«L’ho chiamato? Certamente. Con Edi Rama ci sentiamo spesso, è un
amico di vecchia data. Sono davvero molto contento che veda confermato
il suo mandato alla guida dell’Albania», dice al Foglio l’ex premier
Massimo D’Alema, commentando la vittoria elettorale del presidente
socialista albanese che ieri, per la quarta volta consecutiva, è stato
confermato a capo del governo di Tirana. Un lungo periodo alla guida del
paese iniziato nel 2013, durato dodici anni, e destinato ora a
continuare. «A parte l’estrema debolezza dell’alternativa – un ritorno
di Sali Berisha era qualcosa che aveva un sapore di passato e non era
più proponibile – penso sia la scelta migliore per il popolo albanese:
Rama ha rappresentato nel corso di questi anni un fattore di
modernizzazione e apertura del paese».
Ma Rama non piace solo a D’Alema (l’ex premier a Tirana ha anche una
società di lobbying). Da qualche tempo ormai tra la presidente del
Consiglio Giorgia Meloni e il premier albanese, a scapito delle
rispettive provenienze politiche, è nata una grande intesa, un’amicizia
che ha mandato in cortocircuito l’intera sinistra europea, ed è
culminata con la scelta del presidente albanese di accettare i due
centri italiani per il rimpatrio dei migranti a Gjader e Shengjin.
«Penso – dice D’Alema – che da parte sua sia stato un errore, ma
probabilmente era inevitabile: è molto difficile per un premier albanese
dire no a una richiesta dell’Italia. I rapporti con noi sono per gli
albanesi importantissimi, c’è un legame storico, ma Rama resta un leader
socialista che ha reso il suo paese più moderno e prospero». E però la
cosa ha fatto infuriare un pezzo di Pd e ha infastidito anche il Partito
socialista europeo, non c’era modo di evitare? «Rama – risponde l’ex
premier – ha cercato di onorare questa relazione italo-albanese e lo ha
fatto cercando di deresponsabilizzarsi al massimo: ha ceduto un pezzo di
sovranità su una piccolissima porzione di territorio per un’operazione
che per l’Italia non ha senso, ma che all’Albania non costa nulla».
D’Alema ricorda poi che, ben prima di Giorgia Meloni, fu lui a siglare
un accordo sull’immigrazione con l’Albania. «E non c’era Rama, ma
proprio Sali Berisha. Serviva a fermare il flusso dei clandestini
albanesi verso l’Italia. Lo facemmo attraverso la base interforze
dell’isola di Saseno, dopo le tragedie sul canale di Otranto. A
differenza di quello di Meloni fu un accordo molto efficace, che evitò i
naufragi». L’ex premier ricorda anche come nacque, vent’anni fa, la sua
amicizia con iil rieletto presidente albanese, all’epoca sindaco di
Tirana. «Un lavoro che – dice D’Alema – ha fatto in modo mirabile,
proponendosi come elemento di rinnovamento della sinistra albanese. Fu
lui a venire da me alla Fondazione Italianieuropei con i suoi giovani
collaboratori: voleva essere aiutato a fare un programma per il futuro
dell’Albania. Cominciammo allora una collaborazione con un gruppo di
lavoro di cui facevano parte anche l’ex ministro dell’economia Pier
Carlo Padoan e Giuliano Amato». E perché cercò proprio voi? «Avendo un
programma di modernizzazione ha cercato inevitabilmente nella sinistra
italiana».
Rama intanto sogna l’Europa, la promette ai suoi concittadini
albanesi entro il 2030. Anche il presidente del Consiglio europeo Costa
ha aperto a questa possibilità. Secondo lei sarà la volta buona? «Io –
dice l’ex premier – gli ho sempre detto che la situazione è ideale. Per
molti aspetti l’Albania è già in Europa: ha un rapporto di libero
scambio, moltissime relazioni con gli altri stati europei, i margini ci
sono, ma per adesso l’Europa non è stata in grado di portare avanti il
processo di allargamento». Chi non ama Rama in Albania lo considera un
leader con relazioni discutibili. Tra i suoi critici definiscono quello
che guida un “narcostato”. «Lo trovo un giudizio non fondato – dice
D’Alema – È un paese che conosciamo e sul quale siamo in grado di dare
una valutazone al di là di quello che dicono gli osservatori albanesi.
C’è anche una collaborazione tra Italia e Albania nella lotta alla
criminalità organizzata. Ci sono stati in passato aspetti di emergenza,
ci saranno ancora anche dei problemi, ma non è una cosa che imputerei a
Rama». C’è chi dice che la super procura anti corruzione sia usata da
Rama come un’arma politica per far fuori gli avversari. «A pochi mesi
dalle elezioni quella procura ha fatto arrestare il sindaco di Tirana
che era un suo importante collaboratore, le dicerie le lascerei da parte
e guarderei al voto degli albanesi». A proposito, con questo voto Rama
ha ottenuto il suo miglior risultato. I critici vedono proprio in questo
un segnale di democrazia preoccupante: si può crescere dentro le urne
dopo 12 anni di governo? «Uno vince e allora c’è qualcosa di strano: mi
sembra un’idea un po’ curiosa della democrazia. Più che a queste
chiacchiere guarderei ai dati sulla crescita economica, sul turismo e
sugli investimenti, persino. all’immigrazione dall’Italia verso
l’Albania. Numeri in crescita che dovrebbero far riflettere più qui che a
Tirana».