Discorso
4 luglio 2012

Intervento del presidente del Copasir, Massimo D'Alema, in apertura della seduta della I Commissione della Camera dei deputati, chiamata a varare, in sede legislativa, la pdl di riforma della L 124/2007 presentata dal Comitato

Dal resoconto stenografico - Proposta di legge D’Alema ed altri: Modifiche alla legge 3 agosto 2007, n. 124, concernente il Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica e la disciplina del segreto (C. 5284) – Seduta di mercoledì 4 luglio 2012 – Presidenza del presidente Donato Bruno


MASSIMO D’ALEMA. La ringrazio molto dell’opportunità che mi dà di prendere la parola per motivare ulteriormente, dopo la sua egregia relazione, le ragioni di questa proposta di legge.
Come detto, essa nasce dall’esperienza maturata nell’ambito del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica in questi primi anni di attuazione della legge n. 124 del 2007 e da una convergenza di opinioni. Dal punto di vista della genesi politica, essa si caratterizza, infatti, per l’ampia partecipazione di diverse opinioni politiche. Si tratta di una proposta che definirei di manutenzione e di rafforzamento, ma non certamente di stravolgimento, della riforma operata con la legge n. 124, che noi anzi consideriamo, nelle sue scelte fondamentali, come una riforma da difendere e mettere in opera.
Questa implementazione è in corso. Voglio sottolineare che la messa in opera della riforma, che ha richiesto e ancora in parte richiede un vastissimo impegno di regolamentazione, è avvenuta in un clima di forte collaborazione tra governo e Parlamento. Questo vale per il governo attuale e anche per il governo precedente, nel senso che le raccomandazioni e i pareri che di volta in volta il Comitato ha espresso, hanno trovato un’accoglienza molto ampia nelle decisioni finali del governo.
Come dicevo, la riforma è stata messa in opera in un clima di collaborazione. È un processo faticoso e complesso di adeguamento delle nostre Agenzie di informazione a nuovi compiti, a nuovi scenari internazionali, a nuove e più complesse missioni.
Sottolineo in modo particolare la necessità di costruire un’efficace intelligence economica. Questo richiede un lavoro di medio periodo, perché comporta anche il miglioramento delle capacità professionali rispetto a compiti tradizionali, il che non si fa con un colpo di bacchetta magica. La mia opinione, però, è che le cose abbiano proceduto nella direzione giusta.
Da cosa nasce, quindi, questo intervento? Nasce, prima di tutto, dalla volontà di rafforzare la struttura senza metterne in discussione il carattere binario: le Agenzie sono due. Non vogliamo il Servizio segreto unico, ma vogliamo rafforzare gli elementi di coordinamento che fanno capo al DIS, anche nella logica di evitare duplicazioni, soprattutto nei settori amministrativi e logistici, di semplificare, di razionalizzare la spesa, che, in un quadro di risorse scarse, rischia di essere quasi totalmente assorbita dai costi di personale e funzionamento, mentre c’è bisogno di investire su tecnologie e professionalità, di migliorare la capacità di affrontare nuove sfide.
La legge non faceva riferimento alla minaccia cibernetica, che indubbiamente costituisce sempre di più una sfida incombente di grandissimo rilievo. Il Comitato, all’epoca sotto la presidenza del senatore Rutelli, ha condotto un’indagine su questa materia e ha trasmesso al Parlamento una relazione di cui i colleghi possono prendere visione. Occorre fornire una copertura legislativa alle responsabilità del presidente del Consiglio e del DIS. Una parte della legge risponde a esigenze di razionalizzazione delle strutture e di rafforzamento dell’efficacia, con particolare riferimento alla cyber threat, e di semplificazione del modo di lavorare.
Io ritengo importante, ad esempio, la richiesta, che raccogliamo dalla struttura, di semplificare e razionalizzare il controllo della magistratura sull’esercizio della delicata funzione di intercettazione preventiva. Per un’attività come quella dei Servizi segreti – si pensi ad esempio al controspionaggio – l’autorizzazione del distretto competente, quando si insegue una spia o una potenziale spia nemica in giro per il territorio nazionale, appare come un modo di complicare la vita a strutture che hanno compiti molto delicati. Ci è parso che fosse più razionale fare capo a un ufficio giudiziario di grande prestigio come la Procura generale presso la Corte d’Appello di Roma. Il filtro della magistratura è necessario. Nessuno può pensare che attività così delicate possano svolgersi senza il filtro della magistratura, ma esso andrebbe reso più semplice, seppure ugualmente efficace.
La parte su cui la legge si sofferma di più, introducendo alcune novità, a mio giudizio, molto importanti, è il rafforzamento delle funzioni di controllo del Parlamento. Io penso che tale rafforzamento, per quanto riguarda le procedure di opposizione o conferma del segreto di Stato, sia dovuto.
Dopo la legge n. 124 sono intervenute due sentenze della Corte costituzionale in materia di segreto di Stato: la sentenza n. 106 del marzo 2009 e la sentenza n. 40 del febbraio 2012. Sono entrambe molto importanti, perché in tutti e due i casi la Corte costituzionale ha respinto l’iniziativa della magistratura ordinaria – nel primo caso i giudici di Milano, nel secondo caso i giudici di Perugia –, stabilendo per due volte che su opposizione e conferma del segreto di Stato la magistratura ordinaria non ha potere di sindacato. Trattandosi di un potere discrezionale del capo del governo, motivato dalla necessità di difendere lo Stato, di cui quella giurisdizionale è solo una delle funzioni, esiste una ragione preminente rispetto alla quale non è pensabile il sindacato della magistratura in sede giurisdizionale.
La Corte si è spinta oltre, perché ha negato anche a se stessa, Corte costituzionale, il potere di un sindacato di merito, limitandosi a rubricare i casi in cui il ricorso al segreto di Stato è ritenuto ammissibile, come ad esempio quando si tratta di preservare le alleanze internazionali del Paese o secretare informazioni sensibili sull’organizzazione interna dei Servizi e via dicendo.
In entrambe le sentenze, la Corte sottolinea che il sindacato di merito spetti al Parlamento, che lo esercita attraverso il Comitato per la sicurezza della Repubblica. L’esperienza che abbiamo compiuto dice, però, che l’attuale legge n. 124, che impone al capo del governo di trasmettere al COPASIR le «ragioni essenziali», non è risultata sufficiente allo scopo di garantire la trasmissione delle informazioni indispensabili per l’esercizio del controllo di merito. Mi pare, inoltre, che sia una formulazione eccessivamente discrezionale.
Merito, infatti, vuol dire merito. E cioè che al COPASIR, con le cautele di cui si dirà, non può essere opposto il segreto di Stato. Si tratta di una questione che deve essere affrontata con una certa flessibilità. Non può essere sufficiente dire che si conferma il segreto di Stato per non fare venire alla luce gli interna corporis del Servizio. Se devo esercitare un controllo di merito, voglio poter essere messo nelle condizioni di capire se, come, perché e di che cosa si tratta. Altrimenti il controllo è meramente formale, esterno. È un puro controllo esteriore di legittimità, ma non certo di merito.
Ci siamo trovati di fronte a questo delicato problema e ci siamo interrogati su come poterlo affrontare, tenendo conto che parliamo sia di casi che devono essere eccezionali, perché l’opposizione del segreto di Stato deve essere ricondotta a una casistica assolutamente straordinaria ed eccezionale, sia di questioni e di pratiche che devono essere istruite con particolare cautela.
L’attività del COPASIR è coperta per legge da segreto e devo dire che l’esperienza ha dimostrato che sin qui la norma è stata generalmente rispettata. Benché l’Italia sia il Paese nel quale l’estrema severità della norma è temperata dall’abitudine a non rispettarla, in questo caso c’è stata anche una certa abitudine a rispettarla, il che è un fatto positivo.
Si è, però, ritenuto più prudente che il quadro informativo di merito fosse fornito solo a presidente e vicepresidente del COPASIR, i quali provvederanno poi a informare il Comitato con le necessarie cautele, anche attraverso una capacità di selezionare le informazioni su cui è ragionevole che si svolga un dibattito. Ciò porta a un’assunzione di responsabilità del Parlamento sia pure in questa forma così ristretta, che io ritengo importante anche per ragioni politiche e persino, come abbiamo motivato, per ragioni di garanzia di questi delicatissimi apparati, i quali possono trovarsi a compiere operazioni molto complesse.
Come è noto, la legge introduce un elemento di garanzia funzionale che li tutela anche nei confronti della magistratura. Il segreto di Stato è, infatti, uno sbarramento che impedisce alla magistratura di conoscere questi fatti, ma è evidente che la tutela politica in un sistema come il nostro, basato sull’alternanza di governo, è parziale ed espone gli apparati a qualche rischio dal punto di vista delle condizioni di operatività.
Il segreto di Stato non può essere usato di nascosto da una parte rispetto a un’altra parte. Mi riferisco alle parti politiche fondamentali che si alternano al governo del Paese. Ciò determinerebbe, a mio giudizio, una condizione di insicurezza, mentre la sicurezza dello Stato deve essere un valore condiviso, contenente in sé una garanzia di stabilità nel passaggio da un governo all’altro.
Queste ragioni consigliano una procedura che comporti un certo grado di corresponsabilità e di consapevolezza. Abbiamo discusso su quest’aspetto all’interno del Comitato e la proposta è comprensibilmente discutibile, perché è il risultato dello sforzo nel trovare un punto di mediazione che possa garantire questo coinvolgimento. Tuttavia, a nostro giudizio, è un accorgimento necessario per concretizzare, sul piano normativo, il controllo di merito del Parlamento, su cui la Corte ha messo l’accento in modo molto chiaro nelle due sentenze che ho citato.
Ci sono altri aspetti, forse di valore minore, ma comunque significativi. L’espressione di pareri sul riparto delle risorse a oggi non è previsto dalla legge, mentre in generale il controllo parlamentare sui Servizi segreti, in tutti i Paesi dove esiste, è soprattutto controllo sul riparto e sull’uso delle risorse.
Il COPASIR non è una commissione parlamentare d’inchiesta e non ha i poteri della magistratura. È un comitato parlamentare che non ha questi poteri e io ritengo saggio che sia così. È, però, evidente che, se il COPASIR volesse approfondire un aspetto, dovrebbe poterlo fare. Abbiamo, quindi, pensato che il modo più ragionevole sia dargli la possibilità di attivare il servizio ispettivo che la legge prevede e pone in capo al DIS.
Di fatto, questo è già avvenuto. C’è stata un’ispezione su richiesta del COPASIR, ma è passata attraverso la decisione discrezionale del governo. Io credo che sia saggio prevedere per legge che questa attivazione sia automatica, anche per liberare il governo dall’incombenza di dover discrezionalmente fare ciò che gli chiede il Comitato. Mi sembra ragionevole che il Comitato disponga di questo potere di approfondimento in più.
Come vedete, è un disegno abbastanza disorganico, non una riforma organica. Si tratta di una serie di interventi di manutenzione, uno dei quali di notevole rilevanza, perché legato a due sentenze della Corte costituzionale.
Nel complesso, io credo che la riforma ne possa uscire rafforzata e quindi spero che il Parlamento voglia valutare con attenzione questa nostra proposta.
Credo di poter dire, a nome di tutti i proponenti, che siamo persuasi che la Commissione affari costituzionali potrà non solo apprezzare, ma anche migliorare il testo.
Restiamo in rispettosa attesa che questo possa avvenire nei prossimi giorni.

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