Discorso
24 febbraio 2004

La verità su casa e barca

Lettera a La Repubblica


Caro Direttore,

chiedo scusa se nel corso della lettera sarò costretto a riferirmi anche a questioni di carattere personale, ma è purtroppo su questo piano che negli ultimi giorni sono stato chiamato in causa. Il fatto che ciò sia avvenuto in modo non esplicito ma pesantemente allusivo non cambia la sostanza come dimostrano i molti, e tra questi lo stesso Eugenio Scalfari, che hanno ravvisato nelle parole del capo del governo un riferimento diretto alla mia persona. Per ovvie ragioni fatico a riconoscermi nell’identikit tracciato da Berlusconi. Non solo per l’ovvia ragione che in vita mia non ho mai rubato, ma per il tenore di vita mio e della mia famiglia. Non posseggo case al mare né in montagna. Ho dovuto vendere quella nella campagna umbra che ci aveva lasciato nostro padre per poter comprare la casa nella quale vivo avendo deciso di abbandonare quella dove ero in affitto perché di proprietà di un ente pubblico. Per completezza di cronaca, aggiungo che l’acquisto della nuova casa è stato reso possibile solo dall’integrazione di un mutuo rilevante per il quale fortunatamente i tassi di interesse sono assai bassi grazie all’assennata politica del centrosinistra. Neppure della famosa barca sono proprietario per la semplice ragione che non ero in condizione di acquistarla. Il che mi ha fatto optare, insieme ad alcuni amici, per la soluzione di un leasing quinquennale. Mi sento quindi assolutamente tranquillo, in primo luogo con la mia coscienza. So di vivere del mio lavoro e di non avere nulla da rimproverarmi sotto il profilo della trasparenza nell’esercizio delle mie funzioni pubbliche. E tuttavia Berlusconi un primo parziale successo lo ha ottenuto. Lui pluri-indagato e rinviato a giudizio per gravi reati, è riuscito a mettere sotto accusa i suoi avversari politici. A costringerli a dimostrare la loro innocenza con uno stile inquisitorio che altro non è se non la faccia speculare del garantismo lagnoso che si manifesta quando in ballo è la sua personale impunità e quella dei suoi sodali. Sarà anche un segno di disperazione politica e tuttavia sarebbe un errore sottovalutare il pericolo di una controffensiva che imbarbarendo lo scontro cerca nella rissa la via d’uscita possibile per non rispondere delle proprie responsabilità nel governo del paese. E’ importante che le forze democratiche sappiano reagire in modo da evitare la trappola. Questo significa a mio avviso tener conto di due criteri. Il primo è non inseguirlo sul terreno dell’aggressione personale, dell’insulto, dell’insinuazione. Berlusconi, come ha scritto ieri Curzio Maltese, deve rispondere agli italiani delle condizioni reali del paese. E in questo senso noi dovremo inchiodarlo alle sue responsabilità. Il secondo criterio è nel non contribuire a quel qualunquismo antipolitico, a quel disprezzo verso i partiti e le istituzioni, che anche quando agitato da sinistra finisce per creare un terreno favorevole alla destra reazionaria. Considero questo un nodo decisivo per il nostro campo. Se davvero Berlusconi e il suo modo di fare politica sono un pericolo per la convivenza democratica noi tutti abbiamo il dovere di prendere alcune misure straordinarie. E tra queste, la scelta di coltivare una solidarietà speciale e un rispetto reciproco tra quanti le istituzioni vogliono per davvero difendere. Sotto questo profilo vorrei dire a Eugenio Scalfari del quale ho molto apprezzato l’articolo che ha stimolato questa mia lettera, che non ho offerto a Berlusconi alcun salvacondotto ma soltanto la possibilità di fare qualcosa di utile per il paese con quelle riforme costituzionali che avrebbero potuto rendere più forte la nostra democrazia dando luogo a un bipolarismo normale. D’altra parte non c’è dubbio che se davvero qualcuno gli avesse offerto un salvacondotto, Berlusconi se lo sarebbe preso. Può darsi dunque che io sia stato ingenuo a pensare che l’uomo potesse fare qualcosa di utile per l’Italia, ma questa è l’unica responsabilità che mi si può eventualmente addebitare. Una colpa per altro – me lo lasci dire – per la quale ho già pagato ampiamente e di persona.

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