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7 marzo 2013

Faccio autocritica: per fortuna c'era la diretta streaming

Lettera al direttore dell'Unità, Claudio Sardo


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Caro Direttore,
vorrei approfittare della tua ospitalità per compiere una piccola autocritica, esercizio al quale veniamo spesso da più parti sollecitati.
Si tratta della decisione assunta ieri dalla direzione del nostro partito di trasmettere l’intera riunione in streaming, il che ha consentito a moltissimi – sembra – di ascoltare e valutare direttamente gli interventi. Avevo dei dubbi, ma invece si è trattato di una scelta assolutamente giusta.
Non pochi, questa mattina, hanno letto con stupore su taluni quotidiani che io avrei, nel corso del dibattito, naturalmente in aperta polemica con Bersani, proposto la costituzione di un governissimo. D’altro canto, già alcuni giorni fa, in una cronaca, come al solito brillante, di una riunione che in quel caso non era teletrasmessa, ho potuto leggere che “D’Alema non ha preso la parola perché è favorevole al governissimo”.
Ora, non è facile smentire ricostruzioni così accurate e, in generale, io non smentisco mai nulla. Ma, in questo caso, grazie appunto alla diretta streaming, molti hanno potuto ascoltare e vedere.  Ho spiegato le ragioni per le quali in Italia non è possibile che, neppure in una situazione di emergenza, le maggiori forze politiche del centrosinistra e del centrodestra formino un governo insieme.
Questo, invece, è possibile in altri Paesi e in casi eccezionali avviene. Il fatto che in Italia non sia possibile non è positivo: è, con ogni evidenza, una debolezza del nostro Paese. Ed è un problema. Ma di questo non siamo responsabili noi, come continuano a dire i dirigenti del Pdl, ma loro, in particolare per il ruolo che ha svolto e continua a svolgere Silvio Berlusconi. Basti pensare, in questi giorni, all’attacco frontale alla magistratura (e neanche più ai PM, ma ai giudici e alle loro sentenze), oppure alla vicenda oscura ed enormemente inquietante che viene alla luce con l’ipotesi di corruzione di parlamentari per fare cadere il governo Prodi.
Scusami se dico a te e ai lettori dell’Unità quanto oramai io consideri insopportabile questa deformazione continua di quello che penso e di quello che dico, che ormai si spinge ai limiti dell’insidiare il mio diritto a prendere la parola. Ma, d’altro canto, ho sperimentato  -come dicevo più sopra- che neppure il silenzio mi mette al riparo dal rischio di una deformazione. Inutile aggiungere che non ho tessuto, nel mio discorso, l’elogio dell’inciucio. Ho ironizzato con quella che è diventata una ossessione persino dominante nel dibattito pubblico nel nostro Paese, quella cioè che i partiti siano tutti intenti a realizzare accordi inconfessabili tra di loro.
In realtà non è vero. La verità è che in questi venti anni di cosiddetta Seconda Repubblica ha prevalso la logica di uno scontro frontale politico e personale, e tra le forze politiche non si è mai raggiunto nessun accordo né grande né piccolo, né alla luce del sole né all’ombra degli incontri segreti.
Dunque, le campagne moralistiche contro l’inciucio non hanno alcun fondamento di verità, ma riflettono soltanto una ostilità di principio verso la politica ed una cultura del sospetto che tende a demonizzare chi della politica è protagonista, facendo di ogni erba un fascio e concorrendo a squalificare e indebolire le istituzioni democratiche del Paese con gli effetti di caos e ingovernabilità che si profilano come un rischio concreto di fronte a noi.
Non credo che in un Paese democratico si debbano disprezzare i compromessi e ho anche lavorato, alla luce del sole, per cercare di raggiungere un accordo per riformare la Costituzione. Non perché questo facesse parte di una mia “oscura volontà di complottare” (pure questo è stato scritto), ma perché era il primo punto del programma dell’Ulivo, nel quale si proclamava la volontà solenne di ricercare un accordo con il centrodestra per realizzare le riforme costituzionali attraverso una Commissione bicamerale.
Non mi rammarico di averci provato, ma di non esservi riuscito, per responsabilità innanzitutto di Silvio Berlusconi.
Lo so, citare Gramsci sulla “paura dei compromessi” è stato un azzardo in un Paese dove prevale la rapidità delle battute o la volgarità delle invettive e dove il mondo dell’informazione scodinzola dietro a un signore che letteralmente li manda a quel Paese (ma non in questo modo garbato). Ma che ci volete fare: non credo che sia ancora venuto il momento di arrendersi alla volgarità e all’ignoranza. E spero che non venga mai.
Massimo D’Alema

Qui sotto il link di un brano di "Sogni d'oro" di Nanni Moretti (1981)


 

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