Intervista
19 gennaio 2017

«Leader e candidato premier nuovi. Populisti bene nel governo locale»

Intervista di Aldo Cazzullo - Corriere della Sera


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Massimo D’Alema, lei è tra i vincitori del referendum. Che ha abbattuto l’ultimo leader di centrosinistra che resistesse in Europa. Ora si va verso il proporzionale e, se tutto va bene, un governo Pd-Berlusconi. Un vero trionfo.
«Non è che l’alternativa sarebbe stata migliore. Buona parte di questi guai li ha provocati Renzi. Diciamo le cose come stanno: la caduta di Renzi è stata costruita da lui stesso. È stato lui a imporre con tre voti di fiducia una legge elettorale incostituzionale, per poi dopo tre mesi considerarla anche sbagliata. È stato lui a impostare il referendum come un grande plebiscito sulla sua persona; dopo un’esperienza di governo fallimentare, nonostante il favore al di là di ogni ragionevole limite del sistema dell’informazione, almeno di quella ufficiale; che non mi pare abbia comunque avuto una grande influenza sull’esito finale del voto».
Fallimento totale?
«Legga il rapporto del World Economic Forum, che non è un’organizzazione trotzkista. Su 30 Paesi industrializzati, l’Italia è quartultimo come crescita inclusiva, terzultimo come equità tra generazioni con trend in netto peggioramento negli ultimi due anni, per fare alcuni esempi».
Renzi rivendica di aver cambiato segno: dal meno al più.
«Il segno è cambiato in tutto il mondo. Ma da noi la crescita economica è particolarmente bassa, mentre abbiamo una crescita impressionante delle disuguaglianze e della povertà, che si riflette nella geografia sociale del voto. Il Sì ha perso nelle periferie, al Sud, tra i giovani».
Le uniche città in cui ha vinto il Sì, a parte Milano, sono Firenze e Bologna. Renzi rivendica che il 91% degli elettori Pd l’ha sostenuto.
«Renzi dice tante cose che non hanno riscontro. In realtà, lui parla di elettori del Pd, mentre io parlo di elettori del centrosinistra, di cui una grande quota non vota più Pd. In pochi giorni abbiamo costituito 300 comitati: molti erano composti da persone di sinistra che non votavano più, e sono tornati alle urne per votare No. Sabato 28 gennaio ci riuniremo in assemblea, e proporremo di trasformare questi comitati in comitati per ricostruire il campo del centrosinistra».
Hanno votato Sì anche tutti gli ex dalemiani: Orfini, Latorre, Rondolino, da ultimo Cuperlo.
«Io non ho mai fondato correnti, non ho mai preteso fedeltà. Ognuno è sempre stato libero di fare le proprie scelte. La mia è stata quella di condividere il sentimento della grande maggioranza degli italiani».
Lei crede ci sia davvero nel Pd un’alternativa a Renzi?
«Siamo stati tormentati per mesi da maître à penser secondo cui Renzi era insostituibile. Invece è arrivato Gentiloni e abbiamo avuto un presidente del Consiglio più garbato, più accettabile dagli italiani. E ne conosco altri, nel Pd e nel centrosinistra, in grado di svolgere efficacemente quel compito. Ripeto, nessuno è insostituibile. È un principio che a suo tempo ho applicato anche a me stesso».
Chi potrebbe essere «il giovane Prodi» evocato da Bersani?
«Non lo so. So che Renzi ci porterebbe a perdere le elezioni. Bersani ha detto giustamente che bisogna individuare un nuovo segretario del partito e un candidato del centrosinistra alla guida del Paese; proprio perché il Pd non appare più in grado di esprimere una vocazione maggioritaria. Questo richiede una personalità capace di rimettere insieme i riformisti».
Non potrebbe essere ancora Renzi?
«Non mi pare la persona adeguata. Ormai è chiaro che con Renzi non vinceremo mai. Tra lui e una parte del nostro mondo si è determinata una rottura sentimentale, difficilmente recuperabile. Lui insiste sui ballottaggi; ma oggi il Partito democratico è un partito isolato. L’unica mano tesa verso il Pd è quella di Berlusconi, che ha bisogno del governo contro la scalata di Vivendi: do ut des. Ma non credo che la mano tesa di Berlusconi corrisponda al sentimento dell’elettorato di centrodestra. Mediaset, come ci spiegò lui stesso, si schierò per il Sì; non mi pare abbia avuto grandi riscontri».
Il futuro quindi non è un governo Pd-Forza Italia?
«Se la tendenza elettorale è quella che vedo, il Pd e Berlusconi non avranno i numeri per fare nessun governo».
Quindi toccherà a Lega e 5 Stelle?
«Anziché deprecare il populismo cercando di delegittimare i nostri competitori politici, dovremmo cercare di metterci in sintonia con il popolo. È vero che la Raggi sta pagando a caro prezzo i legami con gli ambienti della destra romana, ma la Appendino è considerata il miglior sindaco d’Italia. Tra i primi tre presidenti di Regione ci sono, insieme a Enrico Rossi, i due leghisti, Zaia e Maroni. Stiamo perdendo anche il primato del governo locale, da sempre nostro punto di forza».
Il renzismo è finito?
«Non saprei. Certo i risultati non sono positivi. La situazione del Paese è molto grave. La principale preoccupazione di Renzi è stata stabilire un rapporto forte con l’establishment, attraverso un enorme trasferimento di risorse pubbliche alle imprese: 15 miliardi che non sono stati reinvestiti. Sono stati distribuiti incentivi a pioggia, che hanno prodotto solo un po’ di occupazione assistita e precaria. Sono stati versati bonus e mance, di cui ora l’Europa ci chiede il conto, imponendoci una manovra. E sono state salvate le banche salvando i grandi debitori delle banche, con i soldi dei cittadini».
A chi si riferisce?
«Mi auguro che la commissione d’inchiesta porti alla luce i nomi. A cominciare dai debitori del Monte dei Paschi. Potremmo trovare alcuni editori di giornali. Ma la gente non si informa sui giornali, va in rete e si chiede: perché se non pago il mutuo mi tolgono la casa, mentre se non paga i debiti un gran signore sono sempre io, cittadino italiano medio, che devo rimediare di tasca mia?».
Il Monte dei Paschi è roba vostra. La banca della sinistra.
«Quando ero presidente del Consiglio mi battei perché il Monte fosse tolto dal controllo della Fondazione. Non volevamo “la banca della sinistra”: volevamo privatizzarla. A Siena ci fu una rivolta. Furono stampati manifesti con la scritta “D’Alema come Mussolini”. Credo che bisognerebbe raccontare la storia vera e non quella che fa comodo al potente di turno».
Renzi rivendica di aver redistribuito ricchezza con gli 80 euro.
«Io espressi apprezzamento per gli 80 euro, ma nello stesso tempo, tagliando l’Imu sulla prima casa, il reddito restituito alle famiglie più ricche è stato assai più consistente. Il ricco riceve 2 mila euro, l’occupato 80, l’emarginato zero. Non è antirenzismo; è matematica».
È stata fatta una legge contro la povertà.
«Una buona legge. Finanziata con un miliardo di euro, per nove milioni di poveri: faccia lei il conto. Non è che gli elettori sono cattivi o ingrati. L’82% dei giovani ha votato No; e un partito che ha contro 8 ragazzi su 10 non ha futuro».
Resta il 40% di Sì.
«Sulla scala mobile il Pci da solo conquistò il 45,7% di Sì. Alle Politiche successive andò sotto il 27».
Quando si vota secondo lei?
«Non credo a giugno. Mi pare un altro disegno velleitario. Ci sarà il test delle amministrative, che si annuncia molto difficile: dopo Torino rischiamo di perdere Genova. Servirebbe una discussione approfondita nel partito. Un congresso. E si dovrebbe avere il tempo di votare la proposta di legge per ridurre i parlamentari e abolire la “navetta” tra Camera e Senato».
Lei parlò di cinque mesi per fare la riforma costituzionale. Ne è passato uno e mezzo e non è successo nulla.
«Se il Pd vuole, si può fare. La proposta è depositata al Senato. L’hanno firmata esponenti del Pd e del centrodestra. Crimi dei 5 Stelle e Naccarato di Gal ne hanno presentate due analoghe. Può passare con l’80%, quindi senza bisogno di referendum. E sa perché l’esame non può cominciare? Perché il Pd non ha ancora scelto il nuovo presidente della commissione Affari costituzionali, al posto della Finocchiaro, nominata ministro».
La priorità ormai è la legge elettorale. Qual è il sistema migliore?
«Il ritorno al Mattarellum. Anche perché consentirebbe di ricostruire il centrosinistra a partire dai candidati nei collegi, scelti attraverso le primarie. Non so se ci sarà la forza per farlo, ma, come vede, almeno su questo sono d’accordo con Renzi».

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