Intervista
16 marzo 2004

D'Alema: non lasciamo l'Iraq ora. Ma senza svolta via le truppe.

Noi e Zapatero la stessa posizione


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Onorevole D'Alema, oggi lei è contento perché in Spagna hanno vinto, in modo inatteso, i socialisti. Ma non le mette inquietudine il fatto che, paradossalmente, l'asso nella manica di Zapatero si sia rivelata Al Qaeda?
«Per la verità ero convinto che i socialisti fossero in rimonta già prima dell'attentato e che i popolari non avrebbero avuto la maggioranza assoluta. Non mi pare che l'umore della Spagna fosse a destra. Attribuire dunque il risultato tout court all'attentato è un errore. Forse senza l'attentato i socialisti non avrebbero avuto lo stesso risultato, ma su questo hanno pesato semmai le menzogne del governo. E' un segnale ai bugiardi e forse in Italia c'è chi se ne dovrebbe preoccupare».

Cosa vede dentro la vittoria del Psoe?
«Tre messaggi vengono dal successo socialista. Il primo rafforza quella parte dell' Europa che spinge per un cambio di rotta. Il secondo è che il Psoe è un partito convintamente europeista. Il terzo conferma la vitalità del socialismo europeo con il quale ogni ambizioso progetto riformista deve misurarsi oltre ogni provincialismo».

Non teme possa rafforzarsi un antiamericanismo generalizzato?
«Tutt'altro. Noi contestiamo la politica di Bush auspicando una svolta negli Usa che prende sempre più corpo nell'opinione pubblica americana come dimostra il successo di Kerry. Processo reso però difficile dal sostegno acritico che alcuni Paesi europei hanno dato all'unilateralismo americano. La vittoria socialista in Spagna spinge verso un cambio di quella politica isolando ancor più la confusa linea di Berlusconi».

I fatti di Spagna ci consegnano una settimana con due manifestazioni, qualche tentativo di dialogo e molte polemiche.
«Sono due iniziative diverse. Ed entrambe importanti. Quella di giovedì ha un forte valore istituzionale e simbolico. Il corteo di sabato ridarà voce all'arcipelago vasto e complesso del popolo della pace. Ritengo giusto e coerente che i Ds siano presenti con le loro posizioni a tutte e due».

Per aver detto più o meno la stessa cosa, Fassino è stato quasi insultato da una parte della sinistra più radicale...
«Io condivido l'appello della Cisl e delle Acli per una manifestazione, il 20 marzo, segnata dall'idea forte della lotta al terrorismo. Ciò non toglie che la politica di Bush nell'ultimo anno si sia rivelata fallimentare, non debellando il terrorismo e alimentando anzi il consenso verso le posizioni più radicali e fondamentaliste».

Il leader del Psoe Zapatero ha detto che se entro il 30 giugno le cose non cambieranno in Iraq, richiamerà i suoi soldati
«La posizione di Zapatero è la stessa da noi sostenuta nel recente dibattito parlamentare. Continuo a non credere che venirsene via subito dall'Iraq, isolando gli americani, risolva alcuno dei problemi aperti. Trovo molto più forte politicamente la richiesta di una svolta radicale. Non si è mai visto che fazione di peace keeping sia svolta dagli stessi che hanno condotto la guerra. Ma sia chiaro , senza una svolta entro giugno bisognerebbe ritirare le nostre truppe come annunciato per quelle spagnole. Insomma, l'Europa deve farsi carico di una grande ripresa di iniziativa su due temi chiave: Medio Oriente e Cecenia. Il governo italiano ha una posizione di avallo acritico nei confronti della politica di Sharon e Putin. Se vogliamo battere il terrorismo abbiamo una sola possibilità, costruire un fronte che coinvolga una grande parte del mondo islamico. Altrimenti Al Qaeda vincerà».

Cosa risponde a Berlusconi che chiede un patto antiterrorismo?
«La disinvoltura con cui Berlusconi ha sinora detto tutto e il contrario di tutto ci fa diffidare. Io sono per l'unità contro il terrorismo, ma Berlusconi dovrebbe fare autocritica. Il governo è lui, non noi, è lui che ha schierato il Paese, che si è preso delle responsabilità. Ora non può far finta di nulla. Detto questo, ci vuole l'unità: Violante ha parlato anche di sacrifici per rafforzare la sicurezza».

Resta il fatto che non ci si può far imporre la politica estera dalla paura, da Bin Laden...
«Ma non è così: noi é i socialisti spagnoli, abbiamo sempre avuto la stessa posizione. Chiediamo non da oggi una svolta politica e non solo sull'Iraq. Bisogna lavorare sul Medio Oriente, ha ragione Prodi. Va rimosso il fantasma dello scontro di civiltà. E partire dall'ammissione che la road map non funziona. L'idea che prima c'è la sicurezza e poi il negoziato è perdente. Lo ripeterò nel viaggio che sto per fare con una delegazione dell'Internazionale socialista. Rabin diceva: negoziare come se non ci fosse il terrorismo, combattere il terrorismo come se non ci fossero i negoziati».

Faccia una proposta concreta.
«Credo che il cosiddetto Quartetto, quelli che hanno proposto la road map, dovrebbe convocare subito le parti ad un tavolo negoziale. Mettendo anche sul tavolo incentivi forti per la pace: un'associazione speciale di Israele e dello Stato palestinese all'Unione Europea, presidio dei confini con una forza di interposizione protetta da adeguati organismi internazionali in grado di garantire la sicurezza».

Pensa sia possibile?
«O c'è una svolta o c'è da essere molto preoccupati. In linea di principio non sono contrario all'uso della forza, ma per combattere il terrorismo occorre l'intelligence che guidi. Non è una guerra tradizionale, non si possono occupare Stati. Non è problema di pacifismo o di antiamericanismo».

Però con il pacifismo bisogna fare i conti, lei ebbe i suoi problemi all'epoca del Kosovo.
«Le confermo, non sono in linea di principio contro fuso della forza pur rispettando il pacifismo integrale, con cui voglio confrontarmi».

Sono posizioni che entrano in Parlamento, il problema esiste...
«Quest'ultima vicenda parlamentare è stata assai enfatizzata più che per ragioni di merito per ostilità alla lista unitaria. E' chiaro che questa iniziativa da un lato preoccupa il centrodestra perché un'opposizione che abbia al centro una forza che va ben oltre il 30%...».

Lei crede andiate oltre il 30%?
«Io leggo i sondaggi. Comunque, dicevo che da una parte questo preoccupa il governo, dall'altra crea inquietudini anche a sinistra. C'è urna smania di differenziarsi che si riflette anche su questi temi. Ci sono bizantinismi in Parlamento e parole d'ordine nelle piazze. So bene che c'è una componente pacifista, ma il pacifismo integrale non può essere fonte della politica. Anche sul Kosovo ci fu il pacifismo ma la logica era diversa e il pacifismo ne dovette tener conto. Sono per riconoscere le ragioni etiche del pacifismo, ma penso che purtroppo la politica non possa rinunciare, in certi casi, anche all' uso della forza. Però tutto deve avere una logica».

Questa è la posizione del centrosinistra?
«La penso come Prodi e ritengo ci sia un'ispirazione comune della lista unitaria, che poi dovrà discutere con forze più moderate o radicali. Ma viene creandosi una grande area riformatrice. Penso si debba spostare l'attenzione, più che sulle diverse identità dei partiti che formano questa grande area, sui temi che la uniscono».

In vista di uno scioglimento dei partiti...
«Il verbo sciogliere fa paura, io non lo uso, diciamo mettere insieme».

da "Il Corriere della Sera"

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