Intervista
9 febbraio 2016

«Europa a due velocità? Purché ci stiano tutti i Paesi euro»

Intervista di Fabio Martini - La Stampa


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Da alcuni giorni Massimo D’Alema sta seguendo da vicino la vicenda di Giulio Regeni e il giudizio dell’ex presidente del Consiglio è secco: «Diciamo le cose come stanno: questo ragazzo è stato ammazzato in modo barbaro. Ed è stato ammazzato, oramai è evidente, per il suo impegno civile, per il suo essere attivamente partecipe di un movimento di libertà, in un Paese che è oppresso da una feroce dittatura militare, dove tortura e assassinio sono la regola.  In questa fase c’è grande imbarazzo nel governo italiano, che non potrà contentarsi di versioni ufficiali, francamente ridicole, e dovrà portare fino in fondo le sue domande di verità e giustizia». Presidente della Fondazione Italianieuropei e della Foundation for European Progressive Studies, le fondazioni europee di area socialista, D’Alema segue le vicende internazionali e europee grazie ad una rete di rapporti privilegiati.



Nei giorni scorsi, durante la polemica tra governo italiano e presidenza della Commissione europea,  non si sono alzate voci dal campo del socialismo europeo a sostegno di Matteo Renzi: come lo spiega?



«Ho visto che ora Renzi invoca una riunione dei leader socialisti. È un fatto positivo, anche se vertici di questo tipo si tengono regolarmente prima di ogni Consiglio e la vera novità sarebbe se Renzi vi partecipasse regolarmente. Speriamo che questa richiesta produca una correzione di rotta, correzione che servirebbe anche da parte del governo italiano, che insiste presso la Commissione europea per ulteriore flessibilità. Francamente non si capisce quale solidarietà in Europa potesse riscuotere una richiesta prettamente nazionale, finalizzata ad ottenere vantaggi per l’Italia».



Richiesta di per sé legittima, non crede?



«Legittima in sé, ma che somiglia molto a quanto invocava Berlusconi nel 2011. Il vero problema non è ottenere deroghe da Bruxelles per poter elargire ulteriori mance in patria. Oggi in Europa ci sono due modi di polemizzare: la politica di chi fa l’occhiolino agli anti-europeisti di marca nazionalista, che poi è soltanto un modo per chiedere a Bruxelles di fare i propri comodi.  Altro è dire: esiste una Commissione, nata attorno ad una coalizione tra popolari e socialisti e che al momento del suo insediamento si impegnò per una politica della crescita e degli investimenti. Finora i risultati sono stati deludenti: per questo occorre dar corso al coraggioso programma di investimenti annunciato come caratterizzante dalla Commissione Juncker e che finora stenta. Dar corso a grandi progetti comuni. Così si creano margini per ulteriore flessibilità: ma per fare investimenti, non per tagliare l’Imu».



L’Italia sembra voler cavalcare la politica dell’Europa a due velocità: pericolo od opportunità?



«In particolare, anche a seconda dell’esito del negoziato con la Gran Bretagna, c’è il rischio di un allentamento dei vincoli unitari che hanno caratterizzato l’integrazione europea sino ad oggi. Di fronte a questo rischio, certamente può essere positivo che un nucleo di Paesi disponibili proceda ad una cooperazione rafforzata, peraltro già prevista come possibile dal Trattato esistente. Ciò che mi sembra ragionevole è che questa ipotesi sia proposta all’insieme dei Paesi dell’area dell’euro, anche perché è in questo ambito che esistono particolari esigenze di una maggiore integrazione».



Veniamo alla vicenda egiziana: cosa non la convince?



«Il capo della polizia nelle prime ore ha detto che si trattava di un incidente d’auto. Se si fosse trattato di un ragazzo egiziano, il tutto sarebbe stato archiviato così: incidente d’auto. Ma questo è l’Egitto, da quando i militari hanno rovesciato con un colpo di Stato un governo legittimamente eletto, che pure aveva compiuto molti errori. Hanno condannato a morte il presidente eletto dal popolo, hanno rimesso in prigione il leader spirituale dei Fratelli musulmani che vi aveva trascorso già 12 anni sotto Mubarak. Tutto questo è avvenuto con la sostanziale comprensione dell’Occidente e dell’Europa».



L’Italia ha sempre guardato con simpatia al presidente al-Sisi, ma in questi giorni non sembra disarmata…



«In questa solidarietà al regime egiziano l’Italia è in prima fila: ne ha fatto uno dei pilastri della sua politica estera. Non è questo l’atteggiamento che dovrebbe caratterizzare la politica estera di un Paese governato dalla sinistra, come l’Italia»



Presidente, non sarà lei a non sapere che nei rapporti tra Stati è sempre complicato trovare le giuste dosi tra interessi e principii...



«Non pretendo non ci siano rapporti con Paesi nei quali non c’è democrazia, ma altra cosa sono Paesi nei quali colpi di Stato hanno rovesciato governi legittimamente eletti. In questi casi la politica estera italiana è sempre stata attenta e severa. Ma c’è un errore storico dell’Occidente, il pensare che le dittature fermino i fondamentalismi. Una coazione che si sta ripetendo in Egitto: dove aver eliminato in quel modo il maggior partito egiziano sta spingendo una quota significativa di giovani verso posizioni radicali».


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