Discorso
17 marzo 2012

UN VENTO NUOVO IN EUROPA CHE I PROGRESSISTI DEVONO SAPER COGLIERE.<br>VOGLIAMO UN’EUROPA PIU’ SOLIDALE, DEMOCRATICA, APERTA E PROIETTATA VERSO IL FUTURO <br>

Intervento di Massimo D’Alema al Cirque d’Hiver, Parigi


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Cari amici, cari compagni,

siamo qui tutti insieme perché siamo convinti che nei prossimi 18 mesi l’Europa può cambiare volto. Siamo qui innanzitutto intorno a François Hollande, alla sua candidatura, alla sua battaglia che può contribuire a cambiare la direzione politica dell’Europa.
Infatti, inizia in Francia il 22 aprile un cammino che, attraverso le elezioni politiche in Italia e in Germania, chiamerà al voto quasi 200 milioni di cittadini, nel cuore dell’Unione europea, nel cuore dell’area dell’euro. Tre grandi Paesi fondatori che possono non solo cambiare il loro indirizzo politico nazionale, ma anche quello di un intero continente. Ecco perché tutti noi abbiamo una grande responsabilità.
L’Europa, infatti, sta vivendo uno dei momenti di crisi più difficili. Oltre alla crisi economica, finanziaria e sociale, oltre alla drammatica disoccupazione in aumento in tanti Paesi europei, assistiamo a una crisi di prospettive, a una mancanza di slancio e di speranza che tocca milioni di cittadini, soprattutto i più giovani. E’ anche su questo fronte che noi dobbiamo lavorare.
Il rischio è che la fiducia stessa nell’Unione politica dei nostri cittadini si affievolisca e si riduca progressivamente e prevalga un senso di disillusione e sfiducia.
Il problema non è l’Europa in sé, il problema è questa Europa, guidata dai governi conservatori, con la loro miopia e il loro egoismo.
Un’Europa che appare un potere lontano e ostile ai cittadini, capace soltanto di imporre vincoli e sanzioni, tasse e austerità. Un’Europa che non ha una strategia per la crescita, per l’occupazione, per un nuovo modello di sviluppo. Un’Europa priva di visione e povera di solidarietà, come dimostra il comportamento verso la Grecia. Il grande filosofo tedesco Jürgen Habermas ha parlato di “sciocca arroganza contro i cittadini e troppo timida risposta al ricatto dei mercati finanziari”, rivolgendosi in modo critico alla politica del governo del suo Paese, come già, con nobili parole, aveva fatto, dalla tribuna del Congresso dell’SPD, Helmut Schmidt.
Spetta a noi cambiare il volto dell’Europa, renderla più forte, più unita, capace di una risposta efficace e generosa alla crisi economica.
Noi progressisti non ci possiamo accontentare dell’Europa dei governi. Vogliamo un’Europa democratica e dei cittadini. Non ci possiamo accontentare dell’Europa dell’austerità, perché sappiamo che il rigore finanziario, che pure è necessario, senza una politica per la crescita finisce per generare soltanto recessione e disoccupazione, e quindi, tra l’altro, ulteriore indebitamento degli Stati nazionali.
Noi sappiamo che questa sfida non può essere vinta soltanto al livello dei nostri Stati nazionali. Questa nostra consapevolezza è la novità più importante e non a caso, giustamente, oggi il centrosinistra e i progressisti sono la forza più europeista. Siamo convinti, infatti, che solo un’Europa forte, solidale, unita, aperta e proiettata verso il futuro può affrontare il tumultuoso cambiamento del mondo.
La globalizzazione ha prodotto una drammatica crisi della politica. Ciò è avvenuto perché, mentre l’economia e la finanza si sono internazionalizzate, la politica non ha saputo varcare i confini degli Stati nazionali, rimanendone prigioniera. Ma noi sappiamo che gli Stati nazionali, da soli, oggi non riescono più a imporre le proprie regole, a difendere le proprie conquiste sociali, a garantire quel primato della democrazia che è il primato della persona e dei diritti della persona sulla forza del denaro.
Ecco perché siamo qui a dire che vogliamo un’Europa più unita e più democratica, in cui conti di più il Parlamento eletto dai cittadini. Vogliamo una Commissione che sia espressione del Parlamento. Vogliamo un’Europa che non sia soltanto una riunione di capi di governo.
Insieme a questa rinnovata e rafforzata architettura istituzionale dell’Unione europea che vogliamo, indichiamo gli obiettivi che essa deve perseguire.
• Pensiamo a meccanismi di solidarietà per affrontare la crisi del debito. Questo, voglio essere chiaro, non vuol dire che ciascun Paese non debba pagare i propri debiti, ma che si consenta, attraverso la garanzia europea, di fermare la speculazione finanziaria e di ridurre i tassi di interesse.
• Pensiamo a una seria regolazione dei mercati finanziari e a una tassazione sulle transazioni, anche allo scopo di finanziare, insieme agli eurobond, grandi programmi per l’istruzione e la ricerca, per investimenti nelle infrastrutture e nell’innovazione, secondo le linee d’azione tracciate da Jacques Delors. Il suo Libro bianco è una grande intuizione, che tuttavia è rimasta per molti aspetti inattuata.

Cari amici e compagni, voglio dire che sono rimasto colpito da quanto accaduto in queste ultime settimane qui da voi. In una situazione così difficile per l’Europa, e in una condizione di crescente malcontento dei cittadini europei nei confronti delle istituzioni comunitarie, come è possibile condurre una campagna per far credere che una minaccia alla coesione dell’Europa possa venire dalla candidatura di François Hollande? Come è possibile considerare una minaccia la sua richiesta così forte di un cambiamento di rotta, che egli ha giustamente posto al centro della campagna elettorale?
In questo senso le critiche rivolte alla proposta di François Hollande di rinegoziare il fiscal compact sono davvero singolari. Innanzitutto perché sembrano dimenticare l'elementare dato che i Parlamenti sono sovrani, e che considerare la ratifica di un trattato sottoscritto da un governo uno scontato rituale tradisce una concezione preoccupante della democrazia. In secondo luogo perché l'esperienza dell'integrazione europea ha già visto numerosi casi e svariate forme di rinegoziazione. Infine, e soprattutto, perché il sovrano e inalienabile diritto della Francia di chiedere una rinegoziazione costituisce un'opportunità e una risorsa anche per chi ha sottoscritto il trattato e si accinge a ratificarlo, ma ritiene necessario riequilibrare le politiche europee affiancando alla necessaria disciplina di bilancio urgenti misure a sostegno della crescita, dell'occupazione, dello sviluppo sostenibile, dell'equità sociale.
A proposito di trattati, vorrei anche sottolineare che c’è addirittura un altro candidato che vorrebbe tornare indietro, rimettendo in discussione l’Europa dei diritti e della libera circolazione, proposta molto più minacciosa per i valori europei che richiedono impegno per lavoro e crescita.
Lasciatemi dire che la vera minaccia per il nostro continente sarebbe, piuttosto, quella di continuare su questa strada sciagurata. Ed è la mancanza di coraggio e di visione di chi oggi tiene le redini della nostra Unione a compromettere non solo le prospettive economiche del continente, ma anche la fiducia dei cittadini, che è il bene più prezioso della democrazia.
Oggi viviamo tutti insieme una tappa fondamentale sulla via del cambiamento. Certo, non è la prima. Vogliamo tornare a salutare con gioia i successi ottenuti in Danimarca, in Slovenia, in Slovacchia e con l’amico Elio Di Rupo in Belgio…Senza contare il fatto che, da noi, Berlusconi non è più al governo. Insomma, qualcosa sta cambiando in Europa. C’è un vento nuovo che dobbiamo saper cogliere. La Francia è il prossimo traguardo fondamentale.
Sappiate, cari amici, cari compagni, caro François, che la vostra battaglia non riguarda solo l’avvenire del vostro Paese, ma è indispensabile per restituire una speranza e una prospettiva all’intero continente. E noi siamo al vostro fianco per vincerla.
Grazie.

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