ROMA -
Presidente D'Alema, Zapatero vi ha spiazzato un'altra volta. La lista unitaria non aveva fatto in tempo ad assestarsi sulla scadenza del 30 giugno, che il premier spagnolo annuncia il ritiro immediato delle truppe. Ora cosa fate? Chiedete anche voi il "tutti a casa"? "Non sottovaluto la novità rappresentata dall'annuncio del governo di Madrid. È opportuno tenerne conto, ma questo non significa che il centrosinistra in Italia ora debba copiare la posizione di Zapatero".
La Lista Prodi non chiede il ritiro immediato, ma il resto della sinistra sì. "Questo non mi scandalizza. Sono posizioni note. Per quanto ci riguarda il nostro obiettivo non è certo abbandonare l'Iraq al proprio destino. Il nostro obiettivo è cambiare strada e, abbandonando l'unilateralismo della politica americana, trovare una via d'uscita a questa drammatica crisi. Certo, se questo risulterà impossibile, l'Italia non potrà continuare a rimanere coinvolta in una guerra sbagliata e dalle conseguenze gravissime. Per questo noi diciamo, e non da oggi, che bisogna ridare immediatamente un ruolo centrale alle Nazioni Unite, e combattere il terrorismo con l'aiuto, e non "contro" i Paesi arabi moderati. Questa è la "svolta" che abbiamo chiesto. E non c'è dubbio che oggi, dopo la decisione di Zapatero, le ragioni di questa svolta diventano più forti e più urgenti. Il tempo stringe, anche per noi: è chiaro che, se in Iraq il quadro non cambia, in Parlamento il centrosinistra dovrà prendere in mano la bandiera del ritiro delle nostre truppe".
Anche prima della scadenza del 30 giugno? "Il 30 giugno è un'indicazione politica, non una scadenza burocratica. Nel momento in cui si capisce che sono venute meno tutte le condizioni della svolta, dal passaggio di poteri al governo iracheno alla nuova risoluzione Onu, quello per noi è già il 30 giugno".
Ma non le sfuggirà che la decisione di Zapatero, a questo punto, rischia di esser letta come una "resa" al ricatto dei terroristi. Non a caso adesso Al Sadr invita a cessare gli attacchi agli spagnoli. "Questa della "resa al terrorismo" è una lettura isterica che certa destra dà della decisione della Spagna, che oltre tutto l'11 marzo a Madrid ha già pagato un terribile tributo di sangue. La mossa di Zapatero è l'evoluzione coerente di una posizione di principio. I socialisti spagnoli, così come buona parte delle forze della sinistra progressista europea, hanno sostenuto fin dal primo momento l'illegittimità di questa guerra unilaterale. Se Zapatero fosse stato al governo un anno fa, così come se ci fossimo stati noi qui in Italia, oggi non ci sarebbero le truppe spagnole a Bagdad, e non ci sarebbero i carabinieri a Nassiryia. L'annuncio del ritiro delle truppe entro il 30 giugno, in assenza di un cambiamento radicale della situazione irachena e di un pieno coinvolgimento dell'Onu, è stato un mezzo di pressione, per convincere gli americani ad accettare la svolta".
Ormai non lo è più, a giudicare dai ragionamenti del premier spagnolo. "La mossa del premier spagnolo è al tempo stesso la causa e l'effetto della nuova situazione internazionale. Sancisce un dato di fatto: i margini per la svolta, che anche noi consideriamo auspicabile, si sono ulteriormente ristretti".
Un'altra risoluzione Onu, a questo punto, è ancora possibile? Non le pare che lo stesso Kofi Annan, con l'intervista al Pais di due giorni fa, abbia pronunciato troppi se e troppi ma? "Purtroppo si moltiplicano i segnali che rendono difficilissima la svolta. È la stessa Amministrazione Bush che sembra non volerla. Quando gli americani continuano a ripetere che la loro presenza in Iraq durerà ben oltre il passaggio dei poteri all'autorità irachena, quando annunciano addirittura l'invio di altre truppe, o quando discutono di come sostituire Bremher, non fanno altro che allontanare la possibilità di uno sbocco positivo della crisi. A tutto questo, aggiunga l'esito gravissimo del vertice tra Bush e Sharon: Israele accompagna il ritiro parziale dalla striscia di Gaza con l'annessione unilaterale di una parte della Cisgiordania. È un altro schiaffo alle Nazioni Unite, di cui si violano le risoluzioni. È una sconfessione dell'Unione Europee, che solo pochi giorni fa ha ribadito che una riapertura del negoziato mediorientale deve ripartire dai confini fissati nel 1967. Tutto questo non può che compromettere uno sbocco positivo della crisi irachena, e non può non alimentare l'offensiva terroristica di Bin Laden. In questo scenario capisco l'accelerazione di Zapatero. E capisco anche le perplessità di Kofi Annan: l'Onu è stata duramente colpita e umiliata dalle scelte di Bush. È naturale che oggi si muova con grande prudenza".
E allora perché continuate a invocare l'Onu come se fosse la Madonna dei miracoli? "Perché le Nazioni Unite restano l'unica soluzione possibile, per evitare il disastro. In Iraq ci vuole una vera discontinuità. Non serve una risoluzione del Consiglio di sicurezza che avalli ex post ciò che hanno fatto gli Stati Uniti, o che assegni alle Nazioni Unite un ruolo di supporto o di contorno. È necessario invece che l'Amministrazione Bush ponga fine all'occupazione, e che una nuova risoluzione del Consiglio di sicurezza attribuisca all'Onu la responsabilità delle operazioni politico-militari, e il compito di promuovere un governo provvisorio effettivamente rappresentativo di tutte le realtà locali".
A questo punto cosa chiede la Lista Prodi al governo italiano? "La prima cosa è che Berlusconi venga in Parlamento, a spiegare cosa vuole davvero il governo italiano. Finora non l'abbiamo capito: tra il premier, il ministro degli Esteri e quello della Difesa, hanno detto tutto e il contrario di tutto. E poi chiediamo al governo che si faccia promotore di una convocazione straordinaria del Consiglio Europeo, per discutere una posizione unitaria dell'Unione alla luce della svolta spagnola... ".
Berlusconi ha già risposto che non ce n'è bisogno, e che il ritiro spagnolo non lo preoccupa, perché adesso l'Italia diventerà "il miglior alleato degli Stati Uniti". "Le dichiarazioni del presidente del Consiglio sono molto gravi, e persino sconcertanti. Sembra contento del ritiro delle truppe spagnole, perché questo attribuirebbe all'Italia il ruolo di "alleato speciale" degli Usa. È un commento incredibile: il problema, per Berlusconi, è fare la gara a chi è più fedele a Bush. Non si pone affatto, come invece dovrebbe un vero leader europeo, la preoccupazione di ricostituire una solidarietà internazionale non subalterna alla Casa Bianca. Per questo considera inutile un vertice straordinario del Consiglio Ue: è coerente fino in fondo, in questa linea di dissennato anti-europeismo che rifiuta qualunque sforzo di ritessere una rete di alleanze dentro l'Unione. Tutto questo accentua l'isolamento internazionale del nostro Paese, già esposto ai pericoli del terrorismo e al ricatto dei terroristi che hanno rapito quattro ostaggi e ne hanno già assassinato uno".
Il Capo dello Stato continua a invocare "l'unità nazionale". Ha un senso, secondo lei? "Se unità nazionale vuol dire un sentimento di solidarietà, che nel dolore e nell'angoscia per la guerra irachena e per il destino degli ostaggi accomuna tutti gli italiani, allora noi vi contribuiamo, con tutte le nostre forze e la nostra convinzione. Se invece si parla di unità nazionale come se ne parlava in passato, cioè come il "governo di tutti", allora siamo fuori tema. La nostra solidarietà non può essere scambiata per convergenza politica. In questo momento, tutto quello che accade conferma che le scelte fatte finora dal governo sono state drammaticamente sbagliate".
Voi al governo, oggi, avreste fatto meglio? "Ognuno si deve assumere le proprie responsabilità. Noi l'abbiamo fatto. Io personalmente sono andato dalla famiglia di Cupertino, a rendere la mia solidarietà, e non ho sfilato per Sammichele di Bari a chiedere il ritiro delle truppe come contropartita per la liberazione degli ostaggi. Non vorrei che il richiamo all'unità nazionale fosse strumentalizzato furbescamente da chi governa".
In che senso? "Siccome adesso la maggioranza è in difficoltà, la sinistra non deve polemizzare. Ma se le cose fossero andate come voleva Berlusconi, ci avrebbero fatto a pezzettini. Sempre in nome dell'unità nazionale, beninteso. A questa strumentalizzazione non ci stiamo. E in ogni caso, se i presupposti sui quali si dovrebbe basare la solidarietà nazionale sono le ultime dichiarazioni del presidente del Consiglio, direi che non ci siamo proprio. Il premier lancia segnali devastanti, e conferma la totale inadeguatezza di questo governo a fronteggiare una crisi così drammatica".
Insisto: il centrosinistra al governo avrebbe fatto meglio? Siete divisi sul ritiro delle truppe, e un bel pezzo di sinistra radicale, di fronte all'assassinio di Quattrocchi, non ha esitato a dire "non versiamo una lacrima per un mercenario". "Per mia formazione culturale considero la vita umana un valore supremo, assoluto e irrinunciabile. Personalmente vivo con angoscia le tragedie di queste ore, da quella di Quattrocchi a quella delle vittime civili trucidate dagli americani a Falluja. L'assassinio di un nostro connazionale è un fatto atroce. Quattrocchi, gli altri ostaggi e tanti altri come loro, non sono mercenari. Sono prima di tutto persone. Erano in Iraq per lavoro, non perché amavano le armi e la guerra. Noi dobbiamo avere rispetto per queste persone: ce lo impone la nostra civiltà europea".
di Massimo Giannini