese ha espresso una grande urgenza di cambiamento. L'attuale maggioranza ha una base di consenso ridotta a un terzo degli italiani. Di fronte a un quadro così mutato, è allarmante l'idea di un governo che vuol resistere altri due anni, non si sa bene a fare cosa. Un governo doppiamente delegittimato. In Parlamento, dove c'è una maggioranza numerica raccogliticcia e nata da un mini-ribaltone dopo la rottura con Fini. E ora anche nel Paese, come dimostra il risultato delle amministrative. Ebbene, questi signori pensano di fare finta di nulla?".

Così pare. Il premier rilancia su tutti i fronti, dal governo al partito.

"È una scelta totalmente irresponsabile. Questo non è un momento di ordinaria amministrazione. Siamo di fronte a scelte molto serie e importanti, per esempio sulla finanza pubblica. O si è in grado di dar vita a un governo di fine legislatura, che possa fare qualcosa di utile per il Paese, o si toglie il disturbo e si va alle elezioni".

Berlusconi non ci pensa nemmeno, e risponde: è ora delle grandi riforme.

"È un rito stancante, sentirli rilanciare adesso l'"agenda delle riforme", le più velleitarie e improbabili, tra l'altro. La riforma fiscale? E con quali soldi? La riforma costituzionale della giustizia? Non riesco neanche a indignarmi: in queste condizioni una riforma del genere sarebbe spazzata via dai cittadini, al referendum confermativo. Sono solo perdite di tempo. E di tempo non ce n'è più. Se questi signori intendono restare lì, arroccati a Palazzo Chigi, devono parlare d'altro. Si assumano almeno la responsabilità di risanare i conti, con una manovra economica che sarà più dolorosa proprio per le favole che Tremonti ha raccontato in questi tre anni. Questo è il primo dovere che hanno. Altro che "agenda delle riforme". La vera agenda che serve all'Italia è un'altra".

E quale sarebbe?

"Manovra economica equa e capace di rilanciare lo sviluppo, riforma elettorale, e poi nuove elezioni. Indichino loro una persona che può realizzare quest'agenda in pochi mesi. Noi possiamo prenderci anche una quota di responsabilità".

Naturalmente a patto che Berlusconi si dimetta?

"Non c'è alcun dubbio. Le sue dimissioni sarebbero necessarie non solo nella prospettiva di andare a elezioni anticipate, ma persino se si volesse salvare il cammino della legislatura. Senza l'opposizione non si fanno grandi riforme. Noi siamo pronti a fare la nostra parte. Ma prima se ne deve andare Berlusconi. Chi ci ha detto addirittura che non ci laviamo, ora non può venirci a dire "facciamo qualcosa insieme per l'Italia"...".

Ma la risposta ai problemi dell'Italia la può dare un governo di emergenza nazionale?

"Mi interessa relativamente poco il tipo di governo. L'importante, insisto, è l'agenda, che richiede un certo grado di condivisione. Non saprei dire quale sia la formula di un nuovo governo che riapre il dialogo. L'unica cosa che so, è che Berlusconi non è la persona adatta".

Ma il centrosinistra è adatto, per governare l'Italia? Il voto non dimostra uno spostamento dell'asse politico verso la sinistra più radicale?

"È vero l'opposto. Le candidature di Pisapia e De Magistris hanno portato a stemperare le posizioni più estreme. In questa campagna elettorale abbiamo registrato un comune sentire e una comune assunzione di responsabilità. Trovo straordinario che a Macerata il candidato di Sel sia venuto a sostenere il candidato dell'Udc. Come trovo interessante che la maggior parte dei candidati del Terzo Polo abbiano votato Pisapia a Milano. Mentre i politologi dicono che non si possono mescolare Vendola e Casini, gli elettori dimostrano che li vogliono mescolare allegramente".

Ora c'è invece chi sostiene che è inutile inseguire il centro, secondo l'idea fissa di D'Alema, quando basta ricompattare la sinistra.

"L'obiezione è priva di fondamento. Abbiano vinto perché sostenevamo l'idea di una larga alleanza democratica. Il maggior partito di centrosinistra non sbatte le porte in faccia al partito moderati. Se fossimo andati a votare dicendo "a noi del voto dei moderati non ci frega nulla", non li avremmo convinti a votare i candidati del centrosinistra. E invece questo è accaduto, e il risultato ci ha premiato. Qui nasce un cortocircuito: il partito va con una proposta politica alle elezioni, le vince e da questo trae l'insegnamento che la proposta politica va cambiata. Stravagante, non trova?".

D'accordo. Ma ora dovete passare dalle formule ai programmi. E qui sarà dura. Non si rischia il caravanserraglio della vecchia Unione?

"Questo è ora il nostro compito: lavorare a un programma di ricostruzione del Paese. Ma dobbiamo mettere a punto anche norme di comportamento precise. Ci vuole un vincolo di disciplina che ciascuno deve accettare, in Parlamento e fuori. Nella Spd tedesca, quando un parlamentare non è d'accordo con il partito su una questione di coscienza o sulla politica estera, può esprimere il suo dissenso con una dichiarazione in aula, ma non con il voto. Dobbiamo pensare a qualcosa di simile, per offrire ai cittadini la garanzia di una vera e duratura stabilità di governo".

E di Bersani cosa mi dice? Il Pd si è finalmente convinto del suo segretario? Sarà lui il vostro candidato premier?

"Bersani esce molto rafforzato. Si è confermata la sua capacità di lavorare alla ricostruzione del partito. Lui è certamente il nostro candidato premier. E lo sosterremo anche nelle primarie. In tutti i paesi democratici il leader del maggior partito è il candidato alla guida del governo. Io penso che sarà così anche in Italia".

E dei referendum del 12-13 giugno cosa pensa?

"La spinta al cambiamento dovrà proseguire anche lì. Ci impegneremo con tutte le nostre forze per raggiungere l'obiettivo".

stampa