Intervista
18 dicembre 2022

"Quelle banconote un'indecenza, Antonio è persona che stimavo. Io? Consulente non affarista"

Intervista di Tommaso Labate - Corriere della Sera


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Presidente D’Alema, che impressione le fa vedere persone che
conosce da anni, come Antonio Panzeri, coinvolte in uno scandalo come il
Qatargate?


«Sono colpito e addolorato. Anche perché le persone coinvolte hanno
una storia tale per cui non si può che rimanere colpiti e addolorati.
Condivido l’intransigenza di Roberto Speranza e del Pd. Non trovo però
accettabile che si prenda questa vicenda e la si usi come una clava per
demolire una storia e una classe dirigente, facendo confusione tra cose
che sono totalmente non assimilabili tra loro».


Panzeri e Cozzolino in passato sono stati censiti tra i «dalemiani».


«È un aggettivo il cui utilizzo, com’è noto, ho sempre contestato.
Panzeri è uno degli esponenti che ha aderito ad Articolo Uno, Cozzolino
no, comunque sia sono persone che conosco da anni e che ho stimato. Nel
caso di Panzeri parliamo dell’ex segretario della Camera del Lavoro di
Milano. Una figura con una storia sindacale importante alle spalle, non
certo l’assistente di D’Alema».


I sacchi con le banconote nelle case private, negli uffici.


«Non avrei mai potuto sospettare una cosa del genere e infatti la
trovo un’indecenza, che merita una riposta ferma in difesa del
Parlamento europeo. Devo dire che ho molti dubbi sul fatto che questo
tipo di pressioni abbia impedito all’Europa di prendere le sue
decisioni. Infatti a me risulta che il Parlamento europeo si sia
pronunciato in modo molto severo rispetto al tema dei diritti umani in
Qatar. Comunque sia, anche soltanto il tentativo di condizionare le
istituzioni attraverso un’opera corruttiva è inaccettabile».


Si indaga anche sugli eurodeputati amici del Marocco.
Circolano le foto del 2012 di una conferenza del Mediterraneo
organizzata dal Pd e dai Socialisti europei in cui, tra relatori e
ospiti, figuravano Gualtieri, Panzeri, Cozzolino. Il convegno venne
chiuso da un suo intervento.


«Non mi risulta che parlare a un convegno sia un reato. E comunque,
il Partito socialista marocchino è membro dell’Internazionale
socialista, abbiamo sempre avuto tanti rapporti. In Marocco, in cui è in
corso un processo di democratizzazione che non si vede certo in Qatar,
un socialista a un certo punto è arrivato addirittura alla carica di
primo ministro. La nostra azione è sempre in difesa dei diritti umani e
della democrazia, per cui in quel mondo abbiamo avuto sempre relazioni
importanti con le forze che si muovono in queste direzioni».


Il vicesegretario del Pd, Provenzano, evocando anche la sua
attività, ha detto che vedere ex leader della sinistra fare i lobbisti
in grandi affari istituzionali non è solo triste; ma dice molto del
perché la gente non si fida più della sinistra.


«Provenzano ha detto una cosa giusta. E cioè che non si possono
accettare porte girevoli tra politica e attività economica. Io però non
faccio né l’affarista né il lobbista. Da diversi anni ho un’attività di
consulenza prima di avviare la quale, è agli atti, ho scritto al
segretario Speranza una lettera di dimissioni dagli organismi dirigenti
di Articolo Uno. Non ci sono nel mio caso porte girevoli; ma diverse
stagioni nella vita che devono essere scandite da un rigido principio di
incompatibilità. Io le ho scandite, diciamo».


Ammetterà che in tanti non la pensano così.


«Vede, questo tipo di attività deve essere fatto alla luce del sole.
Io non sono più in Parlamento dal 2013, mi sono dimesso dagli organismi
dirigenti del partito a cui sono iscritto, poi ho creato una società,
collaboro con società internazionali, presento bilanci. Tra l’altro
concorro in questo modo largamente a finanziare la mia fondazione e la
rivista. Non faccio un’attività sotterranea. E tutto trasparente, tutto
controllabile. Qualcuno dice che non è opportuno? Be’, in tutti i Paesi
del mondo ci sono persone che hanno avuto un ruolo istituzionale e che
poi continuano a dare un contributo utilizzando le loro competenze al
servizio dello sviluppo economico. Le aggiungo un’altra cosa, visto che
ci siamo. Persino una persona solitamente mite come il sottoscritto
arriva al punto in cui non ne può più di leggere certe menzogne. Infatti
mi sono rivolto agli avvocati per discutere della questione nelle sedi
preposte. È falso, tanto per dirne una, che io abbia fatto da mediatore
nella vendita di armi o che abbia truffato il governo italiano con
ventilatori difettosi».


Si riferisce agli affari con la Colombia?


«Ho dato una mano a un imprenditore con una qualche imprudenza, lo
ammetto. Ma se avessi partecipato a una compravendita di armi sarei
stato oggetto di attività giudiziaria. Parliamo di reati. Reati che, non
a caso, nessuno mi contesta».


E sulla vendita dei ventilatori difettosi all’inizio della pandemia?


«C’era una corsa disperata ad acquistare questi prodotti sul mercato
cinese, perché si producono soprattutto lì, e tutti andavano e pagavano
in anticipo. E visto che l’Italia non poteva farlo per le nostre regole
amministrative, a me fu chiesto di trovare qualcuno che comprasse in
vece nostra, mettendoci i soldi. Io ho trovato un’associazione che l’ha
fatto. Ma attenzione (mostra l’email di richiesta col logo della
presidenza del Consiglio, ndr): il modello del ventilatore fu scelto, su
indicazione del Comitato tecnico scientifico, dalla Protezione civile
italiana non da D’Alema, che non c’entrava nulla. Presumo, prima di
pagarli, che abbiano verificato che funzionassero. Ma lo presumo, visto
che io ho solo fatto un favore e non ho venduto niente a nessuno».


E impegnato ad aiutare il Qatar a rilevare la raffineria di Priolo?


«Anche qui (sorride, ndr), “aiutare il Qatar…”, quante bugie. Una
cordata di investitori internazionali, tra cui è presente un
imprenditore qatariota, si è rivolta anche me per l’acquisizione della
raffineria. A loro ho dato un consiglio: vi interessa? Bene, come prima
cosa andate a parlare col governo. Cosa che abbiamo fatto prima col
governo Draghi, attraverso il ministro Cingolani, e ora col governo in
carica. Massima trasparenza. Vogliono mantenere livelli occupazionali,
rilanciare l’area, rispettare i paletti europei della transizione
energetica. Se poi si decide il principio che non si possono accettare
investimenti che provengono da Paesi non democratici, sarò il primo ad
attenermi; naturalmente bisognerebbe smontare circa la metà
dell’economia italiana e anche un bel pezzo del campionato di calcio.
Questo è il festival dell’ipocrisia. Tra l’altro, non ricordo grandi
sollevazioni intellettuali quando Gheddafi, che non era un campione
della democrazia, era entrato nel capitale di grandi aziende italiane,
anche dell’informazione…».


Voterà al congresso del Pd?


«No. Perché ho sempre pensato che il segretario di un partito debba
essere scelto dagli iscritti. E io non sono un iscritto di quel
partito».


Potrebbe tornare a esserlo presto.


«Seguo con molta attenzione il dibattito congressuale del Pd. Alla
fine di questo percorso, mi atterrò alle indicazioni del mio segretario,
Speranza».

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