Intervista
1 luglio 2012

C'E’ UN NUOVO CENTROSINISTRA EUROPEO, MONTI IN SINTONIA CON QUESTA SVOLTA

Intervista di Dario Di Vico - Il Corriere della Sera


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«Se permette inizio con un suggerimento. Legga il documento approvato dai socialisti europei prima del Consiglio di Bruxelles. Troverà anticipati tutti i punti qualificanti dell'accordo successivamente raggiunto tra i governi. Tutti. Il meccanismo anti spread, la clausola salva-banche e tante altre cose. È questa la grande novità. Le interpretazioni meramente geopolitiche che parlano del nuovo Club Med, dell'isolamento della Germania, della fine di questo o quell'asse non spiegano tutto». Dire che Massimo D'Alema è soddisfatto dell'esito del negoziato di Bruxelles è un eufemismo, per lui si tratta di una svolta, con la maiuscola. «Le destre, nella loro doppia versione liberista e populista, hanno indebolito l'Europa. E oggi la svolta avviene nel segno di un nuovo centrosinistra europeo che potrà rafforzarsi con le elezioni del 2013 in Italia e in Germania. Non credo che i mercati debbano avere paura dei socialisti che tornano al governo».

I commenti della stampa italiana hanno sottolineato di più i meriti di SuperMario Monti...

«Sono innegabili. L'Italia dopo gli anni di Berlusconi è tornata in campo e lo ha fatto grazie al nuovo governo. Ma senza la vittoria di Hollande alle elezioni francesi non sarebbe stato possibile ottenere nessun risultato. La novità è politica, dunque. So che i giornali italiani fanno fatica a parlare della vera politica ma è così. Ora naturalmente ci sono da implementare le decisioni prese ma ci si può legittimamente attendere che dopo Bruxelles cambi anche il clima psicologico, che gli europei e non solo le istituzioni coltivino nuove aspettative».

Come si fa ad aprire un nuovo ciclo europeista con la Germania contro?

«Concordo con Prodi, la Germania con la sua straordinaria forza produttiva è fondamentale per la crescita europea. Bisogna, dunque, registrare la fatica che i tedeschi fanno a entrare in una logica di solidarietà. Conto sulle forze che, all'interno di quel grande Paese, si muovono con questo spirito. Non ci sono solo Spd e Verdi che insistono su una linea europeista, anche nel partito della Merkel la riflessione è tutt'altro che chiusa. Penso alla dialettica aperta dalle sortite di Schauble, alle critiche avanzate da Kohl e non dimentico che nelle ultime elezioni locali la Merkel ha sempre perso. L'opinione pubblica tedesca è quantomeno divisa e gli industriali sanno che il loro interesse di business non può prescindere dall'esistenza dell'eurozona».

Se sta nascendo un centrosinistra europeo che ruolo potrà giocarvi Mario Monti?

«In un nuovo centrosinistra europeo Monti può trovarsi a perfetto agio. È una personalità liberale che con la sua azione può mitigare positivamente le resistenze stataliste che ci sono ancora tra i socialisti. La sua insistenza sul completamento del mercato unico è giusta. Ha posizioni che a me paiono compatibili con il nostro orizzonte programmatico».


Domani si attende la reazione dei mercati per brindare o meno al successo del Consiglio di Bruxelles. Più in generale si può dire che qualsiasi nuovo equilibrio politico nel Vecchio Continente deve fare i conti con il consenso dei mercati. Gli analisti però considerano il Pse come il partito degli investimenti finanziati con il deficit spending.

«Mercati è una parola che mette assieme più interessi, magari contraddittori. Se parliamo delle società finanziarie con interessi speculativi penso proprio che non siano interessate a una svolta politica europea. Investitori e imprese sanno, invece, che c'è bisogno di creare nuove opportunità di sviluppo. Non sto parlando di incrementare la spesa corrente e del resto le nostre credenziali sono quelle di Tommaso Padoa Schioppa che sostenne la spending review e ridusse il rapporto debito/pil al 103%. La borghesia italiana preferì però Berlusconi e la spesa con lui è risalita».

Il Pd dunque sosterrà «senza se e senza ma» il governo Monti fino alle elezioni?

«Sì. Non siamo interessati a rovesciare il governo. I nostri interlocutori in Europa ci considererebbero dei matti proprio perché hanno visto Monti all'opera. Se c'è qualcuno che in Italia vuole andare all'opposizione è Berlusconi e già lo sta facendo. Il suo gruppo parlamentare per un terzo vota sì, un altro terzo vota no e il resto si astiene. Il governo lo stiamo sostenendo noi, basta dare un'occhiata in aula, e non deambulare in Transatlantico, per accorgersene».

Pensa che Berlusconi si farà da parte?

«L'azionista di riferimento è lui, Alfano è tuttalpiù un amministratore delegato che cerca con fatica di marcare il suo ruolo. Se il Pdl non si libera della matrice padronale l'evoluzione della destra sarà difficile. Per questo sostengo che l'unica prospettiva per il Paese viene da quel centrosinistra europeo di cui il Consiglio di Bruxelles è stato l'atto costitutivo. Vedremo se lo capirà anche l'establishment italiano».

Lei è sempre molto polemico nei confronti della borghesia. Le serve come richiamo ideologico o pensa davvero che il suo orientamento sia ancora centrale nella transizione italiana?

«Dico solo che una parte del ceto economico e del ceto intellettuale non accetta la democrazia dei partiti. Nel loro dna c'è l'elitismo e il qualunquismo antiparlamentare di Gaetano Mosca. Pur di bloccare la sinistra abbracciarono Berlusconi e ora flirtano con Grillo».

Lei ha da tempo puntato a includere nel centrosinistra Casini e l'ultima evoluzione sembra darle ragione. Ingaggiandolo però sta perdendo Vendola.

«Vendola ha ragione quando chiede di discutere i contenuti, ha torto quando regala le chiavi del suo partito a Di Pietro. Glielo chiedo con amicizia, quali valori di sinistra vedi in lui? E poi non siamo noi che vogliamo escluderlo. È Di Pietro con i suoi attacchi continui contro il partito, le istituzioni, il Quirinale, che si mette in una posizione difficilmente compatibile con una seria prospettiva di governo».

Vendola in verità teme che una maggioranza con Casini veda prevalere, in materia di diritti civili, l'orientamento dei cattolici.

«Sono assolutamente favorevole a riconoscere i diritti delle persone che convivono fuori dal matrimonio. Credo anche che una gran parte del mondo cattolico consideri ciò ragionevole. Bisogna discutere apertamente e ricercare soluzioni ampiamente condivise, al di là delle maggioranze di governo».

Lei è anche favorevole alla formazione di una lista della società civile apparentata al Pd?

«La lista del Pd sarà già rappresentativa della società civile, aperta a personalità che rappresentino movimenti e apportino competenze utili alla vita pubblica. E comunque non è compito dei partiti promuovere liste civiche, sarebbe una contraddizione in termini. Se però dovesse nascere una lista di quel tipo ne esamineremo, senza preclusioni, il profilo politico, il programma, l'idea del Paese che sosterrà».

Grillo nei sondaggi cresce e secondo Weber (Swg) intercetta il vostro elettorato. Addirittura, secondo lui, i grillini assomigliano ai figiciotti degli anni 80.

«Il movimento di Grillo è un partito politico, va giudicato in base alle sue proposte e agli effetti che una sua affermazione elettorale produrrebbe negli equilibri del Paese. Un movimento che parla dell'uscita dall'euro e di non restituire il debito pubblico, non incoraggia certo gli investitori a comprare Bot e Cct. Detto questo bisogna far politica, prendere atto che Grillo specie nei confronti dell'elettorato giovanile è fortemente competitivo e si presenta con l'immagine della freschezza e della novità. Il Pd deve raccogliere la sfida puntando sulla democrazia, la partecipazione, la sobrietà».

Un' ultima domanda legata alla congiuntura politica immediata. La prossima settimana arriveranno i provvedimenti legati alla spending review. Bersani ha messo le mani avanti e ha detto «speriamo che non sia una manovra aggiuntiva» e intanto c'è chi consiglia al governo un rimpasto dei ministri. Qual è invece il suo suggerimento?

«Giudicheremo le misure quando saranno presentate. Spero proprio che non siano la riproposizione dei tagli lineari con l'etichetta cambiata. In generale credo che se il governo si aprisse a qualche contributo del Parlamento non farebbe male. Quanto a cambi nella squadra non manderei in campo uomini nuovi nei tempi supplementari, conviene lasciar lavorare gli attuali ministri. Si stanno appena impratichendo...».

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