Discorso
8 giugno 2012

Intervento di Massimo D’Alema alla direzione nazionale del Pd


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Intervento di Massimo D’Alema alla direzione nazionale del Pd

Voglio esprimere il mio consenso verso la relazione di Bersani, che credo abbia proposto in modo efficace, serio e convincente la candidatura del nostro partito a governare il Paese e, in questo quadro, la sua candidatura a guidare il governo. È una parola di chiarezza, è un’indicazione che rappresenta anche un appello e una sfida. Un appello innanzitutto alle forze del centrosinistra e a quelle forze moderate e democratiche con le quali abbiamo già collaborato in questi anni. Un appello a misurarsi con la proposta del Pd, a farlo con spirito aperto. C’è già qualche risposta positiva. E’ anche una sfida a adottare comportamenti coerenti con una scelta che è quella dell’assunzione di una responsabilità di governo e di alleanza.
E’ anche chiaro, come ha detto Bersani, che questa candidatura si lega a un progetto per l’Europa. Un progetto per un salto di qualità necessario nell’integrazione politica e anche nella svolta profonda nelle politiche europee. Non c’è dubbio che il nostro candidarci a governare l’Italia assume maggiore credibilità, nel momento in cui la sinistra torna alla guida della Francia, sperando che le elezioni legislative, non semplici, confermino quella maggioranza. Anche in altri Paesi il centrosinistra torna al governo e in Germania appare seriamente prospettabile un’alternativa alla guida conservatrice della signora Merkel. Non dimenticherei quello che è un punto di forza essenziale: noi siamo senza dubbio la grande forza politica che in Italia può collegare un nuovo corso a questa prospettiva.
C’è un’alternativa credibile, oggi, nel Paese, a questo progetto di governo? Credo sinceramente che in questo momento la crisi della destra, l’emergere di spinte diverse, i veri e propri rischi di sbandamento indichino che non c’è in campo una seria alternativa. Alcuni hanno evocato scenari, come il ’93… Io credo che vi siano delle differenze notevoli rispetto ad allora, non foss’altro perché il campo non è del tutto sgombro. La destra è lì, Berlusconi è lì ed Alfano lo ripropone come protagonista della riorganizzazione di un’area di centrodestra, ancora questa mattina.
I rischi sono quelli di una crisi profonda del Paese, di un arretramento. In fondo -si dice- questi fenomeni di critica estrema alla politica, di antipolitica, di nuova politica non sono tipici soltanto del nostro Paese. In Germania ci sono i Piraten, le stesse elezioni francesi hanno fatto emergere un rischio di frammentazione. In Italia, però, ci sono due diversità importanti: da un lato la fragilità del sistema politico democratico, che ha ragioni storiche e profonde, legate anche alla grande crisi dell’inizio degli anni ’90, dall’altro lato la disponibilità di una parte del ceto economico e del ceto intellettuale dominante del Paese a cavalcare questi fenomeni, a sostenerli. Anche questo ha radici antiche e nasce da una diffidenza di questi gruppi sociali, di questi gruppi intellettuali verso la democrazia, da una pretesa delle élite di dirigere loro il Paese e da un fastidio verso i partiti popolari e democratici, di cui si vuole negare il ruolo e persino cancellare la tradizione, la storia del Paese.
Una parte del potere gioca allo sfascio. È interessante che anche Monti se ne sia reso conto, ieri, ed è curioso il modo in cui gli rispondono quelli che sono chiamati in causa, cioè facendo finta di nulla: scrivendo un editoriale contro i partiti e relegando a pagina 4 la notizia, davvero una notizia con la N maiuscola, che il presidente del Consiglio, che da quel mondo proviene, lo accusa oggi di ostacolare l’azione di risanamento del governo.
Monti ha certo deluso quelli che lo volevano usare contro la democrazia, contro i partiti, contro la sinistra. Ed è una delle ragioni per cui lo dobbiamo sostenere.
Bersani ha avanzato una proposta forte e convincente al Paese, ai nostri avversari. Bersani non ha risposto con un anatema alle proposte costituzionali, ha detto al centrodestra: avete posto un problema, noi abbiamo una visione diversa, siamo disposti a lavorare per una legislatura costituente. Violante ha ripreso questo tema, lo ha tradotto in una proposta concreta su cui anch’io ho lavorato nel passato. E perché non progettare anche un referendum di indirizzo sulla questione istituzionale, per dare alla legislatura costituente un nerbo ed anche per dire che i cittadini saranno protagonisti? Ma la questione fondamentale è: sbloccate la riforma elettorale, che è la grande priorità, è il “qui e ora”, è necessaria.
E’ una proposta seria e io spero che possa essere raccolta. Abbiamo una nostra idea di riforma elettorale, ma consideriamo il porcellum come il male maggiore da evitare e siamo dunque disposti a tornare a un negoziato, che, però, non porti ovviamente a una legge che aiuti la frantumazione bensì aiuti la governabilità. E’ una proposta importante e sono affinché la sosteniamo tutti, perché può davvero segnare una svolta in una impasse altrimenti drammatica per il Paese.
Così come è molto forte la proposta politica. In questi giorni, sui giornali, si è messo in scena un conflitto. Io non ho un’opposizione di principio alle primarie. Ho posto da molto tempo l’esigenza di regolarle e di farne non un momento salvifico, un camminare sui carboni ardenti, ma una forma organizzata e regolata di partecipazione democratica. Si dice che anche il Pdl voglia fare le primarie, suggerirei di farle lo stesso giorno, almeno così siamo sicuri che i loro elettori non partecipino alle nostre… Sarebbe una regola che si autocostituisce. Io segnalo dei fatti: alle primarie di Lecce il candidato contro di noi, di Sel, ha avuto alle primarie 6100 voti. Poi ha fatto la sua lista, lealmente, alle elezioni politiche, dove ha partecipato un numero di elettori 5 volte maggiore. Alle politiche ha avuto 5000 voti… Il sospetto che alle primarie una parte dell’elettorato di destra abbia votato per lui contro di noi è più che tale. Per tabulas, è dimostrabile. Non è un’accusa contro la persona, perché è una bravissima persona. È per dire che questi meccanismi possono essere alterati.
Il punto è il modo convincente con cui Bersani ha posto le questioni. E’ un progetto politico, definisce un campo di forze, c’è prima l’idea di dare vita a un progetto per l’Italia. Io, infatti, voglio capire “per che cosa”, altrimenti tutto si riduce alla scelta di un capo. E poi c’è la legittimazione democratica di chi deve guidare questo processo. Le cose, così, sono nell’ordine giusto. E quel momento democratico è il compimento di un processo che può aprire una pagina nuova per il Paese.

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