Intervista
6 novembre 2012

La campagna di D’Alema al Sud «O la politica o l'instabilità»

Colloquio con Simone Collini - l'Unità


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E’ una strana campagna elettorale. C'è una sola proposta di governo credibile, in grado di garantire una legislatura stabile, quella di un'alleanza tra progressisti e moderati. E poi ci sono moltissimi che si affannano a demolirla, senza preoccuparsi di quel che poi accadrebbe al nostro Paese».
Da quando ha annunciato che in caso di vittoria alle primarie di Pier Luigi Bersani non si ricandiderà in Parlamento, Massimo D’Alema ha intensificato le iniziative in giro per l'Italia a sostegno del segretario. Ieri era a Bari, dopodomani sarà a Bologna, poi Campania, Calabria, Basilicata, «per far emergere il sostegno del Mezzogiorno alla candidatura di Bersani», scegliendo invece non a caso per la chiusura del 23 novembre la Toscana. «Ci si sarebbe potuti aspettare un minor impegno? E perché scusi? Anzi, è un segnale da dare, ci si dedica alla lotta politica anche se non si è in corsa personalmente. Dobbiamo restituire l'idea che la politica è una battaglia per affermare dei valori, delle convinzioni. Io ho fatto questo passo per togliere il sospetto di voler difendere una posizione personale e per poter combattere più liberamente per un progetto. Ora che io e Veltroni abbiamo detto che non ci ricandideremo noto che la campagna è finita, che Berlusconi ha fatto sapere che si ripresenterà e nessuno ha avuto nulla da ridire. Evidentemente la campagna era per togliere noi dal Parlamento. Ma va bene, è giusto che siamo noi a dare l'esempio».
Per D’Alema è la «politica» che deve tornare, dopo la fase di «emergenza» dei tecnici. Nella tappa pugliese gli chiedono dell'Ilva, e lui dice che a fronte dei «molti annunci» del ministro dell'Ambiente Clini (che si risente e a distanza replica che da parte sua non ci sono stati annunci «ma solo fatti e impegni rispettati») il governo avrebbe potuto fare di più. C'è la questione delle Province, «tagliate con l'accetta», come dimostra il caso dell' «invenzione» della Provincia Brindisi-Taranto: «Non voglio difenderle, anzi qui invece di tre ne vorremmo due, una al nord e un Grande Salento, più l'area metropolitana di Bari, il che avrebbe una logica. Io ho grande rispetto del governo tecnico, ma si dimostra per molti aspetti che c'è bisogno della politica, cioè di un rapporto col Paese che sia meno astrattamente ragionieristico».
D’Alema sa che il vero avversario da battere non è un centrodestra ormai inesistente (tra un'iniziativa e l'altra legge sul cellulare un sondaggio che dà il Pdl doppiato dal Pd, «lo vede?») ma proprio la sfiducia diffusa nei confronti dei partiti, «l'idea che sono tutti uguali» e la campagna «contro il ritorno della politica»: «C'è chi spera che nessuna proposta di governo riesca a ottenere un consenso sufficiente per avere di nuovo un governo tecnico. Ma l'assenza di una maggioranza politica sarebbe drammatica per il Paese, porterebbe il massimo dell'instabilità, ed è irresponsabile chi lavora per un tale esito».
A lavorarci è anche un Pdl che al Senato oggi proverà a far passare un emendamento sulla legge elettorale che prevede l'assegnazione del premio di governabilità solo a una coalizione che superi il 40%. «Prevedere una soglia minima sarebbe un incentivo a disaggregarsi perché interesse di molti sarebbe non far scattare il premio, così poi tutti i giochini sono possibili», ragiona prima di partecipare a un'iniziativa al Parco dei principi di Bari Palese. D’Alema però ammette che un premio illimitato, così com'è previsto dal Porcellum, è incostituzionale perché rischia di alterare il principio di rappresentanza. «La soluzione può essere trovata in un premio limitato, che però è certo che scatti, perché allora sì che ci sarebbe un incentivo ad aggregarsi».
Ma al di là dei tecnicismi elettorali, per D’Alema resta un punto fermo, e cioè il fatto che «l'unica proposta di governo in grado di garantire una legislatura stabile e fare le riforme necessarie è quella di un'alleanza tra progressisti e moderati». Questo tour per le primarie l'ha portato a incontrare lavoratori di aziende in crisi, come la Micron, vicino ad Avezzano, docenti e ricercatori universitari (Italianieuropei ha organizzato per il 21 a Napoli un'iniziativa sul manifesto degli intellettuali pro-Bersani), sindaci di grandi e piccoli Comuni alle prese con le difficoltà a chiudere i bilanci (la sera prima di arrivare a Bari era a Martignano, in provincia di Lecce, per una cena elettorale a cui è seguito il ballo della pizzica). Contesti e persone diverse, ma che esprimono ogni volta le stesse problematiche, che riguardano la crisi, le politiche del rigore, la necessità di creare occupazione. Per questo dice che «la nostra prospettiva va oltre Monti»: «un governo di emergenza, ma noi dobbiamo andare oltre l'emergenza, dobbiamo costruire una prospettiva per il Paese. Gli impegni sul rigore sono irrinunciabili, ma occorre qualcosa di più, più giustizia sociale, maggiore attenzione al lavoro». E questo, per D’Alema può farlo solo un'alleanza di governo tra progressisti e moderati, «un'alleanza che si fonda sul fatto che c'è un grande partito come il Pd che ormai è dato nei sondaggi al 30%, che fa da baricentro, e una candidatura come quella di Bersani, che rappresenta la garanzia di una coalizione coesa». E se un'agenzia dice che il leader Pd sarebbe intenzionato a dare un ministero a Renzi in caso di vittoria, D’Alema in una pausa tra un'iniziativa e l'altra osserva che quella stessa agenzia è stata annullata. «In ogni caso deciderà Bersani con il Presidente della Repubblica, e comunque non ci sarebbe nulla di strano che alcuni competitori entrassero nel governo Bersani». E Vendola che dice o me o Casini? Sorride. Poi: «Io sono molto rispettoso della propaganda, è una parte della politica, ma non può sostituirla».

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