Intervista
14 dicembre 2012

Il premier contro chi lo sostiene? Sarebbe moralmente discutibile

Intervista di Roberto Zuccolini - Corriere della Sera


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«L'ho detto a Monti personalmente, ora glielo dico pubblicamente: sta logorando la sua immagine. Preservi se stesso, sia utile al Paese, non si faccia coinvolgere negli spasmi di una crisi politica sempre più convulsa e sconcertante per i cittadini». Massimo D'Alema è categorico: «Monti non si deve candidare». E anzi, secondo il presidente del Copasir (il Comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti), il premier deve sgombrare subito il campo da ogni equivoco sul suo nome e sul suo futuro.

Dopo Casini e Montezemolo, ora è Silvio Berlusconi ad offrire il sostegno del centrodestra se dovesse scendere in campo. 

«Quello di Berlusconi è un atteggiamento confuso. Dopo aver ripreso i temi classici della sua propaganda, come la riduzione delle tasse e la deregulation, e avere accusato Monti di essere subalterno all'Europa, ora sostiene di volerlo appoggiare. È una mossa disperata per ribadire il suo potere sul centrodestra. Però mette in rilievo il rischio che sta correndo in questo momento la figura del presidente del Consiglio».

Quale rischio? 

«Quello che venga meno la coerenza con il ruolo che gli è stato assegnato e che ha svolto fin qui con grande correttezza risultando utile al Paese per evitare la bancarotta e per ridare all'Italia un'immagine internazionale. Ma ora questo mandato si è esaurito. Non riesco a capire come una persona al di sopra delle parti, fino al punto di accettare la nomina di senatore a vita prima ancora di andare a Palazzo Chigi, possa diventare la bandiera di una precisa forza politica».

Cosa dovrebbe fare per candidarsi, rinunciare alla carica di senatore a vita? 

«A parte le difficoltà formali delle dimissioni da quell'istituto, riscontrate già in passato, anche se dovesse lasciare il Senato si aprirebbe un problema politico. Che senso ha che Berlusconi, che lo ha attaccato e sfiduciato, lo candidi oggi a guidare uno schieramento che avrebbe come unico collante l'avversione alla sinistra? Ciò aprirebbe una contrapposizione che favorirebbe anche nel nostro campo le posizioni più radicali. Sarebbe meglio se Monti preservasse la sua figura di super partes al servizio della Repubblica e la conservasse anche per il futuro prossimo».

Con l'offerta, in cambio, di andare al Quirinale? 

«Qui stiamo parlando del futuro del Paese e delle istituzioni, non stiamo all'asta delle poltrone. Come ha detto Bersani, la personalità di Monti è utile al Paese e non gli chiediamo di tornare all'università Bocconi».

Non si tratta di una posizione difensiva? Non è che avete paura di una discesa in campo così autorevole? 

«Siamo nelle condizioni di vincere comunque le elezioni, non abbiamo paura di confrontarci. Non è questo il problema. Trovo solo che sarebbe illogico e in qualche modo moralmente discutibile che il Professore scenda in campo contro la principale forza politica che lo ha voluto e lo ha sostenuto nell'opera di risanamento. Avendo grande stima di lui spero che non lo farà. Ad ogni modo non si può più andare avanti con questa incertezza sul suo futuro: è meglio che chiarisca al più presto».

C'è l'ipotesi che anche in assenza di una sua candidatura il nome di Monti compaia su una lista centrista. 

«Sarebbe un pernicioso bizantinismo di cui sicuramente non sentiamo il bisogno. Monti non dovrebbe permetterlo. Se personalità come Montezemolo hanno intenzione di candidarsi lo facciano senza nascondersi dietro il suo nome».

Da come vede le cose sembra che il presidente del Consiglio non abbia altra chance che ritirarsi a vita privata.

«Non è vero. Monti potrà continuare a svolgere un ruolo importante per tutti noi, proprio dalla posizione neutrale che finora ha mantenuto. Prima di lasciare Palazzo Chigi potrebbe indicare quali sono le cose utili da fare per il Paese negli anni che verranno e le forze politiche si misurerebbero con questo suo programma».

Cioè con la sua «agenda». Qual è il suo giudizio? 

«Gli accordi presi con l'Europa e il rigore finanziario, solo per fare due esempi, sono un impegno inderogabile e lo abbiamo dimostrato quando abbiamo già governato il Paese».

Non lo è altrettanto per il Sel di Vendola, che professa quasi quotidianamente il suo antimontismo. 

«Vendola non va usato come uno spauracchio. Stando ai più recenti sondaggi, il Pd sta al 32 per cento e loro al 5. Ogni decisione verrà presa a maggioranza e abbiamo scelto insieme che conterà il peso elettorale. Certo, bisogna considerare che Nichi governa una Puglia che è stata capace di creare 21 mila posti di lavoro in più malgrado la crisi. Ma Vendola non deve dimenticare che siamo stati noi la principale forza che ha sostenuto Monti. Attaccare a testa bassa il suo governo significa fare una campagna elettorale contro il Pd che è il suo alleato. Questo non è ragionevole. Noi non siamo contro Monti, ma vogliamo andare oltre questa esperienza, puntando su giustizia sociale e crescita».

In attesa di sapere che cosa deciderà il premier, il centro sarà comunque una realtà politica con la quale vi confronterete? 

«Ribadisco che noi siamo favorevoli ad un patto tra progressisti e moderati. Anche se dovessimo essere autosufficienti nelle due Camere apriremmo comunque un dialogo con i centristi per il governo, come ha detto Bersani».

Vendola è contrario. 

«Concentriamoci sui contenuti innovativi, che sono quelli che devono davvero caratterizzare la sinistra. Non sui veti».

Gli «arancioni» di Luigi de Magistris potranno essere vostri alleati? 

«Faccio solo notare che la loro prima mossa è stata attaccare il Quirinale...»

Veniamo alle primarie del Pd. 

«Quelle per scegliere il candidato premier hanno fatto emergere con chiarezza tutte le anime del centrosinistra, da Tabacci a Vendola. Uno schieramento che può raggiungere il 40 per cento. Io ero perplesso sullo svolgimento di quelle primarie, ma ammetto che ha avuto ragione Bersani che invece ci ha creduto con forza e ha avuto coraggio».

Che rapporti avrete con il secondo arrivato, Matteo Renzi? 

«Bisognerà tenerne conto. Lui sostiene che continuerà a fare il sindaco, ma io non vedrei nulla di male se entrasse in un futuro governo».

E le prossime primarie, quelle del 29 e 30 dicembre per la scelta dei parlamentari che tanto stanno facendo fibrillare il partito?

«Bisogna discutere le modalità migliori per realizzarle, ma dopo la decisione del Pdl di far cadere Monti dobbiamo accelerare ed è giusto che i candidati vengano scelti dal basso, visto che purtroppo non si è potuto fare una nuova legge elettorale che permettesse agli elettori di optare per i nomi più graditi».

Conferma che non si candiderà? 

«Ci mancherebbe. Ho dato la mia parola».

E dopo? 

«Dopo si vedrà. Vorrei ricordare che non sono disoccupato: sono presidente della fondazione Italianieuropei e sono a capo della Foundation of European Progressive Studies. Faccio parte dei vertici del Pse».

Sono soprattutto incarichi internazionali. E se arrivasse una chiamata per responsabilità istituzionali in Italia? 

«Se arriverà valuterò la chiamata...».

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